DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori RUSSO SPENA, GAGLIARDI, SODANO, ALBONETTI, ALLOCCA, ALFONZI, BONADONNA, CAPELLI, CAPRILI, CONFALONIERI, DEL ROIO, DI LELLO FINUOLI, EMPRIN GILARDINI, GIANNINI, GAGGIO GIULIANI, GRASSI, LIOTTA, MARTONE, BRISCA MENAPACE, NARDINI, PALERMO, TECCE, TURIGLIATTO, VALPIANA, VANO, ZUCCHERINI e BOCCIA Maria Luisa
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 DICEMBRE 2006
Norme in materia di unione registrata, di unione civile, di convivenza di fatto, di adozione e di uguaglianza giuridica tra i coniugi
Il presente disegno di legge ha lo scopo di definire una organica riforma della disciplina del diritto di famiglia che tenga conto della nuova struttura della società, ma soprattutto che conferisca a tutti i cittadini parità di diritti e di opportunità rispetto alla regolamentazione giuridica delle diverse forme di unioni affettive e di convivenza.
L’ordinamento italiano, che riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, non soltanto omette, in materia di diritto di famiglia, di riconoscere diritti fondamentali e di offrire soluzioni giuridiche a situazioni ed esigenze, pur meritevoli di tutela, che riguardano un numero sempre maggiore di cittadini; ma si pone altresì in evidente contrasto con quella che è la tendenza dei Paesi europei, e più in generale dei Paesi occidentali. La stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’articolo 9, espressamente riconosce il diritto al matrimonio e il diritto a formare una famiglia come diritti distinti. Il nostro ordinamento si pone in palese contrasto con tale principio, non riconoscendo alcun diritto in capo alla famiglia non fondata sul matrimonio, fatti salvi alcuni specifici interventi di natura giurisprudenziale.
Il presente disegno di legge mira ambiziosamente ad offrire una gamma di soluzioni giuridiche allo scopo di conformare il nostro ordinamento a princìpi essenziali su cui si deve basare, in una società moderna, la disciplina relativa al riconoscimento giuridico delle forme di convivenza e dei rapporti affettivi.
In primo luogo, il presente disegno di legge disciplina, al capo I, le unioni tra persone dello stesso sesso, introducendo al libro I del codice civile l’istituto dell’unione registrata. Già nel 1994 il Parlamento europeo, nella risoluzione A3-0028/94 dell’8 febbraio 1994 sulla parità di diritti per gli omosessuali, aveva posto l’attenzione sulla necessità che le persone omosessuali dovessero avere accesso al matrimonio o ad un istituto equivalente. Qualsiasi diversa forma di riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso, effettivamente, contravverrebbe al principio di uguaglianza in senso sostanziale, giacché costituirebbe una forma di protezione debole o parziale. D’altra parte, la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale non è soltanto quella che attiene ai diritti dell’individuo in quanto tale, con riferimento alla sua identità e alla libertà di espressione, ma è soprattutto quella che attiene alle relazioni affettive, ove si svolge la personalità dell’individuo. Come è noto, i Paesi Bassi hanno esteso l’istituto del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso, e lo stesso è avvenuto in Belgio e in Canada, dove i giudici della Superior Court dell’Ontario hanno ravvisato il carattere discriminatorio dell’esclusione delle coppie formate da persone dello stesso sesso dall’istituto matrimoniale; al contrario, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda e Germania (e la regione spagnola della Catalogna), ma anche lo Stato americano del Vermont e quello canadese del Quebec, hanno scelto la soluzione dell’introduzione di un istituto equivalente, cui hanno accesso soltanto le coppie formate da persone dello stesso sesso, che estende a tali coppie, in modo parziale o totale, i diritti ed i doveri che derivano dal matrimonio. L’istituto dell’unione registrata si pone in questa seconda ottica, equiparando i contraenti dell’unione registrata ai coniugi ed estendendo ad essi tutti i diritti e gli obblighi che derivano dal matrimonio, fatte salve le eccezioni espressamente previste dall’articolo 3, nonché prevedendo stessi requisiti e modalità in relazione alla costituzione, alla celebrazione e allo scioglimento. È da porre in evidenza che qualsiasi soluzione di minore portata contravverrebbe alla necessità di riconoscere piena e sostanziale parità tra le coppie formate da persone dello stesso sesso e le coppie formate da persone di sesso diverso, in contrasto con il principio di uguaglianza sancito in primis dall’articolo 3 della Costituzione.
Il secondo istituto che il presente disegno di legge delinea al capo II è rappresentato dall’unione civile, accessibile a tutte le coppie formate da persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso. La scelta di offrire una regolamentazione giuridica a forme di famiglia diverse da quelle fondate sul matrimonio fa riferimento a un altro principio ispiratore del presente disegno di legge, ovvero il principio della pluralità dei rapporti affettivi. L’importanza dell’istituto che si propone, introdotto al libro I del codice civile, sta nel fatto di riconoscere diritti e doveri in capo alle coppie che non vogliono o non possono sposarsi, prevedendo un legame di natura diversa, e sicuramente più «leggero» rispetto al legame matrimoniale. Il principio della pluralità delle forme dei rapporti affettivi, attuato mediante l’introduzione di istituti tra loro diversi che riconoscono con maggiore o minore forza le coppie formate da persone dello stesso sesso o di sesso diverso, è ormai ampiamente diffuso nei Paesi europei: basti pensare al patto civile di solidarietà in Francia, all’unione di fatto in Portogallo e, ancora, alla regolamentazione giuridica della convivenza di fatto o dell’unione civile adottata nei Paesi scandinavi, nei Paesi Bassi, in Ungheria, in numerose regioni della Spagna.
Il presente disegno di legge mira quindi a introdurre al libro IV del codice civile, mediante le disposizioni previste al capo VI, una disciplina della convivenza di fatto che valorizzi e tuteli gli individui allorché scelgano di convivere a qualsiasi titolo. La convivenza di fatto disciplinata dal presente disegno di legge si rivolge a due o più persone maggiorenni, indipendentemente dal sesso, che convivono stabilmente, e ha come obiettivo quello di disciplinare per lo più gli aspetti di natura patrimoniale, anche mediante accordi tra le parti conviventi, e di riconoscere in capo ai conviventi taluni diritti già riconosciuti alla famiglia. La disciplina della convivenza di fatto può sicuramente costituire una soluzione «molto leggera» per le coppie di fatto che non intendono in alcun modo legarsi con altri vincoli, ma si rivolge altresì a soggetti che convivono per altre ragioni: in altri termini, attraverso tale disciplina, si intende non già e non solo offrire una diversa forma di riconoscimento ai legami di tipo affettivo, ma prevedere agevolazioni di diverso tipo in capo ai conviventi, nonché dare rilievo a vincoli materiali o solidaristici di natura diversa. La disciplina in esame si rivolge pertanto a una vasta gamma di conviventi a diverso titolo, dagli studenti che condividono un appartamento, a un anziano o ad una coppia di anziani che scelgono di condividere la propria abitazione per ragioni economiche o di necessità di diversa natura, ad una convivenza tra persone legate da vincoli di parentela o di semplice amicizia, o tra un genitore e il proprio figlio che non è a suo carico. La disciplina della convivenza di fatto ha pertanto svariati propositi e obiettivi: incentivare l’indipendenza dei giovani dalle famiglie d’origine, promuovere vincoli di solidarietà nei confronti degli anziani, riconoscere una soglia minima di diritti a convivenze stabili a qualsiasi titolo. Anche la convivenza di fatto è oggetto di attenzione da parte di numerosi ordinamenti europei che la disciplinano in modi differenti: è opportuno citare la coabitazione legale istituita in Belgio (che tuttavia si rivolge alle convivenze more uxorio), la convivenza di persone in «economia comune» introdotta in Portogallo, la disciplina del concubinato in Francia, la disciplina della convivenza di fatto in taluni Paesi scandinavi, tra cui la Svezia, nei Paesi Bassi, in alcune regioni della Spagna.
L’introduzione di nuovi istituti volti al riconoscimento giuridico di unioni affettive e di forme di convivenza diverse da quella fondata sul matrimonio non intende ignorare, né porsi in contrasto con il principio sancito dall’articolo 29 della Costituzione: l’istituto del matrimonio non viene in alcun modo intaccato o indebolito, ma, anzi, è espressamente sancita l’inapplicabilità delle norme che trovino fondamento nel principio del favor matrimonii, e la posizione giuridica dei coniugi non viene alterata neppure in relazione alla posizione giuridica delle parti dell’unione civile. Al contrario, la presente proposta di legge risponde all’esigenza di garantire, mediante il riconoscimento della pluralità delle unioni affettive e delle forme di convivenza, il principio personalista e il principio del pluralismo sociale sanciti dall’articolo 2 della Costituzione, laddove è stabilito che la Repubblica garantisce i diritti dell’individuo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e di dare attuazione sostanziale al principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, sia per il fatto di affermare la pari dignità e l’uguaglianza dei cittadini senza distinzione di condizioni personali o sociali, sia nei termini in cui riconosce un obbligo in capo allo Stato di rimuovere gli ostacoli sociali ed economici che impediscono il pieno sviluppo della personalità dell’individuo.
Occorre poi sottolineare che il presente disegno di legge va oltre la previsione di nuovi istituti per disciplinare le unioni tra persone dello stesso sesso e le unioni civili, o la definizione di una nuova disciplina della convivenza: piuttosto, le nuove istanze sociali e giuridiche che stanno alla base delle previsioni normative delineate – ed a tale proposito occorre citare le lotte per la parità di trattamento delle persone omosessuali e quelle per il riconoscimento delle coppie di fatto – costituiscono lo spunto per una riflessione più ampia e complessiva sul diritto di famiglia e, in particolare, sull’esigenza di introdurre riforme atte a rafforzare l’uguaglianza giuridica tra i coniugi e ad estendere alle persone singole l’accesso all’istituto dell’adozione.
A questo proposito, i capi III e IV del presente disegno di legge si pongono in tale ottica, mirando ad attuare talune modificazioni di grande significato; in primo luogo, si propone l’abrogazione delle disposizioni che impongono il divieto temporaneo alla donna divorziata di contrarre il matrimonio, norma che ha la sua ratio nella protezione del principio della presunzione di paternità in relazione all’ex-marito, e che per questo appare palesemente in contrasto con il principio della parità di trattamento tra uomo e donna, oltre ad essere irragionevole e anacronistica: la protezione di un interesse dell’ex-marito in seguito allo scioglimento del matrimonio, che interviene in seguito a tre anni di separazione legale, appare del tutto insensata e non meritevole di tutela; nel caso in cui esista un dubbio fondato in relazione al rapporto parentale, l’accertamento della paternità può essere effettuato mediante l’esame del DNA.
In secondo luogo, il presente disegno di legge modifica la disciplina dell’uso dei cognomi per quanto riguarda coniugi e figli, allo scopo di garantire effettive condizioni di parità tra i coniugi, come peraltro sancito dalla Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e resa esecutiva dall’Italia con la legge 14 marzo 1985, n. 132.
Infine il disegno di legge contempla l’abrogazione delle disposizioni sull’addebito della responsabilità della separazione, non tenendo conto delle complesse dinamiche che stanno alla base del rapporto tra i coniugi e al suo venire meno favorisce spesso l’insorgere di elementi di ricatto tra i coniugi separati, e rischia di costituire tutt’al più un fattore punitivo nei confronti di una parte. Il criterio in base al quale stabilire un diritto al mantenimento sarebbe invece costituito, ai sensi del presente disegno di legge, dalla reale necessità del coniuge, garantendo perciò un’effettiva tutela della parte debole del rapporto.
Il capo V del disegno di legge ha invece ad oggetto la modifica delle disposizioni in materia di adozione e di affidamento dei minori, allo scopo di estendere alle persone singole l’accesso a tali istituti. Già la disciplina in materia di affidamento e di adozione dei minori è stata estesa dal presente disegno di legge all’unione registrata e all’unione civile. Si è ritenuto tuttavia che fosse opportuno fissare un principio più ampio, rappresentato dal riconoscimento in capo all’individuo del diritto ad accedere agli istituti dell’adozione e dell’affidamento, ritenendosi che il diritto, in ogni caso prevalente, del minore a un adeguato e armonioso sviluppo psico-fisico possa essere pienamente garantito nell’ambito della famiglia monoparentale.
Al capo VII del presente disegno di legge sono invece fissate talune disposizioni finali. L’articolo più importante è senza dubbio quello che sancisce un generale divieto di discriminazione in relazione allo stato di coniuge, contraente di un’unione registrata, parte di un’unione civile, o alla condizione di convivente di fatto, e che esplicita la ratio dell’intero disegno di legge, ovvero il riconoscimento della pari dignità e della libertà di scelta in relazione alle diverse forme di famiglia e di convivenza. Oltre ad una disposizione di esenzione tributaria, la presente proposta di legge disciplina infine la questione del riconoscimento reciproco di istituti equivalenti previsti dalle legislazioni nazionali degli altri Paesi e dell’applicazione delle norme di diritto internazionale privato e delle convenzioni internazionali.
DISEGNO DI LEGGE
UNIONE REGISTRATA
(Modifica al libro primo del codice civile in materia di unione registrata)
1. Al libro primo del codice civile, dopo il titolo XIV, è aggiunto, infine, il seguente:
DELL’UNIONE REGISTRATA
Articolo 455-bis. - (Unione registrata). – Due persone dello stesso sesso legate da vincoli affettivi, di solidarietà e di assistenza morale e materiale reciproca, di seguito denominate “contraenti dell’unione registrata“, possono contrarre un’unione registrata.
Articolo 455-ter. – (Disciplina dell’unione registrata). – All’unione registrata e ai rapporti tra i contraenti dell’unione registrata si applicano le disposizioni di cui al titolo VI, al capo II del titolo VII, al titolo VIII, al titolo IX, al titolo XI, al titolo XII, al titolo XIII e al titolo XIV del presente libro.
Il rapporto tra i contraenti dell’unione registrata è assimilato al rapporto tra i coniugi.
Si applicano all’unione registrata le disposizioni civili, penali, amministrative, processuali, fiscali, previdenziali e di lavoro, di ogni ordine e grado, relative al matrimonio e agli effetti da esso derivanti ancorché previste da leggi speciali, ai fini della costituzione, della celebrazione, della registrazione, dello scioglimento, dell’acquisto della cittadinanza, della disciplina dei diritti e degli obblighi, dei rapporti patrimoniali ed extrapatrimoniali tra i contraenti, della successione per causa di morte, degli effetti opponibili ai terzi.
Nelle disposizioni normative di ogni ordine e grado, fatte salve le eccezioni previste dal presente articolo, ogni riferimento al coniuge o ai coniugi si considera esteso anche al contraente dell’unione registrata o ai contraenti dell’unione registrata.
Si applicano all’unione registrata le disposizioni relative alla disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori e alla disciplina della procreazione medicalmente assistita.
Non si applicano all’unione registrata le disposizioni di maggior favore espressamente previste per la famiglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio.
Non si applicano all’unione registrata le disposizioni relative al matrimonio che trovano fondamento nella diversità di genere tra i coniugi.
Non si applicano all’unione registrata le disposizioni relative al matrimonio di cui alla legge 27 maggio 1929, n. 847, e successive modificazioni, e all’accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede firmato a Roma il 18 febbraio 1984, reso esecutivo dalla legge 25 marzo 1985, n. 121.
Articolo 455-quater. – (Criteri di estensione dei diritti del nucleo familiare all’unione registrata). – All’unione registrata sono estesi i diritti spettanti al nucleo familiare, fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 455-ter».
(Atto di unione registrata)
1. Le disposizioni di cui al titolo VIII del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, si applicano anche all’unione registrata di cui all’articolo 455-bis, del codice civile.
2. Le registrazioni relative all’unione registrata sono contenute nell’atto di unione registrata. Tale atto è assimilato dall’atto di matrimonio, come disciplinato dall’articolo 64 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
(Modifiche all’articolo 86 del codice civile concernente la libertà di stato)
1. All’articolo 86 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «matrimonio precedente» sono sostituite dalle seguenti: «matrimonio, da una unione registrata o da una unione civile precedenti»;
b) dopo il primo comma è aggiunto, in fine, il seguente:
«Non costituisce causa impeditiva ai fini di cui al primo comma la sussistenza di uno stato di separazione tra i coniugi o tra i contraenti dell’unione registrata, o l’esistenza di un matrimonio o di una unione registrata i cui effetti civili sono stati dichiarati cessati».
(Modifica agli articoli 107, 108, 143 e 294 del codice civile)
1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 107, primo comma, le parole: «che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie» sono sostituite dalle seguenti: «che esse vogliono contrarre matrimonio»;
b) all’articolo 108, primo comma, le parole: «La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie» sono sostituite dalle seguenti: «La dichiarazione degli sposi di contrarre matrimonio»;
c) all’articolo 143, primo comma, le parole: «il marito e la moglie» sono sostituite dalle seguenti: «i coniugi»;
d) all’articolo 294, secondo comma, le parole: «marito e moglie» sono sostituite dalle seguenti: «coniugi».
(Diritti derivanti dalla condizione lavorativa)
1. I contraenti dell’unione registrata godono di tutti i diritti, facoltà e benefìci previdenziali e assistenziali o comunque connessi al rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, ovvero alla sussistenza di una attività di lavoro autonomo, previsti a favore dei coniugi o del coniuge del lavoratore, dalle disposizioni normative di ogni ordine e grado, dalla contrattazione collettiva, dai contratti individuali o atipici.
(Modifica all’articolo 230-bis del codice civile, concernente l’impresa familiare)
1. All’articolo 230-bis, terzo comma, del codice civile, dopo la parola: «coniuge», ovunque ricorra, sono inserite le seguenti: «o il contraente dell’unione registrata».
(Modifica all’articolo 433 del codice civile, concernente gli alimenti)
1. All’articolo 433, numero 1), del codice civile, dopo la parole: «coniuge» sono inserite le seguenti: «o il contraente dell’unione registrata».
UNIONE CIVILE
(Modifica al libro primo del codice civile in materia di unione civile)
1. Al libro I del codice civile, dopo il titolo XIV-bis, introdotto dall’articolo 1 della presente legge, è aggiunto, in fine, il seguente:
DELL’UNIONE CIVILE
Articolo 455-quinquies. – (Unione civile). – Possono contrarre un’unione civile per organizzare la loro vita comune due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, di seguito denominate “parti dell’unione civile“, che intendano legarsi o siano legate da comunione di vita materiale e spirituale.
Articolo 455-sexies. – (Istituzione del registro delle unioni civili). – Presso l’ufficio dello stato civile di ogni comune è istituito il registro delle unioni civili.
Il sindaco, o un suo delegato, provvede alle registrazioni, alle annotazioni ed alle variazioni delle unioni nel registro di cui al primo comma, ai sensi del presente titolo.
Articolo 455-septies. – (Procedura). – Due persone che intendano contrarre una unione civile devono presentare una dichiarazione congiunta presso l’ufficio dello stato civile del comune nel quale intendono fissare la propria residenza comune.
L’unione civile è certificata dall’ufficiale dello stato civile, il quale è tenuto a tale accertamento previo mero controllo formale della validità della dichiarazione congiunta, dell’assenza delle cause impeditive di cui agli articoli 86, 87 e 88, dei requisiti di cui agli articoli 455-quinquies e 455-sexies, nonchè del rispetto delle norme di legge riguardanti i cittadini stranieri.
L’ufficiale dello stato civile provvede altresì, contestualmente agli adempimenti di cui al quarto comma, a registrare l’unione nell’apposito registro di cui all’articolo 455-sexies.
L’ufficiale dello stato civile effettua le annotazioni e le variazioni conseguenti alle dichiarazioni nel registro delle unioni civili entro dieci giorni dalla loro ricezione.
A richiesta dell’interessato, l’ufficiale dello stato civile dà atto delle iscrizioni nel registro delle unioni civili.
Articolo 455-octies. – (Certificazione dello stato di unione civile). – L’unione civile è certificata dal documento attestante lo stato di unione civile. Tale documento deve contenere i dati anagrafici delle parti dell’unione civile, l’indicazione del loro regime patrimoniale legale e della residenza. Esso contiene, altresì, i dati anagrafici dei figli minori appartenenti all’unione civile, qualora presenti, indipendentemente dalla durata della stessa.
Articolo 455-nonies. – (Equiparazione allo stato di membro di una famiglia). – Lo stato di parte di un’unione civile è titolo equiparato a quello di membro di una famiglia ai sensi e per gli effetti della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e successive modificazioni.
Articolo 455-decies. – (Cessazione dell’unione civile). – Lo stato di unione civile cessa con la morte di una delle parti o mediante conversione dell’unione civile in matrimonio o unione registrata.
Lo stato di unione civile può altresì cessare mediante una dichiarazione consensuale di separazione che le parti rendono all’ufficiale dello stato civile.
L’unione civile può, infine, cessare nel caso di richiesta di separazione presentata solo da una delle parti all’ufficiale dello stato civile e notificata all’altra parte entro cinque giorni. In tale ipotesi tutti gli effetti dell’unione civile sono protratti per un anno dalla data di presentazione della domanda di separazione. Nel corso di tale anno la richiesta unilaterale può essere ritirata e la situazione di unione civile è ripristinata automaticamente.
Nel caso di separazione, le parti procedono di comune accordo alla divisione del patrimonio comune. Nel caso in cui l’accordo non sia possibile il giudice, indipendentemente dalla titolarità o dal possesso dei beni, tenuto conto della consistenza del patrimonio costituito dalle parti con apporti di lavoro professionale e casalingo ai sensi degli articoli 177, 178 e 179, decide sulle conseguenze patrimoniali procedendo alla divisione del patrimonio ai sensi dell’articolo 194. È fatta salva la possibilità per le parti di agire per il risarcimento del danno eventualmente subìto.
Nell’anno intercorrente tra la presentazione della domanda unilaterale di separazione e lo scioglimento dell’unione civile, le parti sono tenute agli obblighi di cui al titolo XIII del presente libro.
Della cessazione dello stato di unione civile ai sensi del presente articolo è dato atto dall’ufficiale dello stato civile con autonoma certificazione, che individua anche il periodo per il quale si è protratta tale unione, nonché con apposita annotazione nel registro delle unioni civili.
Articolo 455-undecies. – (Criteri di estensione dei diritti del nucleo familiare all’unione civile). – All’unione civile sono estesi i diritti spettanti al nucleo familiare nei casi previsti dalla legge.
Articolo 455-duodecies. – (Acquisto della residenza da parte del cittadino straniero). – Il cittadino straniero non residente nel territorio nazionale, che sia parte di un’unione civile, contestualmente alla certificazione dello stato di unione civile acquista la residenza in Italia.
Articolo 455-terdecies. – (Diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento). – I figli delle parti dell’unione civile, nati in costanza dell’unione civile o che si presumono concepiti in costanza di essa secondo i criteri di cui all’articolo 232, hanno i medesimi diritti spettanti ai figli nati in costanza di matrimonio.
Le parti dell’unione civile possono chiedere l’adozione o l’affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, a parità di condizione con le coppie di coniugi.
In caso di separazione delle parti dell’unione civile si applicano con riguardo ai figli le disposizioni di cui all’articolo 155.
Articolo 455-quaterdecies. – (Regime patrimoniale dell’unione civile). – Con convenzione stipulata per atto pubblico le parti dell’unione civile devono scegliere, all’atto di costituzione della stessa, il regime patrimoniale. Tale regime può essere modificato in qualunque momento nel corso dell’unione civile, con atto stipulato nella medesima forma.
Qualora, per qualsiasi ragione, si ometta di stipulare l’atto pubblico di cui al primo comma, si presume scelto il regime di comunione legale».
(Assistenza sanitaria e penitenziaria)
1. Alle parti dell’unione civile sono estesi tutti i diritti e i doveri spettanti al coniuge relativi all’assistenza sanitaria e penitenziaria.
(Forma della domanda dell’interdizione e dell’inabilitazione)
1. All’articolo 712, secondo comma, del codice di procedura civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e della parte di un’unione civile».
2. Ciascuna delle parti dell’unione civile può, ove sussistano le condizioni richieste dalla legge, assumere la tutela o la curatela dell’altra parte dichiarata interdetta o inabilitata ai sensi delle norme vigenti.
(Incapacità o decesso della parte di un’unione civile)
1. Nell’ipotesi di incapacità di intendere e di volere, anche temporanea, di una parte dell’unione civile, e fatte salve le norme in materia di interdizione e di inabilitazione, in mancanza di precedente volontà manifestata per iscritto dalla stessa parte, tutte le decisioni relative allo stato di salute, o riguardanti l’eventuale donazione di organi, le scelte di natura religiosa, culturale, morale, nonché quelle relative alle celebrazioni funerarie, sono prese dall’altra parte dell’unione civile.
(Partecipazione lavorativa all’impresa della parte dell’unione civile)
1. All’articolo 230-bis del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Ciascuna delle parti di un’unione civile che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altra parte può rivolgersi al giudice per chiedere il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa. Il giudice si pronunzia ai sensi del primo, secondo e terzo comma».
(Diritti di successione fra le parti dell’unione civile)
1. La condizione di parte dell’unione civile è in tutto equiparata a quella di coniuge per quanto riguarda i diritti e i doveri dei legittimari e quelli derivanti dalla successione legittima.
2. Al libro secondo del codice civile, ogni riferimento al coniuge o ai coniugi è esteso anche alla parte di un’unione civile o alle parti di un’unione civile.
3. Nell’ipotesi in cui una delle parti dell’unione civile succeda all’altra per causa di morte a titolo universale o a titolo particolare, la sua posizione fiscale è equiparata a quella del coniuge.
(Conseguenze fiscali dell’unione civile)
1. Le conseguenze fiscali che derivano dall’appartenenza ad un determinato nucleo familiare sono estese alle parti dell’unione civile, sia nelle agevolazioni che negli oneri.
(Conseguenze previdenziali e pensionistiche dell’unione civile)
1. Le conseguenze previdenziali e pensionistiche, ivi compresa la pensione di reversibilità a favore della parte superstite in caso di morte dell’altra parte dell’unione civile, derivanti dall’appartenenza ad un determinato nucleo familiare, sono estese alle parti dell’unione civile, sia nelle agevolazioni che negli oneri.
2. In caso di morte di una parte dell’unione civile nel corso dell’anno intercorrente tra la presentazione della domanda unilaterale di separazione e lo scioglimento dell’unione civile, la parte superstite ha diritto all’erogazione della pensione di reversibilità sino al decorrere del termine previsto per lo scioglimento.
(Risarcimento del danno causato da fatto illecito da cui è derivata la morte di una delle parti dell’unione civile)
1. In caso di decesso di una delle parti dell’unione civile derivante da fatto illecito, nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano gli stessi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.
(Sostituzione dell’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, in materia di successione nel contratto di locazione)
1. Il primo comma dell’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, è sostituito dai seguenti:
«In caso di morte del conduttore, gli succede nel contratto la parte superstite convivente al momento del decesso.
Nell’ipotesi in cui il conduttore abbia contratto un matrimonio, un’unione registrata o un’unione civile ovvero abbia dichiarato una convivenza di fatto in seguito all’instaurazione del rapporto locativo, ha l’onere di darne comunicazione al locatore a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento».
(Inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare)
1. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, a parità di condizioni, di tale causa di preferenza o titolo può godere anche la parte dell’unione civile.
(Inserimento nelle graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati)
1. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza per l’inserimento in graduatorie occupazionali o per l’inserimento in categorie privilegiate di disoccupati, a parità di condizioni tali diritti sono estesi anche alle parti dell’unione civile.
(Diritti derivanti dalla condizione lavorativa)
1. Le parti dell’unione civile godono di tutti i diritti, facoltà e benefìci previdenziali e assistenziali o comunque connessi al rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, o alla sussistenza di una attività di lavoro autonomo, previsti a favore dei coniugi o del coniuge del lavoratore, dalle disposizioni normative di ogni ordine e grado, dalla contrattazione collettiva, dai contratti individuali o atipici.
(Norme penali)
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 307, il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto o della parte dell’unione civile.»;
b) all’articolo 384, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto o la parte dell’unione civile da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore».
(Norme di procedura penale)
1. All’articolo 199 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, dopo le parole: «congiunte» sono inserite, infine, le seguenti: «e delle parti dell’unione civile»;
b) al comma 1, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I prossimi congiunti o la parte di un’unione civile dell’imputato o di uno dei coimputati del medesimo reato, possono astenersi dal deporre».
UGUAGLIANZA GIURIDICA DEI CONIUGI E NUOVE NORME IN MATERIA DI COGNOME
(Abrogazione degli articoli 89 e 140 del codice civile concernenti il divieto temporaneo di nuove nozze)
1. Gli articoli 89 e 140 del codice civile sono abrogati.
(Uso dei cognomi)
1. L’articolo 143-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 143-bis. – (Uso dei cognomi). – I coniugi mantengono ciascuno il proprio cognome, salvo che, all’atto di contrarre il matrimonio, uno o entrambi i coniugi non scelgano di aggiungere al proprio cognome quello dell’altro coniuge, conservandolo durante lo stato vedovile, fino a che il coniuge superstite passi a nuove nozze».
(Cittadinanza del coniuge)
1. Dopo l’articolo 143-bis del codice civile, come sostituito dall’articolo 24 della presente legge, è inserito il seguente:
«Articolo 143-bis.1 – (Cittadinanza del coniuge). – Il coniuge conserva la cittadinanza italiana, salvo sua espressa rinunzia, anche se per effetto del matrimonio o del mutamento di cittadinanza da parte dell’altro coniuge assume una cittadinanza straniera».
(Cognome del coniuge)
1. L’articolo 156-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 156-bis. – (Cognome del coniuge). – Il giudice può vietare ad un coniuge l’uso del cognome dell’altro coniuge quando tale uso sia al secondo gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare un coniuge a non usare il cognome stesso, qualora dall’uso possa allo stesso derivare grave pregiudizio».
(Cognome del figlio)
1. L’articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 262. – (Cognome del figlio). – Il figlio legittimo assume, per volontà comune dei genitori, il cognome di entrambi, nell’ordine da essi indicato, o il cognome di uno dei genitori.
La scelta e l’ordine dei cognomi iscritti nell’atto di nascita del primo figlio sono mantenuti per i fratelli e le sorelle germani.
Nel caso in cui i genitori scelgano di trasmettere al figlio entrambi i cognomi, il figlio assume il primo dei cognomi di ciascun genitore.
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori si applicano le disposizioni di cui ai commi primo, secondo e terzo.
Se la filiazione nei confronti di uno dei genitori è accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte dell’altro genitore, il figlio naturale può assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto successivamente se il genitore che per primo lo ha riconosciuto vi consente.
In mancanza di accordo tra i genitori, l’ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico».
(Cognome dell’adottato)
1. All’articolo 299 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Se l’adozione è compiuta da coniugi, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 262.»;
b) il quarto comma è abrogato.
(Modifiche all’articolo 5 della legge 1º dicembre 1970, n. 898)
1. All’articolo 5 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ciascun coniuge perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.»;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare il coniuge che ne faccia richiesta a conservare il cognome dell’altro coniuge aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela».
MODIFICA DELLE NORME SULL’ADDEBITO DELLA RESPONSABILITÀ DELLA SEPARAZIONE
(Abrogazione dell’addebito della responsabilità)
1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 151, il secondo comma è abrogato;
b) all’articolo 156, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge che non abbia adeguati redditi propri il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento».
(Concorso di coniuge separato e parte dell’unione civile)
1. L’articolo 548 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 548. – (Concorso di coniuge separato e parte dell’unione civile). – Quando chi muore lascia un coniuge separato con sentenza passata in giudicato ed una parte dell’unione civile, a quest’ultima è riservato un quarto del patrimonio, al coniuge separato la metà.
Quando chi muore lascia altresì un figlio legittimo o naturale, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 542, alla parte dell’unione civile è riservato un quinto del patrimonio.
Se i figli sono più di uno, un ottavo del patrimonio spetta alla parte dell’unione civile».
(Successione del coniuge separato)
1. L’articolo 585 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 585. – (Successione del coniuge separato). – Il coniuge separato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato».
(Modifiche all’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898)
1. All’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: «assenza di un coniuge» sono inserite le seguenti: «o di una parte dell’unione civile»;
b) al comma 3, le parole: «Qualora esista un coniuge superstite» sono sostituite dalle seguenti: «Qualora esista un coniuge o una parte dell’unione civile superstite».
NORME IN MATERIA DI ADOZIONE E DI AFFIDAMENTO DEI MINORI
(Divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale)
1. All’articolo 1, comma 5, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo le parole: «di religione» sono inserite le seguenti: «, di orientamento sessuale».
(Sostituzione dell’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184)
1. L’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 6. – 1. L’adozione è consentita a persone singole o a coppie unite da matrimonio, da unione registrata o da unione civile da almeno due anni. Tra i membri della coppia non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi due anni separazione personale neppure di fatto.
2. L’adottante o gli adottanti devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.
3. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando.
4. Se l’adottante è persona coniugata e non separata, l’adozione può essere disposta solo a seguito di richiesta congiunta da parte di entrambi i membri della coppia.
5. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando la coppia abbia convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di due anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.
6. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
7. Non è preclusa l’adozione quando, nell’ambito della coppia, il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando l’adottante o gli adottanti siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato.
8. Ai medesimi adottanti sono consentite più adozioni anche con atti successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell’adozione l’avere già adottato un fratello dell’adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all’adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
9. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati».
(Modifica delle norme in materia di adozione)
1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 22:
1) al comma 1, la parola: «coniugi» è sostituita dalla seguente: «adottanti»;
2) al comma 5, le parole: «le coppie» sono sostituite dalla seguente: «coloro»;
3) al comma 6, prima delle parole: «coppia prescelta» sono inserite le seguenti: «persona singola o alla»;
b) all’articolo 31, comma 3, lettera h), le parole: «i coniugi affidatari» sono sostituite dalle seguenti: «gli affidatari»;
c) all’articolo 39, comma 2, le parole: «dei coniugi interessati» sono sostituite dalle seguenti: «degli interessati»;
d) all’articolo 39-bis, comma 2, le parole: «le coppie» sono sostituite dalla seguente: «coloro»;
e) all’articolo 39-ter, comma 1, lettera b), le parole: «i coniugi» sono sostituite dalle seguenti: «l’adottante o gli adottanti»;
f) all’articolo 41, secondo comma, le parole: «dei coniugi affidatari» sono sostituite dalle seguenti: «dell’affidatario o degli affidatari»;
g) all’articolo 51, primo comma, le parole: «del suo coniuge» sono sostituite dalle seguenti: «della persona con la quale è legato da matrimonio, da unione registrata o da unione civile»;
h) all’articolo 52, primo comma, le parole: «il coniuge» sono sostituite dalle seguenti: «la persona con la quale è legato da matrimonio, da unione registrata o da unione civile».
2. All’articolo 8, comma 1, lettera g), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1º dicembre 1999, n. 492, le parole: «ai coniugi» sono sostituite dalle seguenti: «a coloro».
(Sostituzione dell’articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184)
1. L’articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 25. – 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’affidamento, sentito l’adottante o gli adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull’adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all’adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’adozione nei confronti della persona singola o della coppia prescelta.
2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da adottanti che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori di anni quattordici, devono essere sentiti.
3. Nell’interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di un anno, d’ufficio o su domanda dell’affidatario o degli affidatari, con ordinanza motivata.
4. Se una delle parti della coppia muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo, l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell’altra parte nei confronti di entrambi, con effetto, per la parte deceduta, dalla data della morte.
5. Se la persona singola affidataria muore durante l’affidamento preadottivo, il tribunale per i minorenni, tenuto conto delle esigenze e della situazione del minore, provvede in via d’urgenza a disporre un nuovo affidamento preadottivo ai sensi degli articoli 22, 23 e 24.
6. Se nel corso dell’affidamento preadottivo interviene separazione tra gli affidatari, l’adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell’esclusivo interesse del minore, qualora una o entrambe le parti ne facciano richiesta.
7. La sentenza che decide sull’adozione è comunicata al pubblico ministero, agli adottanti ed al tutore.
8. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l’affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».
(Sostituzione dell’articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184)
1. L’articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 44. – 1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge o dalla persona che abbia contratto un’unione registrata o un’unione civile con il genitore, nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge, dell’altro contraente dell’unione registrata o dell’altra parte dell’unione civile;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
2. L’adozione, nei casi indicati al comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi.
3. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare».
(Sostituzione dell’articolo 47 della legge 4 maggio 1983, n. 184)
1. L’articolo 47 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 47. – 1. L’adozione produce i suoi effetti dalla data della sentenza che la pronuncia. Finché la sentenza non è emanata, tanto l’adottante quanto l’adottando possono revocare il loro consenso.
2. Se una delle parti della coppia muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione della sentenza, si può procedere, su istanza dell’altra parte, al compimento degli atti necessari per l’adozione.
3. Se l’adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell’adottante.
4. In caso di morte della persona singola adottante dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione della sentenza, si applicano le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 25».
(Sostituzione dell’articolo 48 della legge 4 maggio 1983, n. 184)
1. L’articolo 48 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:
«Articolo 48. – 1. Se il minore è adottato da una coppia, dal coniuge di uno dei genitori, o dalla persona che abbia contratto un’unione registrata o un’unione civile con il genitore, la potestà sull’adottato e il relativo esercizio spettano a entrambi.
2. L’adottante ha l’obbligo di mantenere l’adottato, di istruirlo e di educarlo conformemente a quanto stabilito dall’articolo 147 del codice civile.
3. Se l’adottato ha beni propri, l’amministrazione di essi, durante la minore età dell’adottato stesso, spetta all’adottante, il quale non ne ha l’usufrutto legale, ma può impiegare le rendite per le spese di mantenimento, istruzione e educazione del minore con l’obbligo di investirne l’eccedenza in modo fruttifero. Si applicano le disposizioni dell’articolo 382 del codice civile».
(Adozione di minori stranieri da parte dei contraenti dell’unione registrata e delle parti dell’unione civile)
1. Dopo l’articolo 39-ter della legge 4 maggio 1983, n. 184, è inserito il seguente:
«Articolo 39-ter.1. – 1. L’adozione di minori stranieri da parte dei contraenti dell’unione registrata o delle parti dell’unione civile è possibile previo espresso consenso da parte dello Stato di provenienza del minore».
DELLA CONVIVENZA DI FATTO
(Modifiche al libro quarto del codice civile in materia di convivenza di fatto)
1. Al libro quarto del codice civile, dopo il titolo IX, è aggiunto, in fine, il seguente:
DELLA CONVIVENZA DI FATTO
Articolo 2059-bis. – (Convivenza di fatto). – Due o più persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, che vivano insieme da almeno un anno possono dichiarare la propria convivenza all’ufficiale dello stato civile presso il comune nel quale i conviventi hanno fissato la propria residenza.
La convivenza di cui al primo comma è annotata sugli atti anagrafici da parte dell’ufficiale dello stato civile, il quale è tenuto all’accertamento, previo mero controllo sulla sussistenza anagraficamente accertata, di una convivenza protrattasi per almeno un anno.
Articolo 2059-ter. – (Cessazione della convivenza di fatto). – La convivenza di fatto cessa con la morte del convivente o si interrompe automaticamente quando il convivente abbandona la residenza comune, come risultante dai certificati anagrafici.
La convivenza di fatto cessa altresì con effetto immediato in seguito a recesso unilaterale o consensuale dei conviventi.
Della cessazione della convivenza di fatto ai sensi del secondo comma è dato atto dall’ufficiale dello stato civile mediante apposita annotazione sugli atti anagrafici.
Nel caso in cui i conviventi siano più di due, la cessazione unilaterale per una delle cause previste dal primo e dal secondo comma non produce effetti sulla prosecuzione della convivenza in capo agli altri conviventi.
Articolo 2059-quater. – (Accordi di convivenza). – Con accordo stipulato ai sensi delle disposizioni del presente codice e delle leggi speciali in materia di contratti, i conviventi possono disciplinare gli aspetti patrimoniali del rapporto di convivenza, l’entità, i tempi e i modi della contribuzione alla vita comune, nonché le conseguenze patrimoniali in seguito alla cessazione della convivenza di fatto di cui all’articolo 2059-ter.
Articolo 2059-quinquies. – (Atti di disposizione del patrimonio). – In assenza dell’accordo di cui all’articolo 2059-quater, gli atti di disposizione del patrimonio effettuati in proporzione ai propri redditi, alle proprie sostanze e alle proprie capacità di lavoro professionale o casalingo, costituiscono adempimento di obbligazione naturale ai sensi dell’articolo 2034.
Salvo prova contraria, gli atti di disposizione del patrimonio in eccesso rispetto alle previsioni di cui al primo comma si presumono costituire donazione ai sensi e per gli effetti dell’articolo 782 del presente codice e dell’articolo 48 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni.
Salvo che non sia diversamente pattuito, la proprietà dei beni mobili destinati all’uso comune dei conviventi ed acquistati in seguito alla costituzione della convivenza si presume essere comune.
Alla cessazione della convivenza, in caso di mancato accordo sulla divisione dei beni di proprietà comune, si applicano le disposizioni di cui al quarto comma dell’articolo 455-decies.
Articolo 2059-sexies. – (Criteri di estensione dei diritti del nucleo familiare alla convivenza di fatto). – Alla convivenza di fatto sono estesi i diritti spettanti al nucleo familiare nei casi previsti dalla legge. Tale estensione è applicata secondo criteri di parità di trattamento».
(Forma scritta dell’accordo di convivenza)
1. All’articolo 1350 del codice civile, dopo il numero 12) è inserito il seguente:
«12-bis) gli accordi tra i conviventi di fatto di cui all’articolo 2059-quater;».
(Assistenza sanitaria e penitenziaria e situazione di incapacità o decesso del convivente)
1. In base a quanto pattuito ai sensi dell’accordo di cui all’articolo 2059-quater del codice civile, e soltanto nel caso in cui un convivente sia effettivamente e totalmente a carico di un altro in modo continuativo per un periodo di tempo non inferiore a sei mesi, ai conviventi di fatto sono estesi tutti i diritti ed i doveri relativi all’assistenza sanitaria o penitenziaria spettanti ai coniugi o che derivano dall’appartenenza a un determinato nucleo familiare.
2. L’accordo di cui al comma 1 può inoltre designare uno dei conviventi come persona di fiducia per l’assunzione delle decisioni in materia di salute o riguardanti l’eventuale donazione di organi, le scelte di natura religiosa, culturale, morale e le celebrazioni funerarie per conto del convivente divenuto incapace, ancorché temporaneamente, o deceduto.
(Conseguenze fiscali della convivenza di fatto)
1. Le conseguenze fiscali che derivano dall’appartenenza a un determinato nucleo familiare sono estese ai conviventi di fatto, sia nelle agevolazioni, sia negli oneri.
(Risarcimento del danno causato da fatto illecito da cui è derivata la morte del convivente di fatto)
1. In caso di decesso di uno dei conviventi di fatto derivante da fatto illecito, nell’individuazione del danno risarcibile alle parti superstiti si applicano gli stessi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.
(Certificazione anagrafica della convivenza di fatto)
1. All’articolo 1, secondo comma, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, dopo la parola: «convivenze,» sono inserite le seguenti: «incluse quelle di cui agli articoli 2059-bis e seguenti del codice civile,».
(Diritti derivanti dalla condizione lavorativa)
1. Sono estesi ai conviventi i diritti e le facoltà in materia di ferie e di permessi connessi al rapporto di lavoro subordinato e parasubordinato, o alla sussistenza di una attività di lavoro autonomo, previsti a favore dei coniugi o del coniuge del lavoratore, o che derivano dall’appartenenza ad un determinato nucleo familiare, dalle disposizioni normative di ogni ordine e grado, dalla contrattazione collettiva, dai contratti individuali o atipici.
DISPOSIZIONI FINALI
(Imposte di certificazione)
1. Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi ai procedimenti derivanti dall’attuazione della presente legge sono esenti dalle imposte di bollo, di registro e da ogni altra tassa.
(Divieto di discriminazione)
1. Lo stato di coniuge, di contraente di un’unione registrata, di parte di un’unione civile, o la condizione di convivente di fatto non possono essere per la persona interessata motivo o fonte di discriminazione in qualunque settore della vita pubblica o privata.
2. La Repubblica tutela la piena dignità e il carattere di libera scelta di ogni forma di convivenza e di famiglia, in quanto luoghi ove si svolge la personalità dell’individuo, e ne promuove il pubblico rispetto.
(Riconoscimento degli istituti stranieri analoghi o equivalenti ed applicazione delle norme e delle convenzioni di diritto internazionale privato)
1. Ai sensi della presente legge si dà riconoscimento all’unione registrata, all’unione civile o all’istituto equivalente, alla convivenza di fatto o all’istituto equivalente contratti all’estero dal cittadino italiano o dal cittadino straniero.
2. Gli effetti giuridici prodotti dagli istituti di cui al comma 1 sono opponibili nel territorio italiano tra le parti contraenti e verso terzi, persone fisiche, persone giuridiche o pubblica amministrazione, entro i limiti stabiliti dalla presente legge.
3. Ai fini di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1995, n. 218, in materia di diritto internazionale privato.
4. Le disposizioni delle convenzioni internazionali in materia di matrimonio, adozione, diritti di successione e nelle altre materie relative al diritto di famiglia si applicano bilateralmente, ove possibile, previo espresso consenso dell’altro Stato contraente in relazione all’unione registrata e all’unione civile.
5. Le disposizioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti reali e di obbligazioni si applicano bilateralmente, ove possibile, previo espresso consenso dell’altro Stato contraente in relazione alla convivenza di fatto.
(Norme di attuazione)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero degli affari esteri avvia contatti bilaterali con le rappresentanze diplomatiche straniere in Italia e con gli omologhi organi stranieri per verificare se sussistano le condizioni per consentire l’adozione dei minori stranieri da parte dei contraenti dell’unione registrata o delle parti dell’unione civile.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero degli affari esteri avvia contatti bilaterali con gli omologhi organi stranieri per il reciproco riconoscimento degli istituti atti a disciplinare le diverse forme familiari e di convivenza e per l’applicazione bilaterale delle convenzioni internazionali in materia di matrimonio, adozione, diritti di successione e nelle altre materie relative al diritto di famiglia, nonché in materia di diritti reali e di obbligazioni.