La nostra famiglia non ha ancora avuto modo di accedere alla sentenza del TAR veneto del 17/3/2005 che rigetta il ricorso da noi presentato sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche.
Per questo motivo ci possiamo basare soltanto su quanto pubblicato dal Corriere del Veneto nell’edizione di oggi giovedì 24/3/2005.
Vorremmo innanzitutto segnalare l’atteggiamento incoerente del TAR del Veneto, che a suo tempo sollevò il dubbio di incostituzionalità del crocifisso in aula (dubbio non risolto dalla Consulta solo per difetto di competenza) salvo poi contraddirsi oggi con una sentenza tendente a statuire surrettiziamente le radici cristiane della laicità della Costituzione italiana.
Ricordiamo infatti che la sentenza originale che rinviava alla corte costituzionale la vicenda diceva tra l’altro: «la presenza del crocifisso viene obbligatoriamente imposta agli studenti, a coloro che esercitano la potestà sui medesimi e, inoltre, agli stessi insegnanti: e la norma che prescrive tale obbligo sembra così delineare una disciplina di favore per la religione cristiana, rispetto alle altre confessioni, attribuendole una posizione di privilegio che, secondo i rammentati principi costituzionali, non può trovare giustificazione neppure nella sua indubbia maggiore diffusione, ciò che può semmai giustificare nelle singole scuole, secondo specifiche valutazioni, il rispetto di tradizioni religiose - come quelle legate al Natale o alla Pasqua - ma non la generalizzata presenza del crocifisso».
In secondo luogo esprimiamo il nostro sconcerto nei confronti di una sentenza basata non già su norme e riferimenti giuridici, bensì frutto dell’elaborazione in chiave confessionale delle convinzioni filosofico-dottrinali dei giudici: è arbitrario infatti voler sostenere che il crocifisso è compatibile con la laicità dello Stato solo perché eminenti uomini di Stato di religione cattolica hanno approvato il vigente testo costituzionale.
Le sentenze che, anziché fondarsi sulle leggi e sulle norme, si fondano sulle ideologie, sono caratteristiche dei governi dittatoriali in cui il diritto viene calpestato dal regime vigente. Che nel caso dell’Italia, in base a quanto affermato nella sentenza del TAR, si presenta come un regime teocratico governato dalle gerarchie vaticane, paragonabile ad alcuni di quelli spesso additati come esecrabili e da cui l’Europa sembrava essersi affrancata da un paio di secoli.
Per quanto sopra esposto, ci riserviamo di appellarci al Consiglio di Stato, augurandoci che in questa occasione il nostro caso non sia valutato da giudici che, per un malinteso senso della libertà di religione, tendano ad assegnare ad essa più garanzie di quanto la legge espressamente non preveda.
Abano Terme