È un po’ preoccupato il tono di Luigi Garlaschelli nella presentazione di questo volume: «cresce una voglia di occulto, di irrazionale, di paranormale», scrive. Guarda caso, anche i più importanti santuari cattolici sembrano essere gli unici a non soffrire della secolarizzazione incalzante. È dunque opportuno tornare, ancora una volta, a scrivere di ‘miracoli’: anzi, a tentare di analizzare tali fenomeni e il loro manifestarsi, perché se si afferma che certe cose accadono, è giusto e doveroso verificare «se e come» accadono. Con buona pace di Gould e dei magisteri «non sovrapponibili». Ed è doveroso farlo anche perché continuamente si affacciano nuove metodologie e nuovi studi che affinano la nostra comprensione delle malattie, e di come si può guarire da esse. Si pensi solo al fatto che la maggioranza dei ‘miracoli’ riconosciuti dalla Chiesa risale a un’epoca in cui non esistevano nemmeno le radiografie.
Non che sia facile, studiare i ‘miracoli’. I fedeli sono pronti a offendersi e a replicare furiosamente, come lo stesso Garlaschelli ha sperimentato di persona in occasione della sua seconda Sindone. Tra l’altro, è stata proprio la datazione al radiocarbonio del tessuto conservato a Torino a rappresentare una sorta di spartiacque in questo genere di ricerche: dopo che gli scienziati scelti dalla diocesi confermarono quanto già si supponeva, e cioè che il telo è di origine medievale, le gerarchie ecclesiastiche si sono fatte molto più prudenti. La Chiesa sembra infatti aver rinunciato a cercare il consenso della scienza e, contemporaneamente, a promuovere la devozione popolare. Ha scelto esplicitamente quest’ultima. Scordiamoci la possibilità di un esame approfondito del sangue di san Gennaro: sembra proprio che non lascerà più esaminare materiale che, in mano a ‘malintenzionati’, potrebbe essere utilizzato contro una consolidata (e spesso redditizia) tradizione.
Come Nero Wolfe, si è dunque costretti a esaminare i casi a distanza. Questa volta, il luogo dove si è compiuto il ‘delitto’ è Lourdes, uno dei più noti e prolungati campi di battaglia tra fede e razionalismo. Se l’intervento di Piergiorgio Odifreddi funge da pungente introduzione, i due saggi di Andrea Albini consentono di comprendere i meccanismi e soprattutto la ‘politica’ perseguita dalla Chiesa cattolica a riguardo delle canonizzazioni, che richiedono necessariamente il riconoscimento di almeno un miracolo.
Seguono poi diversi articoli che entrano nel merito di numerosi casi di guarigione considerati «inspiegabili» dalla Chiesa cattolica: e pertanto, attraverso un salto logico già di per sé errato, «spiegabili» soltanto attribuendo loro un’origine soprannaturale. La prima traduzione italiana del dossier realizzato nel 1957 dal medico Donald J. West è interessante, ma lo sono ancor di più i saggi che gli fanno seguito. Alla fine, il bilancio stilato da Francesco d’Alpa mostra che «i casi miracolosi immediatamente ‘visibili’, e che meglio riflettono l’immagine classica del miracolo (come ad esempio nel racconto dei Vangeli), sono pochissimi, tra i più carenti di prove ed i più vecchi […] poco o nulla documentati».
Inoltre, nei casi incerti i periti di parte scelgono quasi sempre l’ipotesi più improbabile, tanto che l’iter sembra tendere alla ricerca dell’eccezionalità, anziché a cercare di constatarla. Si è arrivati addirittura a cambiare le regole: se fino al 1983 la guarigione, per essere considerata straordinaria, doveva essere «istantanea», oggi si richiede invece un recupero più rapido rispetto ai tempi medi di recupero per patologie analoghe. E tuttavia il numero dei ‘miracoli’ cala costantemente nel tempo: quasi a confermare, come nota Garlaschelli, «che se i controlli e le verifiche sono prossimi a zero, l’intensità dei fenomeni sembra salire verso il cento per cento. Ma quando i controlli salgono verso il cento per cento, i fenomeni si riducono allo zero».
Se Anatole France, ai tempi della Lourdesmania di fine ‘800, poteva sornionamente riscontrare che vi si vedevano «tante stampelle, ma nessuna gamba di legno», ora è lo stesso ex direttore del Bureau Medical, Patrick Theillier, a sostenere che «non si è mai visto un soggetto Down guarire a Lourdes». Sono considerazioni che non hanno intaccato e non intaccheranno la fede (o meglio, il bisogno di credere) dei più assidui frequentatori di Lourdes. Ma nei confronti della cosiddetta ‘zona grigia’ si può e si deve continuare e affinare un meritorio lavoro di controinformazione. Specialmente in un paese, quale è il nostro, in cui il paranormale (religioso e non) dispone di spazi mediatici incomparabilmente più estesi del pensiero razionalista.
Raffaele Carcano
Dicembre 2011