In un paese migliore, un’associazione come l’Uaar non dovrebbe nemmeno esistere. Perché la ragion d’essere dell’Uaar, il riconoscimento dei diritti civili laici, è già inscritta nell’articolo 3 della Costituzione e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Se l’Uaar esiste, non è certo per criticare gratuitamente la religione. È invece nata per contribuire a innovare un paese pesantemente condizionato in senso confessionale. Difende la libertà di espressione, ma non pratica e non invita a praticare la blasfemia. Argomenta, non urla.
L’Uaar è nata per rappresentare gli atei e gli agnostici e le loro idee, per tutelare i loro diritti civili, e per affermare il principio costituzionale di laicità dello Stato.
Il problema principale, in Italia, non è rappresentato dalla religione. È rappresentato invece dagli atteggiamenti supini che una classe politica clericale mantiene nei suoi confronti.
L’Italia è un paese dove si può essere censurati se si tenta di scrivere che Dio non esiste e dove è praticamente impossibile ascoltare in televisione una critica alle gerarchie ecclesiastiche.
Gli atei e gli agnostici sono tollerati. Purché rimangano zitti.
Eppure gli atei e gli agnostici non sono affatto pochi: circa dieci milioni. Pochi lo sanno perché pochi lo dicono, ma vivono in questo paese da prima che nascesse il cristianesimo e il loro numero è in costante crescita. Secondo gli studi disponibili, rispetto alla media della popolazione sono più giovani, più istruiti, più aperti al nuovo, più rispettosi di chi è considerato “diverso”.
Ma nemmeno i sociologi hanno il coraggio di evidenziarlo.
Bene, l’Uaar è al servizio di quei dieci milioni.
Senza imporre nulla a nessuno. Vuol ascoltare cosa hanno da dire. Vuol far conoscere quanto di bello c’è nelle loro vite e nelle loro idee. Vuole portare le loro istanze alla classe dirigente. Vuole aiutarli a difendere le loro ragioni in tribunale. Vuole un paese in cui nessun ateo e nessun agnostico debba essere stigmatizzato, patire ingiustizie o pagare qualche conseguenza. Vuole un paese in cui credenti e non credenti abbiano gli stessi diritti di cittadinanza all’interno dello spazio pubblico. L’Uaar è anche al servizio di ogni cittadino. Perché è interesse di ogni cittadino avere uno Stato laico non solo in teoria, ma anche in pratica. È per questo motivo che l’Uaar vuol stare al fianco:
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delle donne che lottano per i propri diritti;
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della comunità e delle persone LGBTIQ che si battono per l’ottenimento degli stessi diritti delle persone e delle coppie eterosessuali;
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di chi quotidianamente difende la ricerca scientifica e il pensiero critico;
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dei genitori che vogliono educare i propri figli senza imposizioni identitarie e ideologiche, affinché essi possano scegliere a ragion veduta una volta adulti;
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dei giovani che vogliono coltivare liberamente i propri progetti di vita, esprimendo le proprie capacità senza subire influenze religiose;
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di coloro che hanno il coraggio di dichiararsi atei in paesi in cui, a farlo, si rischia persino la pena di morte.
Pensiamo che si possa costruire, insieme, una società contraddistinta da un reale pluralismo e dal pacifico rispetto delle scelte e dei diritti individuali. Tuttavia, perché i diritti civili laici divengano legge occorre un’associazione fortemente rappresentativa. Finché la stragrande maggioranza dei politici avrà atteggiamenti clericali, di un’associazione come l’Uaar, che non si schiera con nessun partito e non fa sconti a nessuno, ci sarà sempre un gran bisogno.
Finché anche un solo non credente sarà costretto a fingere di essere credente, l’Italia non potrà essere considerato un paese realmente libero, civile, laico e democratico.
Ognuno può valutare quanto e come agiamo. Ma c’è ancora tanto, tantissimo da fare.