Io ti assolvo

Etica, politica, sesso : i confessori di fronte a vecchi e nuovi peccati
Giordano Bruno Guerri
Dalai Editore
1993
ISBN: 
9788885989382

Come si comportano i sacerdoti con i fedeli che vengono a confessarsi? Quali effetti ha la confessione sulla vita di tutti? I principî e i comportamenti portati avanti dai sacerdoti, nel contesto della confessione, sono gli stessi della Chiesa presenzialista davanti ai riflettori e alle telecamere? Certo, all’apparenza un ateo (o un agnostico, a scelta) non dovrebbe farsi domande del genere, considerando che il sacramento della confessione gli è estraneo. La confessione sembra qualcosa di privato, intimo, personalissimo, un mondo che rimane relegato tra le pareti del confessionale e che ha effetti unicamente nella sfera della coscienza. In realtà, non ci vuole molta malizia per comprendere come la confessione rappresenti, tra le altre cose, anche una forma di controllo e di condizionamento tale da avere conseguenze sociali e politiche che si incidono anche sui non credenti, specie su divorzio, aborto, omosessualità e altre questioni etiche.

L’autore, noto per scritti critici come Povera santa, povero assassino (dedicato alla sospetta santificazione di Maria Goretti) e Gli italiani sotto la Chiesa. Da san Pietro a Mussolini, e per gli interessanti studi sul fascismo, si chiede infatti, da laico (anzi, da “ateo” vero e proprio, come anche lo chiama la risentita stampa vaticana), «quali effetti hanno provocato e possono ancora provocare i confessori mettendo in contraddizione la religione con l’etica laica e le leggi dello Stato? I sacerdoti sono davvero cittadini al di sopra di ogni sospetto? È sensato affidare loro, nel segreto dei confessionali, anche i bambini più piccoli?».

A queste e altre domande risponde con una serie di inchieste proprio “sul campo”, condotte nella maniera più semplice ed efficace (ovviamente bollata come sacrilega): fintosi un penitente e aiutato da due collaboratrici, si è recato in diverse chiese di molte città italiane, esponendo ai sacerdoti problematiche etiche, politiche e sessuali e registrando le confessioni. Il risultato è proprio questo libro, che raccoglie un centinaio di confessioni – alcune tragiche, altre tragicomiche, altre ancora solo comiche, ma tutte interessanti – introdotte da una puntuale digressione sulla storia del sacramento stesso e seguite da una conclusione in cui vengono tirate le somme.

Guerri, interessato unicamente dalle conseguenze sociali della fede, ritiene che questa inchiesta possa essere utile anche ai credenti, ai sacerdoti e alla Chiesa: i primi «potranno verificare quanto siano relativi i loro “peccati”, quanto sia umano il giudizio che viene loro garantito per divino», i secondi «avranno a disposizione uno specchio impietoso sul quale svolgere un profondo esame di coscienza», la terza «da sempre ha bisogno delle critiche, delle sollecitazioni, e persino delle violenze dei non credenti per progredire nell’immobilità che è insita in ogni fede». Ma soprattutto, a nostro avviso, questa opera serve ai sedicenti laici che confondono il rispetto con l’ossequio acritico, in modo che «non si intimidiscano o si scoraggino di fronte alla reazione ecclesiastica, come troppo spesso accade».

La tendenziale crisi del sacramento della confessione è una delle espressioni più evidenti della generale diminuzione della pratica religiosa, motivata dal fatto che la Chiesa ormai non sembra capace di dare risposte adeguate ai nuovi problemi posti dalla scienza, dalla società, dalla psicologia. Molti praticanti lo ritengono un atto formalistico, abitudinario, meccanico, oppure contestano che tra loro e Dio si metta “in mezzo” un prete. Il conforto che può dare la confessione appare sempre più insufficiente, sia per la differente attitudine e preparazione dei sacerdoti, sia perché la psicologia moderna può evidentemente superarla, indagando in maniera sistematica le cause del disagio e non limitandosi a dire «non farlo più». Tanto che la teologia ha tentato di adeguarsi ed evolversi dal Concilio Vaticano II, ma senza effetti considerevoli. I confessori in particolare «hanno manifestato la loro riprovazione per l’analisi e gli analisti, visti come concorrenti» e risultano comunque scollati dall’etica laica e spesso dal buon senso. I problemi sussistono in quanto «per la Chiesa la “legge divina” è superiore a qualsiasi logica e a qualsiasi legge, anche quelle dello Stato»: le confessioni quindi veicolano anche comportamenti antisociali, soprattutto con l’invito a non rivolgersi alle autorità civili per risolvere alcune questioni “in famiglia” – dato che basterebbe il perdono “di Dio”. In sostanza «i danni che ne derivano alla coscienza civile di un popolo sono incalcolabili, ma sotto gli occhi di tutti: per esempio nel caso di una classe politica democratico-cristiana che riesce a far convivere serenamente corruzione e pratica religiosa: la Chiesa ha responsabilità enormi nell’avere educato i cattolici a credere che del “peccato” si debba rendere conto soltanto a Dio e ai suoi rappresentanti»; inoltre, è ormai evidente che la confessione può comportare «danni immensi» nella psiche dei bambini, dato che la concezione del male viene elaborata non prima dei dieci anni, di norma. Mentre molti sacerdoti del nord Europa e dell’America si battono ancora per ritardare la prima confessione proprio per evitare traumi, la Chiesa mantiene la sua linea, con effetti negativi sui bambini (come riconoscono persino studiosi cattolici) e di conseguenza, sui futuri adulti: l’allora cardinale Ratzinger ribadiva infatti in una lettera pastorale del 1977 che la confessione è necessaria per accostarsi alla comunione, proprio perché – De Maistre docet«è nella prima età infantile che vengono poste le basi essenziali della vita umana».

Valentino Salvatore,
Circolo UAAR di Roma,
settembre 2007