DRAMMA INTORNO AI CONCUBINI DI PRATO
Scritto e interpretato da Maila Ermini
e con Gianfelice D’Accolti
Era il 1956. Mauro Bellandi e Loriana Nunziati furono definiti ‘pubblici concubini e peccatori’ dal vescovo di Prato Pietro Fiordelli per essersi sposati col solo rito civile. Gli sposi lo denunciarono per diffamazione. Il vescovo fu condannato in primo grado e poi assolto in appello. Il processo vide l’Italia spaccata in due: chi difendeva il vescovo, sostenendo che egli aveva compiuto il suo dovere religioso, chi invece lo voleva punito, perché nella censura del prelato vedeva una crociata della Chiesa contro i matrimoni civili, tutelati dalla Costituzione. Per questa denuncia Mauro Bellandi si trovò isolato da tutti e non ricevette più prestiti dalle banche; commerciante, fu costretto a chiudere la sua attività; per la tensione a cui lo sottopose lo scandalo - il fatto ebbe risonanza non solo nazionale - si ammalò gravemente. Come la moglie Loriana, visse tristi vicende e in qualche modo fu costretto all’esilio. Una storia che crediamo attuale.
(Miriam Monteleone, Il Tirreno) “Novanta minuti di puro teatro per raccontare la vicenda de “I Concubini di Prato” attraverso una tragedia, ma senza scadere nel patetico o nel fazioso. Il Teatro La Baracca ancora una volta tiene testa alla storia e porta sul palcoscenico un frammento scomodo del passato, traducendolo in un dramma profondo, dove trovano largo spazio la psicologia dei personaggi, il credo della fede cristiana e l’ideologia dell’allora partito comunista. La messinscena è affidata interamente all’interpretazione di Maila Ermini, anche autrice del testo, e di Gianfelice D’Accolti. Una grande prova di abilità quelle dei due attori, che oltre agli sposi Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, interpretano altri nove personaggi e le voci del coro. A fare da traccia alla lettura-spettacolo – in scena ci sono solo due leggii – sono i fatti storici cronologicamente riportati, attraverso l’intervento di una voce narrante. … Il tessuto storico si nutre di artifici drammaturgici, di dialoghi immaginari tra i personaggi e di un intenso vis à vis tra Stato e Chiesa che filtra dalle confessioni dei personaggi. L’ultima parte del dramma, frutto dell’immaginazione poetica dell’autrice, affida a Mauro Bellandi, ormai vecchio, da anni esule in Slovacchia, l’epilogo della vicenda. Le vecchie ideologie sono tramontate, ma la storia sembra destinata a ripetersi. Al termini delle quattro repliche gli spunti di riflessione sollevati dallo spettacolo hanno dato vita a un dibattito con il pubblico…”