Dario Bernazza
Mondadori
2000
ISBN:
880425503X
Sui massimi problemi dell’esistenza, intorno al senso ultimo delle cose della vita discorre in questo libro, con piana sensatezza ed energia persuasiva, il popolare scrittore Dario Bernazza, il quale non è un filosofo di professione, ma un uomo raziocinante - si potrebbe dire una forza pensante «naturale» - che, nell’offrire una «soluzione», propugna un atteggiamento improntato a conseguente ed intransigente agnosticismo.
- Questo libro non è una costruzione metafisica (…), ma vuole essere soltanto una comunicazione, una partecipazione, una confidenza… ecco, una «umana» confidenza che io faccio al lettore circa i dubbi, le certezze, i fermenti, le riflessioni, le deduzioni, i ragionamento, ecc., che a poco a poco mi hanno condotto a risolvere i problemi di Dio e dell’aldilà col più rigoroso agnosticismo (Introduzione, p. 13).
- Le religioni chiedono all’uomo la fede proprio perché egli possiede la ragione (nessuna religione, infatti, ha mai chiesto la fede a un animale); ma poi esigono che non la usi, esigono che la fede sia «cieca», esigono che la ragione sia tacitata, sacrificata, annullata. Ma che avrebbero da temere, dalla ragione, se fossero «davvero sicure» di essere la verità? (23)
- L’opera dei preti. Da quando lo battezza, fino a quando lo seppellisce, il prete non perde di vista l’uomo neppure per un giorno soltanto, […] Che dire, poi, della loro sapienza scenografica? (…) Dunque il bisogno di Dio non è innato, non è naturale, bensì è un anelito che nasce e cresce man mano che si vive, man mano cioè che si subisce l’influenza e il condizionamento dei fattori accennati in questo capitolo, e di altri simili (41).
- Inutilità della ricerca metafisica. Consideriamo per un momento il problema metafisico per eccellenza: il problema Dio. Perché non siamo e non saremo mai in gradi di risolverlo? Perché, soprattutto, ignoriamo e ignoreremo sempre il significato stesso della parola Dio (47).
- Tratos. In realtà nessuno sa a chi si riferisca o che cosa voglia dire la parola Dio. Può voler dire tutto e il contrario di tutto. […] Proviamo a sentire quale sensazione provoca in noi la frase: «il creatore e reggitore dell’universo è Tratos». Qual è la nostra prima reazione? Ovviamente, è quella di chiederci: e chi è Tratos? (48)
- Teologie. Perciò coesistono numerose teologie: perché nessuna di esse può fornire le prove di essere quella «giusta». […] Come si vede, la differenza tra scienza e teologia è sostanziale. […] Tutti coloro che continuano a sostenere che la teologia è una scienza come tutte le altre, sono pregati di rinunziare a tale affermazione: essa è un’offesa non tanto alla nostra intelligenza, quanto alla loro (60).
- Anima e aldilà. Padrona, la fede, che le cose stiano così come vuole la religione: la fede può credere tutto e il contrario di tutto. Ma la ragione no. […] La fede e la ragione si escludono a vicenda, per cui credere di conservare «inalterato» l’uso della propria ragione - se si ha la fede - è un’illusione (77).
- Carità cristiana. Così la carità cristiana si è rivelata poco più che un palliativo («Per la povera gente abbiamo fatto più noi socialisti in quarant’anni» - disse una volta un socialista ai cristiani - «che non voi in duemila!») (83).
- Etica razionale e etica religiosa. In verità l’etica religiosa è irrimediabilmente fallimentare. Difatti, più un popolo è «supinamente» religioso, più sono misere le condizioni in cui vive; in altre parole, più impera l’etica religiosa, più il modo di vivere diventa irrazionale e quindi miserevole. […] Il fatto è che l’etica religiosa, più che fare, «dice»; mentre l’etica razionale, più che dire, «fa» (86-88).
- L’esistenza del male. Tutto il mio essere si rifiuta categoricamente di accettare «questo tipo» di Dio proposto dalla religione cattolica. […] L’impossibilità di accettare un Dio siffatto è la ragione principale per cui mi sono allontanato dalla religione nella quale sono stato battezzato ed educato (110).
- Redenzione. L’unica «vera» redenzione in cui l’uomo può sperare è quella che può scaturire da se stesso, ossia dal proprio rinsavimento… Per potersi «redimere», insomma, l’uomo deve decidersi una buona volta ad usare la ragione come va usata, come non l’ha mai usata (120).
- Fede «cieca». Ma siccome, fra tante religioni, una sola - al massimo - può essere quella vera, ne consegue che chi crede in tutte le altre, assolutamente e chiarissimamente crede «ciecamente» il falso (128).
- La fede nei grandi uomini. Tutta la fede di tutti gli uomini non può influenzare minimamente la realtà di un atomo, come non può riuscirvi tutta la loro miscredenza. […] Quante menti superiori non hanno creduto a cose vere, e viceversa? Per esempio, tutti i grandi uomini credettero, prima di Copernico, che fosse il Sole a girare intorno alla Terra. Tutti i grandi uomini. E dunque? Dunque la verità è «tale» a prescindere dalla fede o dalla miscredenza di chicchessia (132).
- Rivelazione, profezie, miracoli. Costituiscono tutti la fragilità delle prove addotte dalla religione. […] Soffermiamoci un momento a riflettere sulle ragioni per le quali Dio dovrebbe operare dei miracoli; […] Come si vede, non è possibile sapere le ragioni vere che spingerebbero Dio ad operare un miracolo (152).
- Male non può fare… Molte persone ritengono che la fede sia comunque un conforto, un rifugio, una consolazione… e specialmente nei momenti di più grave afflizione. Persino alcuni atei la pensano in questo modo […] (172)
- È fondamentale appurare con certezza se la fede dia più di quanto non tolga, o se tolga più di quanto non dia; e quanta sia la differenza che intercorre tra ciò che toglie e ciò che dà […] (173).
- Professare una fede. Si tenga presente che credere con «vera» convinzione è difficile quanto non credere con «vera» convinzione e che, perciò, si perviene alla decisiva definizione della propria fede - o non-fede - solo dopo una lunga, seria, disinibita e tenace meditazione (193).
- Ateismo e agnosticismo. Dio è semplicemente un quid, e un quid può essere tutto e il contrario di tutto. È per questo che sostengo che solo Dio può risolvere il problema Dio (197).
- È onorevole smettere di interessarsi di problemi metafisici e arroccarsi nell’agnosticismo […] Occorre che l’uomo abbandoni il più presto possibile la partita metafisica e che se ne stia tranquillo e sereno nel più sereno e tranquillo agnosticismo, tutto dedito alle cose di questo mondo […] il che non può dispiacere a nessun Dio, se esiste. Anzi, se esiste, Egli sa bene come stanno le cose: e quindi sa di essere, per l’uomo, un problema insolubile (199).
- Se la ragione è l’uomo, tutto ciò che è contro la ragione è contro l’uomo. Un uomo che vive prescindendo da Dio e dall’aldilà, in quanto la loro esistenza è indimostrata e indimostrabile; e che non professa religione alcuna, essendo chiaro e dimostrato che ognuna di esse non può non essere inattendibile (222).
L’Autore
Dario Bernazza (Priverno, LT, 1920), oltre al libro succitato, ha pubblicato con successo La migliore maniera di vivere, O si domina o si è dominati, La soluzione del problema vita e altri titoli di filosofia pragmatica (La migliore maniera di vivere) assai apprezzati dai lettori italiani.
Luciano Franceschetti
Giugno 2000\