«Ci ripensi, le diamo ancora quindici giorni»: questa la risposta della CEI presentata a chi faccia richiesta di ritirare il proprio nome dai registri dei battezzati. Peccato che al termine dei quindici giorni, la CEI faccia valere un principio di silenzio assenso: non ti sei fatto risentire? Allora sei ancora battezzato: sei ancora cattolico, anche se non lo vuoi. L’UAAR è perciò corsa ai ripari, pubblicando sul suo sito il nuovo modulo per lo sbattezzo, in cui si declina gentilmente l’invito al ripensamento, offerto, altrettanto gentilmente, dalla Chiesa Cattolica.
«Non capiamo proprio perché la CEI passi tanto tempo a occuparsi di noi» – spiega Raffaele Carcano, segretario nazionale dell’UAAR – «È la seconda volta in un anno che dobbiamo riscrivere i moduli per lo sbattezzo: la volta scorsa si trattava di informare il parroco che, se avesse divulgato i dati dei suoi aspiranti ex parrocchiani, avrebbe commesso un illecito. Adesso ci troviamo a chiedere di non tergiversare».
L’idea di proporre i quindici giorni per il ripensamento e di rendere necessaria una seconda raccomandata per rendere effettivo lo sbattezzo è arrivata direttamente dal Vaticano, con una nota del 24 novembre del 2006, che il presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi ha imposto alla CEI e il cui contenuto è stato ribadito da un articolo pubblicato su Civiltà cattolica (il periodico dei gesuiti, con l’imprimatur del segretario di Stato vaticano), uscito nell’ottobre scorso a firma Ottavio de Bertolis.
Il modulo può essere scaricato dal sito dell’UAAR, dove si trovano anche altre informazioni sull’iniziativa.