di Marco Bazzato
Il Capo dello Stato Vaticano ha sbagliato durante il suo intervento a Ratisbona. Ha sbagliato nella forma e nella sostanza.
Nel suo discorso Benedetto XIV, nel nome del teorico dialogo interreligioso, come da lui dichiarato nelle sue giustificazioni pubbliche, nell’unico passo dove si riferisce alla religione islamica, ha citato un brano «del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d’inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue». Fu poi presumibilmente l’imperatore stesso ad annotare, durante l’assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402, questo dialogo; si spiega così perché i suoi ragionamenti siano riportati in modo molto più dettagliato che non quelli del suo interlocutore persiano. Il dialogo si estende su tutto l’ambito delle strutture della fede contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull’immagine di Dio e dell’uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le – come si diceva – tre “Leggi” o tre “ordini di vita”: Antico Testamento – Nuovo Testamento – Corano. Di ciò non intendo parlare ora in questa lezione; vorrei toccare solo un argomento – piuttosto marginale nella struttura dell’intero dialogo – che, nel contesto del tema «fede e ragione», mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema.
Nel settimo colloquio (διάλεξις – controversia) edito dal prof. Khoury, l’imperatore tocca il tema della jihād, della guerra santa. Sicuramente l’imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: «Nessuna costrizione nelle cose di fede». È una delle sure del periodo iniziale, dicono gli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l’imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il “Libro” e gli “increduli”, egli, in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava. L’imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole…», omettendo però una cosa che su cui il tanto vituperato Oscar Luigi Scalfaro ha sempre posto l’accento: la par condicio.
Certo un discorso da teologo, dove la grandezza delle parole tende a omettere, dimenticare, che la storia del papato, proprio nello stesso periodo storico cui si riferisce il dotto imperatore bizantino, era funestata da papi non proprio specchio di cristianità e amore per il prossimo – tant’è vero che in quel tempo esisteva la corte d’Avignone, dove i pretendenti al trono pontificio amavano scambiarsi reciproche scomuniche come i bambini si scambiano le figurine dei calciatori, e i falò innalzati per arrostire gli eretici illuminavano le piazze delle città e delle campagne come fari sulla scogliera, per indicare al popolo villano la via della vera fede.
Un altro punto che lascia interdetti è il fatto che il Sommo Pontefice abbia affermato che le frasi da lui citate non corrispondano al suo pensiero personale. È poco illuminante che una così alta carica istituzionale terrena, e vicario di Cristo, debba pronunciare frasi o affermazioni che non appartegono al proprio pensiero e alla propria visione, facendo sorgere il dubbio che il discorso da lui pronunciato non sia tutta farina del suo sacco, perchè potrebbe portare a pensare che tutte le cose positive della propria religione appartengono al proprio pensiero, mentre quelle relative a un’altra religione, le cita, ma non le sente proprie. E se le parti fossero invertite?
Davanti a questo increscioso “increscioso incidente diplomatico”, si è avuta la stessa sensazione di trovarsi davanti a una pubblicità comparativa mal riuscita. Nel campo della pubblicità, però sarebbe intervenuto il garante della concorrenza a ristabilire l’ordine, mentre nel campo del buon senso religioso bisogna affidarsi al salis in zucca dei contendenti a singolar tenzone.
Credo che urga un chiarimento più ampio, non tanto sotto forma di scuse ufficiali all’Islam, ma una decisa presa di posizione, perchè non possono essere imputati ad alcun dio i comportamenti aberranti che da entrambe le parti vi sono stati nel corso dei secoli, e che l’islam estremista non rappresenta in alcun modo oltre un miliardo di fedeli sparsi sul il globo terrestre, e che questi spauriti ma pericolosi gruppi nulla hanno a che fare con la fede, o con la religione, qualunque essa sia.
3Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? 4O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? 5Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello (Mt. 7:3-5).
36Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una» (Lc. 22:36).
51«Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52D’ora innanzi in una casa di cinque persone 53si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc. 12:51-53).