di Franz Buggle e Edgar Dahl
Una volta, il filosofo inglese Richard Robinson raccontò la storiella d’un pastore che, a due atei moralmente inattaccabili, sbottò a dire: «Ragazzi miei, proprio non vi capisco. Io, se non credessi in Dio, mi farei un vita da sballo!».1 Si parla spesso, infatti, del beneficio derivante dall’avere una religione: che al fedele essa dice chiaro e tondo da dove viene e dove va, che gli dice ciò che deve fare e non fare. In effetti, una tale religione può essere di grande giovamento, giacché offre al credente un senso di sicurezza, e gli infonde conforto e speranza; conferendo insomma alla sua esistenza quel sentimento globale a cui la maggior parte di noi anela così disperatamente. Sennonché, ed è ciò a cui allude il significativo aneddoto di Robinson, ogni religione ha anche il suo prezzo!
Quanto sia alto questo prezzo, lo sanno valutare il più delle volte soltanto quelli che debbono pagarlo: le coppie di coniugi minacciate, in quanto «peccatori mortali», della pena eterna perché usano mezzi di contraccezione; lo sa l’uomo separato e quindi accusato di vivere in «stato peccaminoso»; lo sanno gli omosessuali, il cui affetto viene bollato d’infamia come cosa «contronatura»; lo sa la ragazza stuprata che, secondo la dottrina cattolico-romana, è costretta a far nascere il figlio del suo violentatore.2 Tutti costoro conoscono il prezzo. Infatti, non gli resta che scontarlo: devono vivere nella costante paura di essere preda del fuoco eterno dell’inferno.
Vero è che molti cattolici lasciano che il papa dica quel che gli pare, senza curarsi del giudizio della loro Chiesa. Ma non tutti sono altrettanto liberi. Oggi come ieri, infatti, i pastori fanno sapere alle loro pecorelle che le manchevolezze di questo mondo avranno la loro infernale contropartita. E così, di recente, dalla bocca di religiosi romani e tedeschi è toccato di riascoltare il proclama: l’inferno esiste! Non è dunque un simbolo, ma una realtà. E nessuno può essere cristiano cattolico, senza credere al fuoco eternamente divampante dell’oltretomba.3
Certo, ad ogni psicologo clinico sono ben noti i casi di «nevrosi ecclesiogene»: sono pazienti che soffrono di sensi religiosi di colpa, persone affrante sotto il peso della propria fede.4
Responsabili di queste sofferenze sono quei cupi dogmi promulgati dalla Chiesa da secoli, e che ancora oggi vengono inculcati nella più tenera età in ogni bambino sottoposto a battesimo: la dottrina del «peccato originale», secondo cui ciascuno di noi ha peccato in Adamo, la dottrina della cruenta morte espiatoria di Gesù, secondo cui il figlio di Dio si è immolato per le nostre colpe, fino a quell’orripilante dogma calvinista - altrettanto giustificabile in base alla bibbia - della «doppia predestinazione», su cui il poeta C. Ferdinand Meyer scriveva già inorridito: «Come ho detto, io non comprendo nulla di teologia, ma mio zio, canonico a Freiburg, uomo dotto e degno di fede, mi ha assicurato essere un assioma calvinistico che un poppante, prima che abbia fatto qualcosa di buono o di cattivo, fin dalla culla è destinato all’eterna beatitudine oppure votato all’inferno. E questo è troppo orribile per essere vero!».5
Per chi osserva dall’esterno, sarà facile ridere di siffatte favole e assurdità. Ma per lo psicologo, che vede bambini e adulti piegarsi e patire sotto tali sovrastrutture, il caso si pone con drammatica serietà. E non può non concordare con Nietzsche, il quale disse una volta: «Bisogna aver visto da vicino questa condanna, meglio ancora, bisogna averla vissuta in se stessi, anzi bisogna esser quasi naufragati in essa, per non poterci più scherzare sopra».6 Parte non piccola dei disturbi psichici è da ricondurre certamente all’educazione cristiana, cioè al modo e alla maniera in cui i ragazzini vengono precocemente «sottoposti a interrogatorio».7 Molti genitori continuano a credere che sia bene per il loro bambino frequentare l’insegnamento religioso. Ritengono che i loro figli là imparino a diventare persone rette e brave. Che gli faccia bene udire il discorso della montagna, la parabola del buon samaritano e la lezione dei dieci comandamenti. Che i figli imparino così ad onorare il padre e la madre, aborrendo dalla menzogna e dal furto. La realtà si presenta però in termini ben diversi. Giacché l’educazione all’amore del prossimo si accompagna con la palese strategia tesa ad ingenerare paura e insicurezza.
Per farsi un’idea precisa d’un tale cristiano, troppo cristiano indottrinamento religioso, è assai istruttivo osservare da vicino il Catechismo Verde. Così è stato chiamato il manuale scolastico, prescritto per molti anni dalla Conferenza Episcopale Tedesca, in base al quale venne istruita nella religione la maggioranza dei cattolici che oggi sono fra i 25 e i 35 anni. In quel testo i fanciulli di 8 e 10 anni leggevano che il buon Dio avrebbe castigato i trasgressori «coi tormenti del fuoco infernale» (pp. 256-265).8 Una pena che - viene subito aggiunto - non avrà mai fine, ma proseguirà per tutta l’eternità. Affinché nei fanciulli non nascano dubbi sulla precisione di quanto detto, ogni affermazione viene documentata e ribadita bellamente con citazione bibliche, perché tutto ciò che sta nel «libro dei libri» ha notoriamente «Dio per autore», non solo, ma fu scritto «con infallibile verità» (p. 92). E affinché questa «verità» si radichi più a fondo e ogni fanciullo riconosca con quanta serietà Dio faccia queste cose, ai bambini si propone il compito di ricercare gli esempi biblici del fatto che «Dio minaccia qualcosa e poi attua la sua minaccia» (p. 13). In conclusione, gli scolari vengono sollecitati a pensare al «Tribunale del Dio santo e giusto, al purgatorio e all’inferno» e a riflettere ancora su questo «Quali punizioni ho io meritato per i miei peccati?» (p. 175).
Da notare come i peccati che comportano eterni castighi infernali non siano solo le trasgressioni ai dieci comandamenti. Come ogni alunno può apprendere, a quelli si aggiungono anche il mancare alla messa domenicale senza importanti motivi (p. 210), il distacco dalla fede cattolica (p. 163) e l’uscita volontaria dalla Chiesa (p. 123). Più in generale - come si dice chiaramente ai fanciulli - solo la Chiesa cattolico-romana può condurre gli uomini all’eterna beatitudine e salvarli dall’incombente perdizione (p. 106). Per queste affermazioni, almeno, non si adducono citazioni dalla Bibbia.
Di fronte a tali minacce, anche l’osservatore più indulgente dovrà ammettere che la pedagogia cristiana ha interessi ben maggiori che insegnare ai bambini di amare il loro prossimo come se stessi. È infatti palese che qui si cerca di rendere insicuri i fanciulli intellettualmente immaturi, anzi inermi e impreparati, rendendoli dipendenti da chi gli impartisce la dottrina: essi vengono catturati nelle loro paure in modo ben programmato, tenuti al guinzaglio per mezzo dei loro «peccati» e incatenati così alla Chiesa. Si mostra qui con evidenza ciò che Friedrich Nietzsche diceva cent’anni orsono: la Chiesa vive del peccato.9
Come la Chiesa non si faccia tanti scrupoli pur di impadronirsi della coscienza di ingenui fanciulli, lo mostra anche il Manuale di fede per le classi 3 e 4, edito dalla diocesi di Friburgo.10 Anche qui vengono inoculati nei piccoli i più astrusi sensi di colpa. Di nuovo si cerca di suggestionarli, insinuandogli che essi stessi hanno colpa del fatto che Gesù fu crocifisso. Per cui essi devono pregare in questi termini: «Salvatore sulla croce! Ti ho fatto tanto male, certo io ne ho colpa, redentore in croce […] grande è il tuo dolore. Guarda a me con misericordia, tanto è malvagio ciò che ho fatto […] Tu muori per me!» (Cap. I, 86). Inoltre, ai bambini si impartiscono compiti come questo: «Colleziona immagini del redentore sofferente e medita su di esse! Incolla un santino nel tuo quaderno e scrivici sotto: “Gesù è stato ferito a causa dei nostri misfatti”» (Cap. I, 83). Oppure, in modo addirittura macabro: «Compito: disegna gli attrezzi del martirio: martello, chiodi e tenaglia! Scrivi sotto: “Ti ringrazio, o Signor Gesù Cristo, che sei morto per me; fa che il tuo sangue e la tua pena per me non siano stati invano”» (Cap. I, 86).
È una pazzia, certo, ma c’è pure del metodo: si inculca e martella nei bambini che il sangue di Gesù lorda le loro mani, e che soltanto la Chiesa li può lavare dalla loro colpa e preservarli dall’eterna dannazione. Non fa meraviglia, dunque, che i piccoli si prostrino davanti alla croce e preghino compunti:
Abbi pietà, padre, di me,
perdona i miei peccati,
altrimenti non potrò starti dinanzi
né trovare salvezza!
O Dio, tu conosci tutti i peccati
che ho fatto al tuo cospetto.
Abbi pietà, abbi pietà!
Vedi quanto è misera la mia sorte;
indulgi a tutte le mie colpe […]
(Cap. III, p. 22)
È così facile far nascere nei bambini sentimenti di colpa e di angoscia, anziché educarli all’amore e al rispetto per se medesimi!
Da qualche tempo, perfino i teologi ammettono apertamente che non di rado l’insegnamento religioso altro non è che «un incubo sotto la croce». E si rammaricano che ai bambini si racconti di un Dio che costituisce uno spauracchio per i fanciulli, di «uno che non solo vendica il male, ma lo fiuta dappertutto, uno che nel tenero e confuso cuore dei piccoli annusa e cerca di stanare senza posa il male».11
Per quanto grande possa essere questo rammarico, una cosa è certa: non potrà cambiare granché di questa intimidazione verso i fanciulli. Perché il Dio della bibbia è in ultima analisi un dio che emana angoscia e paura. Egli è difatti lo «sterminatore dei primogeniti», come lo definisce fieramente il Nuovo Testamento (Epistola Ebrei, 11, 28). È il Dio che fa uccidere bambini innocenti solo per punire un faraone incallito (Mosè 2, 12, 29). Quello che esalta il giudice Jephte quale eroe della fede perché gli sacrifica sua figlia (Ebrei 11, 32). Quello che mette alla prova l’ubbidienza di Abramo, ingiungendogli di uccidere suo figlio (Genesi, 22, 1). Quel dio che dice: «Beato chi piglierà i tuoi bambini e li sbatterà contro le rocce» (Salmo 137, 9). E che non cessa di incitare a bagni di sangue e a guerre di sterminio: «Così parla il Signore alle schiere degli eserciti: annienta Amalek ed esegui l’ostracismo su di lui e su tutto quanto possiede; non risparmiarlo, ma uccidi uomini e donne, fanciulli e poppanti» (Samuele 1, 15, 27).
Bisogna ammetterlo, per quanto a malincuore: lo stesso amatissimo Gesù attizza siffatte paure infantili. Dice infatti: «Ma io vi mostrerò chi dovete temere; temete colui che, dopo aver ucciso, ha potestà di gettare nella geenna. Sì, vi dico, temete Lui» (Luca 12, 5). A tutti coloro che dubitano delle sue parole egli annuncia: «Chi non avrà creduto, sarà dannato» (Marco 16, 16). E di continuo, perfino nel celebratissimo ma poco letto Discorso della montagna, Gesù è lì a minacciare con l’inferno, col «fuoco che non si spegne mai» (Matteo, 5, 29). E, per finire, il «principe della pace» arriva ad annunciare che egli stesso procederà alla punizione dei peccatori: «Il Figliuol dell’uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco. Quivi sarà il pianto e lo stridor dei denti» (Matteo, 13, 41 seg.).12 E dunque, come si potranno preservare i più piccoli da questo «dio dell’amore», senza sbugiardare la «Sacra Scrittura», senza sconfessare la «parola di Dio»? Questo rappresenta un grave dilemma. Perché una via di scampo, l’unica, la si può raggiungere solo pagando il prezzo dell’ipocrisia e della insincerità: continuando ad occultare ai bambini il vero volto del Dio biblico!
Note
- R. Robinson, An Atheist’s Value, Oxford, p. 137.
- P. De Rosa, Il Vaticano: abbandonato da Dio?, Monaco 1993; H. Herrmann, Lasciare le Chiese, sì o no?, Amburgo 1992.
- Cfr. Der Spiegel 26/1992.
- Cfr. K. Thomas, Disturbi sessuali per effetto di nevrosi ‘ecclesiogene’, in Sexualmedizin 8/1989, pp. 382-87.
- C. F. Meyer, Das Amulett, Stoccarda 1970, p. 18.
- F. Nietzsche, Der Antichrist (1888).
- Cfr. T. Moser, Avvelenati da Dio, Francoforte 1976.
- Tutti i dati si riferiscono alla II edizione del Grüner Katechismus del 1965.
- F. Nietzsche, op. cit., p. 229.
- Cfr. nota 8.
- U. Ranke-Heinemann, Incubi sotto la croce, in Der Spiegel 52/1976; della stessa Nein und Amen (No e così sia), Amburgo 1993.
- Cfr. F. Buggle, Denn sie wissen nicht, was sie glauben, Rowohlt 1992.
L’autore
Franz Buggle, psicologo e sociologo, docente all’Università di Ratisbona (Regensburg); dal 1974 cattedratico di Psicologia clinica e dell’età evolutiva a Friburgo in Bresgovia, ha pubblicato nel 1992 Poiché non sanno quello che credono. Ovvero, perché non si può più essere onestamente cristiani (Rowohlt, Amburgo), non ancora tradotto in italiano.