Un filosofo della scienza e uno scienziato che non disdegna di filosofare dialogano amabilmente sugli argomenti a loro cari. È questo, in estrema sintesi, il contenuto del breve libro La libertà della vita, tratto dai colloqui intercorsi per la preparazione delle conferenze The Future of Science, e la cui pubblicazione è stata curata dalla genetista Chiara Tonelli. Un’occasione stimolante per discutere di temi controversi o normalmente ritenuti tabù, occasione che Giorello e Veronesi hanno senz’altro saputo cogliere, pur nella brevità del testo.
Le riflessioni scaturiscono da una frase di Spinoza («ogni cosa, per quanto è in essa, si sforza di perseverare nel suo essere») e dalla constatazione che «già nella cellula opera un’intelligenza che mira alla sopravvivenza». E trattano immediatamente del senso della vita: o, meglio ancora, sul senso da dare alla vita. Impostazione tipicamente laica, che in quanto tale – inevitabilmente – si scopre contrapposta alle morali religiose, che un senso della vita non solo lo affermano perentoriamente, ma cercano di imporlo a tutti. Veronesi lo evidenzia chiaramente, nel ritornare sul problema della sofferenza: «Il divario è netto: per me e per molti altri come me, la sofferenza fisica e lo stesso malessere fisico rappresentano una degradazione della vita; le dichiarazioni cattoliche, invece, insistono sul valore della sofferenza in quanto parte del piano salvifico di Dio». Ma anche Giorello si unisce alla denuncia delle ingerenze ecclesiastiche: «Si sente spesso denunciare il rischio di finire in balia di un’élite di scienziati… Ma non è peggio cadere nelle mani di un’élite di superesperti che pretendono di stabilire cosa sia buono e giusto, oppure cosa sia contro natura? Un’élite, vale la pena di ricordare, di persone selezionate per lo più in base al loro credo politico o religioso…».
È una contrapposizione che difficilmente può arrivare a una composizione, perché le stesse posizioni fideistiche non sono improntate a coerenza: ad esempio, la Chiesa cattolica è contraria a ogni manipolazione del DNA, ma è molto più permissiva quando si tratta di OGM. Non di rispetto delle supposte “leggi naturali” si tratta, dunque, ma di una posizione religiosa basata sulla sacralizzazione dell’uomo. Si può osservare che è proprio così che si estrapola l’uomo dalla natura e lo si colloca in un’altra dimensione: più nietzschiani di Nietzsche, viene da commentare.
Non sorprende, dunque, una rivendicazione formulata da Giorello, che assume quasi la fisionomia di un programma politico: «Alcuni dei divieti oggi sostenuti dalla Chiesa cattolica, o anche da esponenti di altre grandi religioni, costituiscono degli ostacoli sotto lo stesso profilo conoscitivo. Per questo penso che debba essere implacabile la lotta per rimuoverli». In passato, uomini timorati di Dio tentarono di opporsi alla diffusione degli occhiali sostenendo che non bisognava contrastare l’Onnipotente, se il suo volere era che qualcuno vedesse poco e male. È facile per Giorello evidenziare ancora una volta la differenza tra etica laica e morale religiosa: «Scegliamo di avere sempre la possibilità di cambiare idea! […] Mi chiedo se sarà mai possibile introdurre una simile logica del cambiamento nelle stesse tradizioni religiose». Chi scrive non è così ottimista, e non ha un orizzonte di vita tale da poter stare ad aspettare secoli.
Il dialogo, come detto, affronta di petto anche temi “caldi”, poco appetiti anche dai mass media più innovativi. Uno di questi, ad esempio, è l’allungamento della vita. Veronesi marca il punto: «In passato ho scritto del diritto di morire. Vorrei ora aggiungere che vi è anche un dovere di morire». Non senza ricordare che i non credenti affrontano spesso l’ultimo passo con maggior dignità dei credenti. Altri temi sono anche più scabrosi: dalla caduta della morale religiosa laddove non è stata insegnata (ad esempio nell’URSS) al principio di precauzione, fino alla sempiterna polemica, soprattutto cattolica, sull’ascendenza darwiniana (più precisamente “galtoniana”) dell’eugenetica nazista: Giorello ha ragioni da vendere, riproponendo l’uso di termini come “eugenetica correttiva” o di “eugenica” per identificare le sperimentazioni su soggetti consenzienti. Altri passaggi toccano temi quali il rapporto tra clonazione e trasgressione, con una gustosa divagazione sulle ricadute sui rapporti di coppia e la ricerca dei partner.
Il libro si chiude rileggendo l’iniziale frase spinoziana secondo l’ottica della qualità della vita: «Lo sforzo di perseverare nel proprio essere non vuol dire solo sopravvivere, ma anche vivere meglio». E si chiude su un punto sul quale i pareri divergono: del resto, a mio avviso, è impresa veramente ardua trovare due laici completamente d’accordo su tutto. La contrapposizione ha luogo sull’indole della razza umana: Veronesi suggerisce che la ricerca dovrebbe impegnarsi nell’eliminazione del gene dell’aggressività, suscitando così la piccata risposta di Giorello, che vede nella proposta un tentativo di tarpare l’atteggiamento critico. «Lasciamo tempo al tempo», concede Veronesi. Sperando che sia possibile, anche in futuro, discutere pacatamente di argomenti come questi.
Raffaele Carcano
Dicembre 2006