di Martino Rizzotti e Giorgio Villella
L’UAAR sollevò più volte nei confronti delle massime autorità dello Stato il problema di porre fine alle discriminazioni nei confronti di atei ed agnostici e della loro associazione. Infatti, giusto o ingiusto che sia, è attraverso le associazioni che i cittadini stabiliscono i loro rapporti con lo Stato sul piano delle concezioni del mondo come su altri piani. I primi passi in questo senso non sortirono alcun effetto: del resto è esperienza comune, nel nostro Paese, che l’autorità statale snobbi completamente le richieste che non siano sostenute da lobby potenti.
Finalmente ebbe risposta l’ennesima domanda (vedi sotto) rivolta in data 6 aprile 1995 al Presidente del Consiglio, allora Lamberto Dini; tale risposta (vedi a lato) recava la data del 20 febbraio 1996 e la firma del Sottosegretario di Stato Lamberto Cardia. Apprezzammo che ci fosse stata concessa una risposta, ma non potemmo accettare che fosse negativa. Oltretutto essa contraddiceva l’intera giurisprudenza costituzionale in materia, la quale stabilisce che le norme riferite a confessioni e culti sono implicitamente estese agli enti che si pongono sul medesimo piano pur non avendo carattere religioso. Diversamente - è ovvio - si configura una discriminazione. Questa è la ragione per la quale presentammo al Consiglio di Stato un lungo e argomentato ricorso formalmente rivolto, come da prassi, al Presidente della Repubblica. Tale ricorso non ha ancora ricevuto una risposta ufficiale, ma dovrebbe riceverla in tempi brevi.
Martino Rizzotti e Giorgio Villella