Scristianizzazione

«La crisi che in questa fine di millennio sta attraversando il cristianesimo nel mondo occidentale - e di riflesso in tutto il pianeta - ha un doppio aspetto. Da una parte, per molti uomini del nostro tempo, il cristianesimo sembra aver perduto ogni senso e quindi ogni interesse: molti lo ignorano del tutto e non si curano di conoscerlo o di farsene almeno un’idea; altri lo ritengono una cosa del passato, di cui non vale la pena occuparsi; altri si sentono assolutamente estranei a esso, in quanto realtà religiosa che pretende di incidere sulla vita umana, in particolare sulla vita morale, e perciò non soltanto rifiutano tale pretesa, ma la combattono aspramente. Tutte queste persone sono «fuori» dal cristianesimo: questo è «assente» dalla loro vita senza che tale assenza sia avvertita o faccia problema.

D’altra parte, c’è una crisi che è «interna» al cristianesimo, in quanto fatto propriamente religioso, che per i cattolici ha la sua espressione visibile nella Chiesa: taluni - un tempo cristiani - confessano di non credere più e di aver abbandonato da molto tempo ogni pratica religiosa (in particolare, di non partecipare quasi mai alla Messa domenicale); altri cristiani non sanno se credono o no: ad ogni modo hanno gravi dubbi sulle verità fondamentali del cristianesimo o si dichiarano agnostici nei riguardi di esse; altri accettano alcuni punti della fede e della morale cristiana, ma ne rigettano altri: così, senza tener conto di quanto insegna la Chiesa, fanno una «scelta» nelle verità da credere e nelle norme morali da osservare, secondo i propri gusti e le proprie esigenze individualistiche; altri sono fortemente critici circa alcune decisioni attuali della Chiesa (rifiuto di ammettere all’E ucaristia i divorziati che hanno contratto un nuovo matrimonio; mantenimento del celibato sacerdotale; contrarietà al sacerdozio femminile); altri ancora si sentono attratti da forme nuove di religiosità, che essi ritengono più vive, più capaci del cristianesimo di far nascere in essi forti emozioni religiose e di dare loro quel calore umano e quel senso di fraternità di cui talvolta mancano le assemblee eucaristiche domenicali, individualistiche, fredde e distaccate; altri infine si convertono all’islam, perché lo ritengono una religione più semplice, oppure diventano «praticanti» buddisti o indù sotto la guida di lama tibetani e di guru indiani».

(articolo apparso su La Civiltà Cattolica, 18 ottobre 1997)

«L’invecchiamento del clero, degli appartenenti agli istituti di vita consacrata, delle laiche e dei laici impegnati attivamente nella vita delle parrocchie offre un’immagine piuttosto vecchia e poco dinamica della Chiesa e ostacola il flusso vocazionale… le celebrazioni liturgiche sono frequentate quasi esclusivamente da anziani, specialmente donne, e da bambini… ne segue l’immagine di una Chiesa vecchia, femminile e infantile… grande è il rischio di una progressiva scristianizzazione e paganizzazione del Continente: in alcuni paesi è ormai alto il numero dei non battezzati; spesso gli stessi elementi fondamentali del cristianesimo non sono più conosciuti; ci sono delle situazioni nelle quali si assiste ad un autentico crollo della catechesi e della formazione cristiana… il grande calo numerico delle vocazioni sacerdotali e religiose, a cui si assiste in alcuni paesi, porta con sé il rischio dell’affievolirsi o del venir meno di una visione adeguata di Chiesa… in questo clima culturale crescono e si diffondono fenomeni di ateismo, agnosticismo e indifferenza religiosa… l’a teismo pratico e il materialismo sono molto diffusi in tutta l’E uropa… nei paesi occidentali si registra una crescente indifferenza e sembra dominare una sorta di materialismo pragmatista… nei paesi dell’Est si rende necessaria una sorta di prima evangelizzazione perché molti, pur vivendo in territori attraversati dall’annuncio e dalla testimonianza anche eroica del Vangelo, vivono non conoscendo di fatto il Signore Gesù… non ci è difficile notare che, nella nostra Europa, i processi di secolarizzazione, o più propriamente di scristianizzazione, non sono certo terminati…»

(Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa sorgente di speranza per l’Europa,
Instrumentum laboris del Sinodo dei Vescovi, Seconda Assemblea Speciale per l’Europa, Paoline Editoriale Libri, 1999)

«Sembra che il consenso fondamentale sui valori cristiani come base della società stia sbriciolandosi… posso ben comprendere la vostra sofferenza per le numerose defezioni di fedeli e per il conseguente minore influsso della Chiesa nella vita della società civile».

(Giovanni Paolo II ai vescovi tedeschi, L’Osservatore Romano, 15-16 novembre 1999)

«Nell’anno del Giubileo la Chiesa italiana scopre che Gesù Cristo è sempre meno rilevante… le parole del vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli, presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede e la catechesi, pur non indulgendo a sterili piagnistei, non sono state affatto leggere o leggiadre: » Non possiamo più pensare che Cristo sia da tutti conosciuto e che l’incontro vitale con lui per mezzo e nella comunità dei credenti appartenga alla normale esperienza del popolo italiano». Le denunce contenute nel rapporto di Antonelli e nella relazione di Chiarinelli mettono in fila una lunga teoria di problemi: » debolezza di mediazione e di stimolo a livello diocesano, timore di essere giudicati, sfiducia nei progetti pastorali, scarsa vitalità dei Consigli pastorali»; «non si va oltre la tradizionale pastorale di culto e di pratiche devozionali»; il dialogo ecumenico, interreligioso e inter-culturale è avvertito » come qualcosa di secondario e marginale». Ed è difficile sfuggire alla sensazione che la Chiesa italiana sia ancora troppo identificata con un modello verticistico incentrato sui vescovi e parte del clero, mentre il ruolo dei laici, esaltato a parole, viene mortificato nei fatti».

(articolo apparso su Jesus, agosto 2000)

«Sulla situazione della Chiesa d’oggi, a seconda del punto di vista dal quale la si guarda, si possono dire - e di fatto si dicono - le cose più contraddittorie… Si pensi solo al prestigio pubblico e internazionale di cui oggi la Chiesa gode, come forse mai in altri momenti della sua storia, mentre la sua capacità di comunicare e diffondere la fede in Gesù sembra diminuire di giorno in giorno, sia nei Paesi di tradizione non cristiana, dove l’aumento del numero dei cristiani è inferiore alla loro crescita demografica, sia nei Paesi di tradizione cristiana, dove il calo dei praticanti è sotto gli occhi di tutti… Riconosco che, in linea generale, non viviamo un momento brillante per la fede cristiana nel mondo… Non ci si può accontentare di far novene, processioni, battesimi e funerali… Si è meno attivi nel campo politico, della cultura e, stranamente, della evangelizzazione».

(«Colloqui col padre», da Famiglia Cristiana dell’1 ottobre 2000)

«La maggior parte dei sacerdoti polacchi conduce uno stile di vita confortevole, tipico della società dei consumi… tra i 26 mila preti del paese, molti hanno un tenore di vita nettamente superiore a quello del livello medio della popolazione… il 74% di loro viaggia all’estero due volte all’anno».

(dal mensile dei gesuiti polacchi Przeglad Powszechny, riportato su Adista del 25 novembre 2000)

«Tutti cattolici. Ciascuno a modo suo. La generazione in stand-by sembra non voglia avventurarsi in trasmigrazioni neanche qui, nel terreno delicato della fede. L’80,7% dei giovani italiani si dichiara cattolico, il 15,6 non credente in alcuna religione o filosofia trascendente, appena lo 0,7 aderente alle filosofie della new age, il resto briciole. Poi però soltanto il 45,6 dice di credere in un Dio da sempre presente nelle vicende umane, l’8,7 ha molta fiducia nei sacerdoti, il 27,2 dice di partecipare alla messa almeno due o tre volte al mese. Probabilmente all’interno di quest’ultimo gruppo vanno scovati l’8 ,9 che frequenta i gruppi parrocchiali, il 6,3 delle associazioni e dei movimenti, l’1,5 scout, il 7,5 impegnato nel volontariato. Tanti e pochi, gli impalpabili e gli irriducibili. Quegli otto su dieci appartengono a quello che Garelli definirebbe forse » scenario», dove domina sovrana la confusione: il 20% crede nella reincarnazione e il 65 che anche animali e piante possiedano un’anima. Per questi «cattolici» sono ammissibili l’aborto (32,5) e l’eutanasia (35,4), non pagare le tasse (18), divorziare (63,4), avere rapporti prematrimoniali (77,2) ed esperienze omosessuali (38,4). Per sapere che cosa pensi in merito il 27% dei praticanti e il 9 degli impegnati dovremo aspettare il Rapporto completo. Nel frattempo, una conferma: se la cattolicità di scenario è larga maggioranza, quella testimoniata è larga minoranza».

(articolo apparso su Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, il 2 dicembre 2000)

«…niente di meno, infatti, monsignor Maggiolini pronostica: il tramonto inglorioso della cristianità europea e nord-americana, uccisa non dalle persecuzioni quanto «per estenuazione, per insignificanza, per noia»; un’agonia non tanto della Chiesa universale (su cui le forze avverse non prevalebunt), bensì di quella del Vecchio continente; infine e fors’anche un’eresia o un’apostasia inconsapevole dei cattolici nel Nord del mondo, ormai divenuti «praticanti non credenti». E mentre il Vangelo si chiedeva se il Figlio dell’uomo avrebbe trovato la fede al suo ritorno, il vescovo più modestamente domanda a ecclesiastici trionfalisti e laici benpensanti: «Chi ci assicura che la cristianità italiana ha un destino eterno, e non scomparirà, invece?». La cristianità: cioè la cultura cattolica con cui generazioni di credenti hanno plasmato la civiltà occidentale. Maggiolini costella la sua diagnosi d’indizi infausti. La pastorale ha insistito tanto «sulla domenica come Pasqua settimanale, e addio» alle messe feriali; ha puntato sui salmi come «autentiche orazioni quotidiane» e così ora «non si recitano più nemmeno le preghiere della nonna»; ha enfatizzato il ritorno al culto dei primi secoli, e abbiamo trascurato i tesori liturgici successivi; ha divulgato l’apertura al mondo sottovalutando il «lato negativo» del medesimo; ha tacitato «la venatura drammatica della redenzione», presentando solo la gloria e non la passione… Ancora: la «preparazione dottrinale» dei catechisti laici lascia spesso a desiderare; ci si crogiola nel «culto del dubbio» e si sottovaluta l’urgenza di chiarire le verità di fede; la gerarchia «esita assai a esercitare l’a utorità, quando non vi rinuncia»; le richieste di rinnovamento della Chiesa s’appuntano «quasi soltanto sulle strutture». Non bastasse, poi, ecco tre sicuri sintomi del cattivo stato di salute del cristianesimo italiano. Uno: oggi «si registrano pochissime conversioni», diversamente dal passato. Due: «il calo di vocazioni missionarie», che presuppone «l’offuscamento delle ragioni per cui si è cattolici». Tre: «l’abbandono del sacramento della penitenza, un segno chiarissimo che qualcosa non funziona». E dunque c’è da chiedersi: saremo «noi, gli ultimi cristiani?»».

(articolo apparso su Avvenire, quotidiano della CEI, il 7 giugno 2001)

«…non si possono tacere i rischi e i problemi che riscontriamo oggi nel nostro paese riguardo al compito della trasmissione della fede. In primo luogo, dobbiamo prendere atto che le persone che si dicono «senza religione» sono in aumento; vi sono poi persone disposte a riconoscere un certo riferimento a Cristo, ma non alla Chiesa; non mancano neppure le conversioni dal cristianesimo ad altre religioni. Ciò che tuttavia è più preoccupante è il crescente analfabetismo religioso delle giovani generazioni… È poi indubbio che, nella mentalità comune e di conseguenza nella legislazione, si diffondono su diversi argomenti prese di posizione lontane dal Vangelo e in netto contrasto con la tradizione cristiana. Questo sia riguardo alla maniera di intendere questioni assai delicate come i problemi del rapporto tra lo Stato e le formazioni sociali (in primo luogo la famiglia), dell’economia e delle migrazioni dei popoli, sia in merito alla visione della sessualità, della procreazione, della vita, della morte e della facoltà di intervento dell’uomo sull’u omo… Nonostante la diminuzione dei praticanti avvenuta negli ultimi decenni… la stessa ricerca della piena comunione induce a una sempre più convinta attenzione nella pastorale della Chiesa verso i cosiddetti «non praticanti», ossia verso quel gran numero di battezzati che, pur non avendo rinnegato formalmente il loro battesimo, spesso non ne vivono la forza di trasformazione e di speranza e stanno ai margini della comunità ecclesiale».

(Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia,
documento ufficiale della CEI diffuso il 2 luglio 2001

«Nonostante quarant’anni di catechesi tra adolescenti e giovani «i risultati sono stati piuttosto scarsi» e il bilancio presenta «minori e più precarî risultati concreti», nonostante «un grande sforzo di rinnovamento». «È continuato a diminuire il numero dei ragazzi, e poi degli adolescenti e dei giovani, che riescono a stabilire con la fede e con la Chiesa un rapporto duraturo e profondo». La Chiesa italiana si è trovata di fronte a «spinte e tendenze verso la secolarizzazione e anche la scristianizzazione che operano a tutto campo». In Italia «siamo in presenza di un agnosticismo diffuso, che fa leva sulla riduzione dell’intelligenza umana a semplice ragione calcolatrice e funzionale». «Soprattutto in rapporto agli adolescenti, la tradizione cristiana, anche riguardo al suo centro che è Gesù Cristo, nella più ampia società sembra svanire e dissolversi, rimanendo rilevante e vitale soltanto all’interno dei contesti ecclesiali»».

(Il cardinale Camillo Ruini alla 51.ma assemblea generale CEI, 20 maggio 2003)