PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
BELLILLO, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, LICANDRO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SGOBIO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER
Modifica all’articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio
Presentata il 12 ottobre 2006
Onorevoli Colleghi!
L’introduzione nel 1970 del divorzio nel nostro ordinamento ha rappresentato una vera e propria rivoluzione sociale e morale, legittimata dalla volontà del popolo italiano, espressa mediante una scelta referendaria, la più importante dopo quella del 1946, con la quale vinse la stragrande maggioranza, nonostante si fosse tentato di imbastire uno scontro ideologico che non aveva ragione di essere e il cui esito elettorale non è stato sufficiente a sopire. I reiterati contrasti hanno pesantemente condizionato il successivo lavoro del legislatore, che spesso si è trovato a dover svolgere un’opera di mediazione tra le opposte posizioni: un lavoro di compromesso che non ha estinto le velleità delle controparti e che in alcuni casi ha lasciato la sensazione di un’occasione perduta.
È in tale contesto che nel 1978 e, successivamente, nel 1987, si sono resi necessari ulteriori interventi legislativi, con il primo dei quali, la legge n. 436 del 1978, di portata programmatica, si è intervenuti per la risoluzione di talune questioni urgenti, e con il secondo, la cosiddetta «legge novella» n. 74 del 1987, si sono introdotti il divorzio su richiesta congiunta e l’abbreviazione dei termini del procedimento contenzioso, ridotti ora alla metà rispetto al 1970.
Riguardo a quest’ultimo provvedimento, appare chiaro che la sua peculiarità, nonché lo scopo principale del legislatore del 1987, sia stato quello di creare un procedimento più agile e, nei limiti concessi dalla materia, meno drammatico per le parti coinvolte.
Oggi per il Parlamento non è più eludibile la necessità di rispondere, con una buona legge, all’aspettativa di migliaia di cittadine e di cittadini che chiedono di poter liberamente scegliere in ordine alla propria vita individuale e di poter sciogliere definitivamente il loro matrimonio anticipatamente rispetto ai tre anni previsti dalla normativa in vigore.
Si tratta di un’esigenza che riguarda oltre il 25 per cento delle coppie italiane, già legalmente separate, che nel rispetto delle libertà civili e delle volontà individuali hanno il pieno diritto di definire, entro un tempo ragionevole, lo stato dei propri rapporti, anche al fine di intraprendere nuovi progetti di famiglia.
Sono situazioni assolutamente normali alle quali sarebbe oramai anacronistico opporsi adducendo questioni di coscienza o religiose, che attengono semplicemente ai vissuto e alle opinioni personali di ognuno di noi.
È un problema al quale rispondere laicamente, come compete a uno Stato laico e pluralista, prevedendo normativamente l’abbreviazione dei tempi di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio e rispondendo esclusivamente alle persone che sono direttamente coinvolte in queste scelte: non è compito del Parlamento interferire imponendo, con interventi legislativi, modelli di comportamento.
Inoltre, non dimentichiamo che la legislazione dei Paesi europei più evoluti (per la presentazione dell’istanza di divorzio in Gran Bretagna è sufficiente sia trascorso un anno dalla data del matrimonio, in Francia sei mesi, in Germania i coniugi devono vivere separati da almeno un anno) è vicina al contenuto della presente proposta di legge, perché è ormai patrimonio comune che le relazioni matrimoniali possano proseguire solo con il costante impegno di entrambi i coniugi e che la scelta, nel senso della separazione prima e dello scioglimento poi, non possa essere contrastata e penalizzata.
Si è detto che un tempo breve deresponsabilizza e prelude a un divorzio immediato, mentre un lasso di tempo più lungo rafforza la famiglia, il senso di responsabilità, invita a riflettere e meditare, garantendo meglio i diritti. Tuttavia questo dilemma va rapportato al fenomeno e alle cause della separazione, ma non vi è dubbio che queste ultime traggono origine nella scoperta da parte dei coniugi di un errore nella scelta di comunione di vita, nella scoperta dell’incomunicabilità, nella nascita di altri rapporti affettivi per l’uno o per l’altro o per entrambi i coniugi, nella consunzione della relazione o a volte per qualche senso di irresponsabilità dell’uno o dell’altro coniuge, a volte ancora per interesse, a volte, infine, per l’immaturità dell’uno o dell’altro.
È in relazione a questo fenomeno che occorre chiedersi se il tempo che deve intercorrere fra la separazione e il divorzio giochi a favore della ricostituzione del vincolo o esasperi il conflitto, accentui i sentimenti di rivalsa, disintegri i diritti che vanno riconosciuti alla famiglia e anche ai minori.
Dopo un’attenta analisi del fenomeno, sembra potersi affermare, da una parte, la neutralità del tempo per alcune ipotesi di scioglimento; dall’altra, va riconosciuto che il tempo aiuta a risolvere le questioni di conflitti che talvolta ricadono sui figli, ma non sempre su questi, e sempre sul coniuge più debole.
Con la presente proposta di legge si intende rendere più agevole e celere la procedura, eliminando le eccessive complessità che fanno torto alla volontà dei coniugi. Sarebbe infatti ingiustificato e inaccettabile costringere due coniugi, che abbiano consensualmente maturato la decisione di porre fine al loro matrimonio, ad attendere per più di tre anni, soprattutto quando, in mancanza di figli, non vi siano da prendere in considerazione altri interessi meritevoli di tutela.
Scevra da qualsivoglia ideologismo, la presente proposta di legge prende atto delle cause della separazione e vuole approntare rimedi in relazione ai diritti costituzionali riconosciuti alla famiglia come formazione sociale, quindi come ente a sé, e ai suoi componenti, quindi i coniugi ed i figli.
PROPOSTA DI LEGGE
Articolo 1
1. All’articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, come modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Nel caso in cui dal matrimonio non siano nati figli, né siano stati adottati o legittimati, i coniugi possono domandare congiuntamente, anche se non sia stata proposta domanda di separazione, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio».