di Simone Russo
Sono un ragazzo di 17 anni e dopo varie riflessioni sono diventato ateo (da circa due anni). La maggior parte delle persone che conosco sono (o si dichiarano) cattoliche. Penso che a causa della loro istruzione cattolica, che hanno ricevuto sin da piccoli, vivano una vita sostanzialmente infelice.
Un cattolico dovrebbe essere perennemente tranquillo, essendo sicuro che esiste un Dio che dopo la morte lo accoglierà nel suo regno; invece tutti i credenti che conosco si interrogano spesso sulla vita, ma non lo fanno da filosofi, bensì con timore e paura. Vedono la morte con sospetto, non fanno che pensare al tempo che passa troppo velocemente, si scambiano sgomenti pensieri negativi sulla vita. Quando sentono una brutta notizia, non prendono semplicemente atto della cosa, o fanno commenti del tipo «guarda che gente esiste al mondo», ma si chiedono come sia possibile che Dio permetta il succedere di cose simili. La verità è che neanche loro riescono più a credere nei vari dogmi / vangeli / testi sacri, ma quando gli sorgono dei dubbi semplicemente smettono di pensare e li reprimono.
Una mia parente una volta mi confessò addirittura che lei fa fatica a credere, e nonostante ciò va in chiesa molto spesso, non mangia carne il venerdì, è andata in pellegrinaggio a Medugorje, e ha in progetto di andare a visitare la tomba di padre Pio.
Ho quindi concluso che il fedele non crede, ma vuole credere e soprattutto è convinto di credere.
Al contrario i pochi atei o agnostici che conosco, tra cui io, prendono veramente la vita con serenità, se la godono, e soprattutto il loro amore verso gli altri è disinteressato e sincero.
Avrei molto altro da aggiungere, ma non voglio dilungarmi troppo. Ho però un’ultima osservazione da fare: ho verificato, come ha detto anche Piergiorgio Odifreddi, che la maggior parte dei credenti non sa neanche cosa voglia dire “immacolata concezione”, mente molti atei conoscono bene la Bibbia e i Vangeli, oltre a essersi documentati criticamente utilizzando altre fonti.