Mancava ancora, un libro italiano sull’omogenitorialità. Ora è arrivato: ed è un libro che non solo porta alla luce una realtà che, finora, veniva spacciata come diffusa soltanto in altri paesi (più civili o più «immorali», a secondi dei punti di vista), ma che in compenso viene anche, se non soprattutto da noi frequentemente evocata come una catastrofe dai difensori della famiglia «naturale» o «tradizionale»: che alla prova dei fatti tanto naturale o tradizionali poi non si rivela.
Chiara Lalli smonta, in questo libro, i tanti pregiudizi che portano a rifiutare la sola ipotesi che una coppia omosessuale possa crescere figli, e crescerli bene. Li smonta non solo dal punto di vista teorico, mostrando quanto le argomentazioni contrarie siano inconsistenti dal punto di vista dialettico. Ma li smonta anche portando i risultati di numerose ricerche, che evidenziano come non vi siano sostanziali differenze tra i figli cresciuti in famiglie omosessuali rispetto a quelli cresciuti in famiglie eterosessuali: lo sviluppo della propria identità di genere è simile; la grande maggioranza di persone cresciute in famiglie omo ‘da grande’ sviluppa comunque un’identità etero; non emerge che questa persone abbiano subito o subiscano particolari conseguenze negative dal nelle proprie relazioni sociali.
I genitori omosessuali non si rivelano, dunque, in alcun modo «diversi» rispetto a quelli eterosessuali: non vanno idealizzati, non vanno nemmeno demonizzati. Come sostiene una delle voci raccolte dal libro: «Se c’è qualcosa che mi spaventa è la società, non le domande dei miei figli». Perché ciò di cui hanno bisogno i bambini è soprattutto di amore: l’identità di genere delle figure genitoriali è un aspetto secondario. E non hanno affatto bisogno, i bambini, di una società in cui albergano aprioristici pregiudizi, anche nei luoghi e nelle persone più aperte. Persino in una parte dello stesso mondo omosessuale.
Buoni genitori è diviso in cinque parti, ognuna delle quali è a sua volta composta di due momenti: uno di ‘incontro’ con i genitori, che l’autrice lascia parlare liberamente, e uno di riflessione e commento sui problemi che incontrano. I cinque ‘casi’ riguardano: una coppia gay con due figli, avuti grazie a una maternità surrogata; una coppia lesbica che per avere un figlio deve affidarsi al turismo procreativo; tre coppie lesbiche in cui una partner è la madre genetica della prole (ottenuta con la fecondazione artificiale) e l’altra no; una coppia lesbica che costituisce una ‘famiglia ricomposta’, avendo una figlia nata dal precedente matrimonio etero di una delle due; un esempio italiano di coparenting, rappresentato da una famiglia composta da una coppia gay, una coppia lesbica, due bambini figli di uno dei due partner e di una delle due partner, più una figlia frutto del precedente matrimonio etero di una delle due donne.
‘Casi’, verrebbe da pensare, che metteranno a dura prova i benpensanti. Eppure, dalla lettura del testo e dall’ascolto delle voci dei protagonisti, emerge che non sono affatto ‘casi’: sono famiglie vere, famiglie come le altre, famiglie che come noi si recano al supermercato e che, senza saperlo, troviamo in coda alle casse. Persone come tutte le altre, che una volta conosciute ci sembrano normalissime. Eppure, quante volte, una volta conosciute, entra ancora in gioco il pregiudizio: ci sembrano ‘normali’, ma poi manteniamo il sospetto che la loro normalità sia un’eccezione. Quanto diffusa è l’affermazione che «tutte le donne sono zoccole tranne mia madre e mia sorella»? Il meccanismo è esattamente il medesimo.
Se dunque pensiamo siano ‘casi’ è soltanto perché è la legge vigente che li rende tali. Non solo nel non riconoscere diritti alle coppie conviventi, ma anche con il porre enormi limiti alla fecondazione artificiale (argomento di cui Chiara Lalli si è già occupata in passato). Il confronto con gli altri paesi europei è impietoso: l’Italia è il fanalino di coda del Primo mondo. Sarebbe più onesto cominciare a considerarlo il paese più ricco del Terzo.
Si sa, i pregiudizi sono duri a morire: ma poi, ogni tanto, muoiono anche loro. Lo spazio di un cambiamento c’è: e, se c’è, è anche perché un numero crescente di coppie fa scelte che il legislatore non prevede. Coppie che, dopo averle compiute, si comportano da «buoni genitori».
Raffaele Carcano
Gennaio 2010