di Carlo Bernardini
Molte sono le attività umane dalle quali i “minori” sono esclusi. Ovviamente, non prendo in considerazione, per ovvî motivi, quelle che comportano rischi per l’integrità fisica e la salute: nessuno ammetterebbe che un bambino di 2 anni fumasse o consumasse alcolici o guidasse un’automobile (per motivi ben diversi tra i primi due e il terzo caso). I casi che m’interessano sono quelli che riguardano l’apprendimento e la natura delle cose apprese. Penso, infatti, con Bertrand Russell, che i primi anni dell’infanzia siano prevalentemente dediti alla cosiddetta “inferenza fisiologica”, una modalità di formazione delle “rappresentazioni mentali” (della cultura, quindi) che prelude a quella filosofia spontanea che va sotto il nome evoluto di “induzione”. La “deduzione” è una modalità a più stadî che, generalmente, arriva molto dopo, quando si è in grado di formulare domande a partire da premesse ritenute ovvie (assiomi) per ricavarne conclusioni non altrettanto ovvie. Questo processo deduttivo raggiunge la sua operatività più evoluta con la matematica, non a caso ritenuta il più difficile degli obiettivi culturali.
Ebbene, anche l’integrità mentale dei bambini dev’essere salvaguardata da una certa gradualità delle loro acquisizioni. Si potrebbe pensare che siano le strutture razionali a produrre i problemi, ma invece non è così. Semmai, i problemi nascono dal rumore di fondo dell’irrazionale che, nelle sue varianti ludiche o tradizionali, si frappone allo sviluppo delle conoscenze individuali soppiantandole. Per la mia esperienza personale, i bambini non accettano le favole come sostituti della realtà se l’adulto non forza il racconto al di fuori del suo ambito fantasioso. Generalmente, il possesso del linguaggio proposizionale arriva quando l’inferenza fisiologica ha fatto il suo lavoro: il bambino ha già verificato che gli oggetti pesanti, nella realtà, cadono e sa che possono schizzare in alto da soli esclusivamente nelle favole. Dunque, un criterio di verità si è già affermato, per induzione, in relazione alla realtà fenomenica comune. Non così, però, per uno degli aspetti dell’apprendimento: quello avallato dall’autorità degli adulti. Se un adulto dice a un bambino che un gatto nero che attraversi la strada porta disgrazie, o che ci sono persone che sanno predire il futuro, o che un fantomatico uomo nero è preposto a punizioni gravissime, l’infante accetta la parola dell’adulto come sinonimo di verità. L’adulto è “colui che sa”.
Ma l’adulto, per fini più o meno accettabili, può immettere nelle rappresentazioni mentali infantili elementi che condizioneranno fortemente i comportamenti dell’adolescente e, poi, dell’individuo completamente sviluppato. Una comunità di “adulti organizzati” può facilmente condizionare i minori che in essa hanno avuto la ventura di vivere, semplicemente arrogandosi il diritto di insegnare loro ciò in cui “devono credere” (a volte anche se non ci credono loro stessi, ma solo perché alla loro comunità “conviene”). Si può facilmente convincere fanciulli anche dotati dell’opportunità di distruggere un popolo “nemico”, della convenienza di mandare a morte i ladri, del fatto che i ricchi sono bravi e operosi e i poveri sono delinquenti e fannulloni; e sto trascurando la plètora delle credenze che i più considerano innocue (superstizioni, miracoli, fortune e sfortune e così via). Ogni criterio di convivenza accettabile può essere facilmente messo in crisi o distrutto dividendo la popolazione in chi crede e chi non crede in qualcosa. Se questa incauta attività culturale si concreta nella costituzione di poteri riconoscibili, il conflitto è inevitabile.
Come non ravvisare in tutto ciò un delitto da codice penale? La denominazione è presto fatta: “indottrinamento precoce di minori non in grado di intendere e di volere”. La mia esortazione (che riecheggia il titolo di una raccolta di aforismi di Schopenauer, in verità inventato da Anacleto Verrecchia) è questa: “O si pensa o si crede”. Ma, allora, cerchiamo di essere spregiudicati abbastanza per parlare anche, senza la paura dei contraccolpi inevitabili, di certi poteri inventati nel corso dei millenni. Un tipo di questi sono le religioni. Leggete Le varie forme dell’esperienza religiosa di William James: è illuminante. Osservate anche che l’appartenenza a una religione piuttosto che a un’altra è, nella stragrande maggioranza dei casi, un accidente geografico. Le differenze religiose sembrano un caso ideale di “definizione di un nemico”, in situazione d’assoluta reciprocità tra le parti. Oggi, molti religiosi apparentemente illuminati insistono sul potere unificante dell’idea di dio: ma, credetemi, è una trappola. Il clero cattolico o quello islamico sono strutture di potere che hanno come loro obiettivo primario l’autoconservazione e però nascondono questo obiettivo dietro il possesso di una verità superiore, ciascun la sua. Parole di significato suggestivo come “rivelazione”, “legge divina”, e simili autorizzano a sfornare precetti che devono essere somministrati ai minori quando non sono in grado di procurarsi da soli criterî di validazione. E così, accanto a ovvietà biologiche come l’onore da rendere al padre e alla madre o come il divieto di uccidere, si ingiunge di santificare le feste (il fascismo voleva le adunate in camicia nera), di non avere altro dio all’infuori di quello locale, di non desiderare la donna d’altri (ignorando elementari pulsioni erotiche non necessariamente aggressive nel puro desiderio).
L’effetto di queste intrusioni di verità confezionate da un clero è l’esatto equivalente, se praticato su bambini, dei virus che gli hacker, o pirati informatici che dir si voglia, immettono in un computer non ancora munito di software di protezione. Ho letto che Ibsen, festeggiato di recente in Norvegia, era convinto che la religione paralizzasse la capacità di accedere a molte delle felicità elementari umane. Ebbene, tutto questo non dovrebbe portare a una legge che vieta categoricamente la somministrazione di pensiero religioso, in ogni forma, ai minori? Il che si può realizzare solo nella modalità, chiarissima, indicata da Deaglio qualche anno fa: ogni educazione dei minori deve essere somministrata etsi deus non daretur. Ogni intrusione negli insegnamenti che non sia a carattere storico fenomenologico deve essere esplicitamente condannata come “corruzione”. Il fatto che una religione abbia preso piede in una società non consente di usare la “tradizione” come criterio di verità che, a sua volta, una fazione politica, il clero di quella religione, userà per esercitare un potere. Il “potere spirituale” non esiste; è un’invenzione retorica di comodo che identifica semplicemente uno dei modi in cui il potere può agire su una popolazione per ottenere dei vantaggi non altrimenti giustificati.
Sono pertanto dell’idea che il tasso di guerre e anche di delitti individuali si ridurrà sostanzialmente se le ideologie religiose saranno ricacciate nello spazio intoccabile delle opinioni individuali dopo avere perso ogni carattere socialmente prescrittivo. Questo dovrebbe entrare nella costituzione e dovrebbe essere sostenuto con leggi dello Stato. Penso che sia l’obiettivo di civiltà più alto e difficile che possiamo proporci. Il potere clericale ha ormai invaso tutti i Paesi, sviluppati e non; fa proseliti proprio sfruttando l’indottrinamento precoce. Una misura della difficoltà la dà proprio il discredito in cui si tenta di gettare la parola “anticlericale”. Ebbene, ricordatevi che è la parola chiave, perché va al cuore del sistema di potere che, attraverso di essa, si tramuta da spirituale a temporale. Il che non vuole dire che i preti siano tutti dei poco di buono; ma questo non basta per inginocchiarsi a pregare con loro.
Note sull’autore
Carlo Bernardini, ordinario di Metodi matematici per la Fisica all’Università di Roma “La Sapienza” e direttore della rivista Sapere, è noto in tutto il mondo per i suoi lavori di fisica, ma anche per la verve di polemista e divulgatore scientifico e per i suoi molteplici impegni nella vita civile e sociale, soprattutto per la pace e per la scuola. Il suo nome, oltre che a innumerevoli contributi teorici, è legato alla realizzazione della capostipite di quelle macchine che hanno fatto la storia della fisica delle alte energie, l’Anello Di Accumulazione (ADA).