E Dio creò l’uomo e lo tassò

di Baldo Conti, Firenze

Il nostro criterio di valutazione di cose e fatti dipende, con buona probabilità – per non dire certezza – dall’approccio che noi abbiamo con la vita. Infatti possiamo accettare acriticamente, come dogma, qualsiasi cosa noi troviamo nel mondo che ci circonda al momento della nascita, dando per buono tutto ciò che altri hanno detto e fatto prima di noi – e forse andava tutto bene in quel tempo quando certe leggi e/o consuetudini furono codificate – condividendo il culto del passato e della tradizione; oppure abbiamo il coraggio di mettere sempre tutto in discussione, di dubitare di tutto (com’è in uso nell’ambito della ricerca scientifica), di guardare solo al futuro e, conseguentemente, di rifiutare il passato con tutte le sue eventuali “radici” anche se questo scandalizza molti. È pure probabile che la nostra “scelta” di vita non sia poi proprio una scelta vera e propria, ma sia qualcosa di già codificato nel nostro patrimonio genetico sommato all’educazione ricevuta nella prima infanzia. È un po’ questo il dramma umano - Passato o futuro? Conservatorismo antiquario o modernità? Certezze o fascino dell’ignoto? - ed è anche questo che condiziona le nostre scelte e la posizione che assumiamo giornalmente su una qualsiasi decisione.

Il tutto inizia – almeno nel nostro mondo cosiddetto occidentale – con la Bibbia, insieme eterogeneo e incoerente di “rotoli” di pergamena ritrovati in Palestina e dintorni, scartati, accettati, selezionati, modificati, interpretati – ognuno a modo proprio – da santoni, sacerdoti, filosofi, teologi, uomini di Concilio, etc. etc. Un insieme quindi di fatti (reali o inventati) e di leggende avvenuti alcune migliaia di anni fa nell’ambito delle tribù “beduine” del Medio Oriente e, quindi, codificazioni di leggi e disposizioni, da alcuni ritenute “divine”, adatte – come tutte le norme – solo per quel periodo storico e solo per quelle popolazioni. È noto che in ambito cattolico impera molta ignoranza sulla Bibbia, specialmente in Italia grazie al divieto della sua lettura e conseguente eventuale “pericolosa” interpretazione, durata dal 1129 (Sinodo di Tolosa) fino al 1870, quando i bersaglieri entrarono in Roma da Porta Pia seguiti dai “colportori” inglesi. Ma se scorriamo il “libro sacro” troviamo i primi accenni alle “dècime”, anche se è presumibile che la loro nascita sia anteriore. Particolarmente nel Levitico, nei Numeri, nel Deuteronomio e marginalmente con cenni in altri “libri” sempre della Bibbia (anzi direi “delle Bibbie”, dato che ne esistono di cattoliche, protestanti, interconfessionali e così via), nella Bibbia ebraica, nel libro dei Mormoni, etc., troviamo cenni e descrizioni di questa consuetudine (“dettata e ordinata da Dio a Mosè”). In sostanza – all’origine – si trattava di dare alla privilegiata tribù dei Levìti – destinati da Mosè guarda caso al sacerdozio – la decima parte del raccolto o del bestiame, e poi anche del denaro, con la solita discriminazione tra maschi e femmine, in cambio del perdono per i peccati commessi.

Era, quindi, un grosso affare. Erano i primi timidi accenni della nascita della futura industrializzazione moderna, ma con una sottile differenza. Mentre noi tutti sappiamo che le industrie automobilistiche, farmaceutiche, tessili, ecc., producono non certo per beneficenza o altruismo, ma per loro costituzione a solo “scopo di lucro” e quindi il meccanismo è chiaro a tutti, la dècima era una tassa ideata per ottenere un introito in cambio della disonesta promessa di un improbabile perdono di Dio per i presunti “peccati” commessi. Quindi una truffa odiosa e colossale a danno specialmente dei più deboli, degli ingenui e degli sprovveduti.

Ed ecco che entra qui in gioco il grande “valore” della tradizione. È incredibile che il sistema sia proseguito immutato fino a oggi, migliaia d’anni dopo. Troviamo, dai documenti consultabili anche in rete, tracce di dècime in tutti i periodi storici – in Italia e altrove – con tutti i particolari necessari ed è evidente la nostra perplessità di fronte a un’enorme “truffa” impunita di questo tipo. Medioevo e Rinascimento non ne sono stati immuni e risulta così sorprendentemente in parte “decimato” anche il periodo della Rivoluzione Francese (rivoluzione che fa sempre molta invidia all’italiano medio testimone smarrito della sola Controriforma). Ovviamente il tutto imposto da papi, codificato da Concilî, sostenuto dal conforto “spirituale” di tanti dotti uomini quali Ambrogio, Agostino, S. Giovanni Crisostomo, S. Tommaso d’Aquino, etc., e nonostante la successiva e vivace opposizione della Riforma. Da non credere! E oggi, 2006 anni convenzionalmente dopo la nascita di Cristo, la dècima prosegue così imperterrita che nell’ambito di alcune confessioni religiose si chiama ancora proprio dècima e può essere volontaria o obbligatoria (come per gli “Avventisti”).

Si legge – per esempio – nel sito della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno: «Noi siamo gli amministratori di Dio che ci ha affidato tempo e opportunità, capacità e beni, ricchezze dalla natura e sue risorse. Noi siamo responsabili nei suoi confronti del loro giusto uso. Riconosciamo la sovranità di Dio mediante un leale servizio, offerto a lui e ai nostri simili, restituendo la dècima e dando le offerte per la proclamazione del Vangelo e per il sostentamento e lo sviluppo della sua chiesa. L’amministrazione è un privilegio offertoci da Dio per coltivare l’amore e riportare la vittoria sull’egoismo e l’avarizia. L’amministratore cristiano si rallegra delle benedizioni che gli altri ricevono come risultato della sua fedeltà (cfr. Gn 1:26-28; 2:15; 1 Cr 29:14; Ag 1:3-11; Ml 3:8-12; 1 Cor 9:9-14; Mt 23:23; Rm 15:26,27)».

Ma oggi, nell’ambito della nostra Italia laica e repubblicana, tutto questo – invece che dècima – viene definito “Otto per mille” con una sola piccola trascurabile differenza: che la dècima ancora in vigore in alcuni contesti al di fuori del cattolicesimo è talvolta “volontaria”, mentre il nostro “Otto per mille” impostoci per legge dallo Stato è obbligatorio (alla faccia della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto delle idee di tutti i cittadini!), visto che chi non firma da ugualmente il suo contributo alla Chiesa cattolica. È una legge truffaldina ben organizzata, non c’è che dire: complimenti al suo ideatore, meno complimenti ai cosiddetti “laici” che l’accettano e non si sa bene se per un qualche interesse economico personale o perché credono davvero d’essere perdonati dei loro peccati da un improbabile Dio? Il dubbio rimane. Il meccanismo (legge 222/85) lo conosciamo molto bene tutti ed è anche per questo che come UAAR ci battiamo da tempo. Era certo più “laica” l’Italia subito dopo l’unificazione, visto che con la legge n. 4728 del 14 luglio 1887 lo Stato soppresse «le dècime e altre prestazioni stabilite sotto qualsiasi denominazione in qualunque modo corrisposte…». Nel periodo che grosso modo va dall’Unità d’Italia al Concordato fascista del 1929, tutta la questione fu in parte definita e regolata dalla Legge delle Guarentigie (13 maggio 1871) che concedeva pur sempre dei grossi privilegî al Vaticano anche se in tono minore rispetto al passato.

Lo ribadisco: resta il fatto sconcertante che dopo alcune migliaia di anni l’Homo sapiens, quello “scimmione” che è sceso nelle sconfinate praterie dagli alberi delle grandi foreste e oggi costruisce grattacieli, che si è liberato dalla gravità ed è volato sulla Luna, che riesce a comunicare agevolmente utilizzando per strada telefoni cellulari ed SMS, che ha visto nascere genî quali Galileo Galilei, Charles Darwin, Albert Einstein e tanti altri, sia ancora schiavo di usanze tribali e non riesca a rendere autonomo il proprio pensiero, ma subisca ancora il sopruso e l’inganno di aruspici, stregoni e sacerdoti di qualunque credo che con l’ingegnosa e sgradevole scusa di Dio carpiscono buona fede e denaro al prossimo. E non è una questione di laicità, ma d’autonomia mentale e di buon senso (ecco perché alle nostre latitudini si privilegia morattianamente l’ignoranza piuttosto che la cultura e la ricerca scientifica), visto che la “laicità” ha perduto ormai il suo significato e la sua connotazione originaria con le dichiarazioni di tanti politici che si sono dichiarati laici nonostante appaiano in modo evidente a tutti e siano effettivamente dei “preti in borghese”. A quando il riscatto della nostra società e dell’umanità intera? Quante decime dovremo ancora pagare prima di poter ritornare in possesso della fiducia nel futuro e nella libertà?

Bibliografia

  • R.D. Disegni (a cura di). Bibbia ebraica, Giuntina, Firenze 1995, 4 vol.
  • La Bibbia (in lingua corrente) Editrice Elle Di Ci e Alleanza Biblica Universale, Torino-Roma 1985, 482 pp.
  • Istituto Giovanni Treccani. Enciclopedia Italiana 1931. Milano, Rizzoli, Vol. XII.
  • G. Luzzi. La sacra Bibbia, Libreria Sacre Scritture, Roma 1982, 1032 pp.
  • Il libro di Mormon. Mormon, Milano 1995, 214 pp.
  • A. Penna e S. Ronchi. Il protestantesimo. Universale Economica Feltrinelli, Milano 1981, 280 pp.
  • G. Spini. Disegno storico della civiltà. Ed. Cremonese, Firenze 7. Ed. 1963, Vol. III.
  • G. Tourn. Italiani e protestantesimo: un incontro impossibile? Claudiana, Torino 1997, 256 pp.
  • avventisti.it (24 febbraio 2006)
  • Legge sulle Guarentigie (dal sito dell’Università di Clermont, 26 febbraio 2006)
  • Legge sulle Guarentigie (da Tesionline, 26 febbraio 2006)
  • “Politica” è una parolaccia? (da Golem, 26 febbraio 2006)