Nel 1974 Mondadori pubblicò un libro curato da Christian Chabanis dal titolo Dio esiste? No. Rispondono… contenente ‘risposte’ di intellettuali del livello di Aron, Levi-Strauss, Ionesco, Morin. L’Italia non è la Francia, e la Mondadori attuale non è quella del 1974: il libro curato da Riccardo Zanello, dirigente del partito Democrazia Atea, non potrà dunque mai raggiungere quelle vette. Ma è comunque un’operazione meritoria, perché fa emergere come la società italiana sia ricca di non credenti, e come anche il numero di coloro che scelgono la strada dell’impegno attivo non sia così piccolo.
Il volume non trascura comunque personaggi noti: ci sono Laura Balbo («come soggetti laici della modernità siamo alla ricerca del senso profondo e del valore delle nostre esperienze: le parole sono ricerca e impegno, nell’ambito privato e individuale e nello spazio pubblico») e Sergio Staino («vivere senza Dio significa sostanzialmente non avere una giustificazione esterna alle tue azioni e quindi, necessariamente, un aumento di responsabilità»). E c’è l’attore Tullio Solenghi, che afferma che «vivere senza Dio significa mettere al centro della vita l’uomo, senza dipendenze, senza timori di punizioni, con le leggi morali che egli trova in sé, senza il bisogno di doversele far dettare da un’entità a lui esterna».
Ma, accanto a loro, trovano spazio anche coloro che hanno fatto dell’ateismo una ragione di impegno attivo, da Raffaele Carcano, segretario UAAR («vivere senza Dio significa semplicemente vivere: non vedo differenze tra il vivere e il vivere senza Dio. Trovo semmai difficoltà a concepire cosa significhi “vivere con Dio”»), a Carla Corsetti, segretaria di DA («se fossi credente dovrei ricondurre a un Dio, e non agli uomini, tutte le ingiustizie e le sofferenze, però sono atea e so che le ingiustizie e le sofferenze purtroppo sono inevitabili per la nostra specie»). Il giudice Luigi Tosti spiega che «tutti i “valori”che permeano le varie società umane (e che si traducono poi in “precetti”) non scaturiscono dall’alto ma derivano, al contrario, dalla natura sociale della specie umana». Calogero Martorana sottolinea che «tra un ateo e un credente l’ateo è immensamente più libero: la possibilità di ragionare senza “paletti” fantasiosi e a priori dogmatici è impagabile ed è irraggiungibile per un credente in qualunque religione o parapsicologia d’altro genere». Federico Gandolfi scrive che «un ateo è anticlericale se pensa di diffondere il suo pensiero. E mi auguro che sia anticlericale in tutti i campi, anche verso religioni laiche, politiche, economiche. Un ateo può essere sia di destra che di sinistra. La razionalità è un metodo applicabile a ogni filosofia politica».
Gli interventi sono una trentina, e tutti offrono qualche spunto di interesse. La scelta di pubblicarli nella forma di ‘intervista da cui sono state cancellate le domande’ li rende forse poco filanti, ma sono in ogni caso utili per formarsi un’idea sulle opinioni prevalenti nel mondo ateo contemporaneo. Un’inchiesta giovevole anche per tutti quei credenti che si sono fatti un’immagine dei non credenti basata sui racconti (e talvolta sulle leggende) diffusi dalle gerarchie ecclesiastiche. Quando, invece, vivere senza Dio è, in fine dei conti, una scelta particolarmente semplice da compiere.
Luciano Vanciu
Marzo 2011