Essere atei è, tutto sommato, una faccenda abbastanza semplice: è sufficiente non credere in una divinità. Paradossalmente ma non troppo, è invece molto più difficile parlarne, e soprattutto scriverne. Andare oltre l’affermazione iniziale (anzi: la negazione iniziale) significa aggiungere del “contenuto”: e tale contenuto, nell’ateismo, è dato da ogni singolo ateo. Libero, a differenza dei fedeli, di dare il senso preferito alla propria vita.
È forse questo il motivo per cui la trattazione dell’ateismo sconfina quasi sempre in un ambito etico o ontologico. Nelle librerie, i libri sull’ateismo li troverete quasi tutti nel settore filosofico, come anche le (rare) storie dell’ateismo, che spesso consistono in una cronologia del pensiero dei filosofi atei. Tutto ciò può anche creare soddisfazione tra i miscredenti, perché suggerisce che la loro concezione del mondo ha una credibilità intellettuale più alta di quella dei credenti. Non esistono santini di Ludwig Feuerbach, statuette di Richard Dawkins o televisioni satellitari che, di notte, trasmettono il fermo immagine della cripta in cui è stato sepolto Bertrand Russell (anche perché Bertrand Russell non è stato sepolto in una cripta). Ma suscita talvolta anche imbarazzati silenzi, quando viene richiesto di spiegare con un minimo di dettagli in cosa consista l’ateismo.
Non esistono infatti corsi di ateismo. O, meglio, non esistevano fino a poco tempo fa. Il breve corso Cos’è l’ateismo, ideato dalla British Humanist Association, è stato pubblicato sul sito UAAR. Un altro corso, sicuramente più ambizioso, è stato scritto da due professori spagnoli, uno di fisica e uno di filosofia, ed esce ora anche in Italia, meritoriamente pubblicato da Castelvecchi. Entrambe le esperienze sono nate in risposta a orientamenti scolastici filoconfessionali: in Gran Bretagna il Syllabus di Bradford, supportato dal governo Blair, in Spagna il tentativo di reintroduzione dell’obbligatorietà dell’ora di religione cattolica avviato dal governo Aznar, e poi cassato da Zapatero.
Siamo di fronte a un agile testo particolarmente adatto agli studenti delle scuole superiori, che tuttavia potrà essere apprezzato anche dagli adulti alla ricerca di un’introduzione all’ateismo, e perfino da credenti curiosi. Gli autori hanno avvertito la necessità di presentare un testo semplice, ma che allo stesso tempo consenta di «incoraggiare una riflessione critica». Consiste in sette lezioni, ognuna delle quali è seguita da sette «esercizi pratici di conversazione»: il tutto è incorniciato da una Giustificazione e da un Discorso di chiusura.
In questo caso, semplicità non ha significato anche banalità. I temi trattati sono intuibili: l’esistenza di Dio, la morale, il progresso, la scienza. Non mancano passaggi provocatorî, come quando si afferma che «il primo obbligo dell’ateo consiste nel credere in tutti gli dèi»: nel senso di credere nella loro esistenza sociale e storica, e nella necessità che ha portato gli uomini e le società a concepirli. A qualche lettore non piaceranno, forse, certi accenti leggermente militanti e la convinzione, un po’ troppo determinista, sulla tendenziale diminuzione del fenomeno religioso. Gli stessi autori si dicono tuttavia consci che «nessun organismo si lascia morire o si suicida». Le confessioni religiose non lasceranno dunque il passo così facilmente, e per difendersi accentueranno il proprio fanatismo. Da questo punto di vista, quindi, «il fondamentalismo può essere definito come la difesa irrazionale di una religione che non può sopravvivere di fronte all’incalzare della Storia».
Il Corso accelerato si rivela dunque una lettura stimolante, tanto da costituire un ottimo regalo per il neofita, quale un’eventuale traduzione dell’Atheist Debater’s Handbook di B.C. Johnson non potrebbe rivelarsi. Gli autori, in coda al testo, hanno peraltro preannunciato l’uscita di un Corso di dottorato in ateismo, che si prospetta altrettanto interessante.
Raffaele Carcano
Marzo 2007