Laico alfabeto in salsa gay piccante

L’ordine del creato e le creature disordinate
Franco Buffoni
Transeuropa
2010
ISBN: 
9788875801045

Sono tante le somiglianze fra omosessuali e non credenti. Non so se via vero anche per gli increduli quanto Franco Buffoni rivendica per gay e lesbiche («omosessuali non si nasce o si diventa: omosessuali si è»), quel che è certo è che tanti omosessuali sono, nello stesso tempo, anche atei e agnostici. E che le difficoltà di vivere le situazioni che ne conseguono sono spesso le medesime.

Minoranze più minoranze di altre. Un individuo appartenente a una piccola comunità etnica o religiosa troverà comunque, al suo interno, un luogo più accogliente del mondo esterno: il più efficace dei quali è la famiglia, da cui tale appartenenza discende ereditariamente. Omosessuali e increduli si trovano solo molto raramente nella stessa condizione, anzi: si trovano prima o poi nella situazione diametralmente opposta, perché «il coming out più arduo da compiere è quello coi famigliari». Anche quando si vuole dar notizia della decisione di sbattezzarsi.

Per stare tranquilli, tanti consigliano loro di star tranquilli e di non fare dichiarazioni controproducenti: ancor meglio, dicono, sarebbe presentare un immagine di se stessi che nega quella reale. Può addirittura capitare loro di essere aggrediti da «sacerdoti e accoliti», avidi di conversioni o terapie riparative: perché esplicitare una personalità ritenuta «disordinata» può turbare il presunto ordine del creato (che, guarda caso, deve coincidere con un preteso ordine sociale), spingendo altri a fare altrettanto. Non stupisce, dunque, che le storie dell’ateismo e dell’omosessualità siano soprattutto tentativi di ricostruire l’esistenza di individui vissuti velati, perché le società in cui vivevano reprimevano e punivano comportamenti di questo tipo. E che anche i sociologi contemporanei siano così restii ad avventurarsi in ricerche su campioni inevitabilmente parziali. Si pensi ai politici che si avvicinano all’UAAR sostenendo di «pensarla allo stesso modo», ma di non poterlo dire apertamente. O a un Marrazzo che, ricorda Buffoni, «durante la sua vita pubblica non spese mai parola a favore di gay e trans, ignorò la battaglia per i PACS e i DICO, se ne guardò bene dal combattere all’interno del suo partito le posizioni clericali», mentre sul suo sito si leggeva che la famiglia era «la sua grande passione», il cattolicesimo la sua religione. Si pensi ai vescovi anglicani di cui Outrage! rivelò, nel 1994, l’orientamento omosessuale, e al fatto che il primo ateo a tutto tondo, secondo Michel Onfray, sia stato Jean Meslier, un curato.

Le discriminazioni di cui sono stati (e in misura fortunatamente minore sono ancora) vittime omosessuali e increduli sono state incomparabilmente maggiori nelle civiltà in cui ha prevalso il monoteismo: o, per usare l’espressione preferita da Buffoni, il «retaggio abramitico». È solo affrancandosene che, ritiene l’autore del Laico alfabeto, diventa possibile «coniugare la riflessione sull’omosessualità a quelle sull’ateismo e sulla diffusione della cultura scientifica», precondizione necessaria per arrivare a «una vera e profonda accettazione dell’omosessualità nelle nostre società». «Immagine diversa e contro-intuitiva del mondo», l’ateismo, anziché essere una privazione, rappresenta piuttosto «un arricchimento, una acquisizione culturale» indispensabile per opporsi a chi, rimasto fermo a testi sacri redatti nell’età del bronzo, non riesce in alcun modo «a digerire Darwin».

Originale vocabolario arricchito da poesie e approfondimenti, il Laico alfabeto è un utile momento di riflessione per chi vuol inquadrare le battaglie laiche da un ulteriore punto di osservazione. Il libro andrebbe però consigliato (o regalato) soprattutto a quegli omosessuali cattolici, come Gianni Geraci, che disapprovano la presenza degli attivisti atei e agnostici ai Gay Pride: autentiche vittime della sindrome di Stoccolma, tanto incapaci di individuare le ragioni delle discriminazioni che patiscono da attaccare chi vuole lottare con loro per eliminarle.

 

Raffaele Carcano

novembre 2010