di Gianna Tirondola e Mario Patuzzo
Matteo, quinta elementare, non voleva seguire le due ore di religione né le materie alternative. La Cassazione ha detto che ha ragione e che ha diritto a un risarcimento per le lezioni negate.
Se nove anni vi sembrano pochi? Ci sono voluti nove anni perché i diritti di un bambino a non essere discriminato nella scuola venissero riconosciuti. Nel corso di questi anni la situazione si è modificata, anche sul piano normativo, perché il Comitato Scuola e Costituzione con i suoi vari ricorsi ai TAR è riuscito ad ottenere anche una pronuncia della Corte Costituzionale: oggi perciò per tutti l’IRC è facoltativa, ma resta il fatto che «l’ora» è inserita nell’orario curriculare, e ciò condiziona fortemente le scelte, soprattutto nel caso di bambini della scuola materna ed elementare.
Ora Scuola e Costituzione sta cercando di mettere in piedi un coordinamento di tutti i Comitati per dare più forza alle giuste proteste e stimolare di più la gente non più disposta a subire l’integralismo montante della Chiesa Cattolica.
Questa sentenza è la prima in Italia e altre ne seguiranno perché non si può imporre ad un alunno che ha scelto di non frequentare il corso di religione di seguire le lezioni alternative, perché verrebbe a precostituirsi una «situazione discriminante» e, perciò, lesiva del diritto di libertà.
La Corte Costituzionale (sent. 11 aprile 1989 n° 203; sent. 11 gennaio 1991 n° 13), ha dichiarato l’infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art.9 n° 2 della L. 25 marzo 1985 n° 121 e del punto 5 lett. B) del relativo protocollo addizionale in relazione agli articoli 2, 3 e 19 e 97 della Costituzione, sul presupposto che la legge prevede il carattere meramente facoltativo dell’insegnamento della religione cattolica. Su tale base, di fronte ad una facoltà, residua, per chi non intenda avvalersi del servizio indicato, una pura e semplice situazione di non obbligo…
Dalla sentenza della Corte Suprema di Cassazione Sezioni Unite Civili, p. 9-10: «…tutto il sistema dedotto in controversia dai ricorrenti, assume una particolare configurazione se posto in relazione all’applicazione, per coloro che abbiano rifiutato l’insegnamento della religione cattolica, e solo per loro, di corsi alternativi sostanzialmente obbligatorî». «una situazione di tale fatta, inoltre, derivante da provvedimenti dell’autorità amministrativa si pone, rispetto al diritto di libertà relativo, come una situazione discriminante e, come tale, lesiva, rendendo la libera scelta gravata di un onere di prestazione alternativa al di fuori di qualsiasi previsione normativa». «chi abbia fatto la scelta positiva in ordine al tipo di insegnamento facoltativo, vede soddisfatta la sua esigenza e la sua libertà con l’apprestamento dei corsi relativi, mentre chi abbia fatto una scelta diversa vedrebbe onerata la sua libera scelta di una prestazione alternativa che finisce per assumere il carattere discriminante e come tale lesivo di un diritto assoluto rispetto al quale nessun potere della p.a. sussiste. Conseguentemente è l’attinenza della domanda risarcitoria, nei limiti del profilo indicato».
«La causa deve essere rimessa al Tribunale di Venezia, il quale a sua volta si era dichiarato carente di giurisdizione, per la pronuncia sul merito e perché provveda anche sulle spese dell’intero giudizio».