L’incipit è inequivocabile: «Il Vaticano, nei confronti della Repubblica Italiana, non sta certo con le mani in mano. Le usa entrambe: una mano aperta a palma larga per chiedere quattrini, l’altra mano svolazzante per suonar ceffoni in faccia alla politica».
Un libro scritto da un irriducibile anticlericale? No. Chiesa padrona è un libro scritto da un insigne giurista. Un giurista che ritiene che il condizionamento politico, sociale e culturale imposto dai vescovi italiani sia basato su «un falso giuridico»: un’interpretazione di comodo dell’articolo 7 della Costituzione. Di falso si tratta, scrive Ainis, perché non ha alcun fondamento: «non è vero che il Concordato sia protetto dalla Costituzione».
Che la Costituzione italiana non sia un capolavoro armonioso è un dato di fatto: l’articolo 7 smentisce il 3, ma subito dopo l’8 smentisce il 7. Altrettanto indubitabilmente, come ribadisce lo stesso Ainis, nel concordato vi sono anche «aspetti incostituzionali»: non può essere diversamente, visto che conferisce a una specifica confessione religiosa un ruolo privilegiato. Il testo si interroga dunque su una questione che arrovella anche l’UAAR, che sulla materia ha organizzato due mesi fa un convegno giuridico: come affermare concretamente il supremo principio costituzionale della laicità dello Stato. Principio che, nonostante le ‘sane’ considerazioni di Benedetto XVI, non può mai prevedere un trattamento di favore per una comunità di fede.
Il tema è controverso, anche e soprattutto in ambito accademico. Ainis giustifica la sua tesi che l’articolo 7 sia una «noma eccezionale» partendo da cinque antitesi e formulando cinque argomentazioni, la più persuasiva delle quali mi sembra quella secondo cui l’articolo 7 non è necessario: se cadesse l’articolo 7, infatti, la Chiesa cattolica sarebbe comunque protetta dall’articolo 8. Proseguendo lungo questa impostazione, l’autore giunge alla conclusione che, in realtà, l’articolo 7 (una norma «provvisoria», a differenza dell’articolo 8) è già caduto: gli accordi del 1984 non costituirebbero soltanto modifiche ai Patti del 1929, ma un vero e proprio nuovo concordato, perché «il richiamo testuale ai Patti Lateranensi del 1929 non può coprire nuovi Patti su nuove materie».
L’articolo 7 istituirebbe, infine, anche una «reciproca incompetenza» tra Stato e Chiesa. Nessuno dei due soggetti può pertanto ingerirsi negli affari dell’altro: ragion per cui costituisce una «cessione di sovranità nei confronti della Chiesa» ogni atteggiamento remissivo da parte della classe dirigente italiana nei confronti dell’invadenza delle gerarchie ecclesiastiche.
Chiesa padrona, pur essendo un testo giuridico, si rivela un libro accessibile. La prospettiva dell’autore, nel suggerire nuovi percorsi per costruire una società realmente laica, ci ricorda nel contempo quanto impellente sia la necessità di farlo. Alla luce dei recentissimi avvenimenti legati alla vicenda di Eluana Englaro si è fatta, se possibile, ancora più urgente.
Raffaele Carcano,
febbraio 2009