La somma raccolta è stata di € 31.827,52.
Grazie mille!
Rassegna stampa sulla campagna
L’idea dei bus “atei” è stata della British Humanist Association: è stata poi ripresa negli Stati Uniti, in Australia, in Spagna, in Germania, in Svizzera, in Canada, in Brasile, in Croazia, in Finlandia, in Svezia. È stata ripresa, e anche abbastanza presto, anche in Italia: l’UAAR è stata pronta a fare la sua parte in questa iniziativa di promozione dell’incredulità a diffusione ormai mondiale.
«La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno». Il messaggio scelto dall’UAAR è stato ideato in Italia: era un messaggio che voleva invitare a riflettere, con l’aggiunta di un pizzico di fiducia e ottimismo in chiave umanista. Un messaggio che voleva evidenziare la praticabilità di un’etica senza dogmi, in un Paese dove da ogni parte si avverte la pervasività della presenza cattolica.
Proprio per questo motivo, l’UAAR decise di lanciare la sua campagna a Genova, la diocesi guidata dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Nulla di male in questo, ovvio: la Chiesa ha e deve continuare ad avere libertà di parola. Purché vi sia adeguato spazio anche per chi cattolico non è. L’UAAR, pagando questa campagna pubblicitaria, voleva riconquistare all’incredulità un po’ di quella par condicio che i mass media stentano a riconoscerle. Voleva anche ricordare alle autoritità politiche che non è così indispensabile dire sempre sì alle gerarchie ecclesiastiche, che anche i non credenti sono cittadini come gli altri e che la laicità dello Stato è un principio costituzionale.
Il risultato, da questo punto di vista, è stato sconfortante: il cardinale Bagnasco si è detto «ferito» e la concessionaria della pubblicità sugli autobus genovesi ha censurato lo slogan UAAR. L’UAAR ha così presentato un nuovo slogan, una sorta di testimonianza di quanto accaduto («La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. Quella ottima, è che credono nella libertà di espressione»). Slogan che è stato accettato, ma che si è deciso di riservare alla sola città di Genova: nel resto d’Italia l’UAAR ha proposto alle concessionarie locali il primo slogan.
Un obiettivo non facile, poiché il mercato è di fatto monopolizzato dalla IGPDecaux, proprio la concessionaria che le ha detto di no a Genova. E obiettivo fallito, perché tutte le concessionarie ci hanno risposto di no. I legali dell’UAAR stanno esaminando come difendere legalmente il diritto (costituzionale) dei non credenti alla libertà di espressione.
L’UAAR ha tuttavia deciso di non mollare. Da una parte ha lanciato i manifesti atei, con lo stesso slogan bocciato a Genova: i primi sono stati affissi a Pescara, con il consueto corollario di polemiche e la ‘nuova’ minaccia di Forza Nuova di staccarli usando la forza. Poi è riuscita a farli affiggere a Genova, proprio la città dove le stesse parole non potevano circolare sugli autobus; e in seguito anche a Cernusco sul Naviglio (MI), Venezia-Mestre, Modena, Reggio Emilia, Papozze (RO), dove sono stati fatti togliere da un magistrato perché ritenuti «offensivi» della religiosità della popolazione. In seconda battuta, ha deciso di lanciare un nuovo slogan, e ha chiesto a soci e simpatizzanti di formulare le proprie proposte: il Comitato di coordinamento dell’associazione ne ha fatte proprie nove, e sono stati poi gli stessi navigatori a scegliere la migliore. L’UAAR ha quindi proposto a IGPDecaux il nuovo slogan («La buona notizia è che anche Zeus non esiste. Quella cattiva, è che solo di Zeus puoi dirlo»), ma la concessionaria, su richiesta dell’azienda di trasporti milanese, ha chiesto che l’associazione eliminasse la frase dalla firma di accompagnamento («Liberi di non credere in Dio»): mostrando così platealmente, se ancora ce ne fosse bisogno, che in Italia non c’è vera libertà di non credere! L’UAAR ha detto ‘no’, e domenica 17 maggio ha pubblicato a pagamento su Repubblica (poi ripresa anche su Left e Internazionale) una pagina con cui, partendo dalle censure ricevute, ha spiegato ai lettori chi sono e quanti sono i non credenti in Italia, qual è la loro etica e perché in Italia l’affermazione della laicità è sempre più indispensabile.
La campagna si è poi conclusa con uno spot radiofonico, Non credo, trasmesso dal 6 al 17 luglio sul circuito di Popolare Network.
L’UAAR ha anche ottenuto, dalla relativa autorità preposta, un’autorizzazione preventiva a diffondere sugli autobus londinesi la traduzione dello slogan bocciato da IGPDecaux (”The bad news is that God doesn’t exist. The good one, is that you don’t need one“). L’UAAR non si è avvalsa di questa facoltà, sia perché ha voluto che la campagna si svolgesse in Italia, sia perché i costi di una campagna nella capitale inglese sarebbero stati molto alti. L’associazione ha tuttavia voluto seguire anche questa strada per rimarcare, una volta ancora, come il diritto a esprimere convinzioni non religiose sia diversamente tutelato all’interno dell’Unione Europea.
Gli atei e gli agnostici italiani sono milioni, dicono le inchieste sociologiche. Nel loro stesso interesse, è tempo che escano dal silenzio e facciano percepire alla popolazione italiana la loro consistenza. La nostra campagna ha avuto anche questo obiettivo.
L’UAAR ringrazia ancora una volta tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita dell’iniziativa. La campagna per la visibilità di chi non crede si è conclusa con due notizie, una buona e una cattiva. Quella cattiva è la conferma del fatto che atei e agnostici nel nostro paese sono ancora discriminati, tanto da non permettere loro di comprare, regolarmente, uno spazio pubblicitario. Quella buona è che la battaglia per il riconoscimento dei loro diritti è condivisa da tantissimi cittadini. Le premesse per trasformare l’Italia in uno stato realmente laico ci sono: occorre ora impegnarsi per realizzarlo.