Cattolici e violenza politica

L'altro album di famiglia del terrorismo italiano
Guido Panvini
Marsilio
2014
ISBN: 
9788831717533

Un filone storiografico, se non proprio inedito, sicuramente poco battuto quello che propone Guido Panvini in questo libro davvero imperdibile, di livello specialistico e con prolissità documentaristica notevole senza manierismi di sorta e dal tenore narrativo suadente. Quantomai utile in un Paese come l’Italia che non ha mai chiuso veramente, a differenza di altri, i suoi conti con la storia e che soffre di cronica smemoratezza. Finanche la recente rimozione dei cosiddetto “segreto di Stato” appare uno specchietto per le allodole e puzza di propaganda elettorale laddove i segreti in questione ricordano quelli di Pulcinella.

La narrazione, talvolta morbosa, che si è fatta degli “anni di piombo” spesso ha avuto due sole specificazioni cromatiche: si è parlato di terrorismo “nero” con smanie golpiste e di terrorismo “rosso” dal carattere più insurrezionalista, in mezzo servizi segreti deviati, depistaggi, collusioni e strategie della tensione. Si è però dimenticato di menzionare un altro terrorismo di matrice “bianca” che di quei terrorismi è stato mentore e ninfa egeria. Meno intraprendente forse e più mimetizzato (più stay behind), forse anche per questo meno conosciuto, anch’esso terrorismo bianco ha aleggiato come ombra sinistra dietro a tanta vicende torbide che hanno contrassegnato il Belpaese e alcuni dei suoi militanti hanno finito per confluire sui neri e sui rossi.

Il rapporto dei cattolici con la violenza è stato sempre abbastanza controverso sin dagli albori. La linea zelotista che si intravede finanche in Gesù e negli apostoli (che hanno appellativi che richiamano chiaramente nomi di battaglia) abilmente sfumata nei vangeli non appare affatto oziosa dal punto di vista esegetico nonostante non susciti unanimismi tra gli studiosi. Una certa tradizione teologica ha sempre oscillato tra la spada e l’ulivo, molto spesso facendo prevalere la prima.

Ma persino nel Novecento non sono mancati veri e propri gruppi eversivi che hanno avuto la condiscendenza di settori importanti delle gerarchie ecclesiastiche e connivenze internazionali che ne hanno supportato logistica e propaganda. Panvini riferisce di Avanguardia Cattolica Italiana (nata nel 1919 ad opera del cardinale di Milano Andrea Ferrari e attiva fino al 1948) e persino di una rete armata organizzata dai gesuiti nel meridione (tra il 1955 e il 1963), ma anche del Movimento di Azione Rivoluzionaria fondato da Carlo Fumagalli implicato nella strage di Brescia del 1974 con progetti di golpe “bianco” (in combutta con personaggi del calibro di Edgardo Sogno già fondatore del movimento Pace e Libertà, e ambienti monarchici e liberali ex partigiani). Come ancora di formazioni d’Oltralpe come la Citè Catholique e la Organisation Armée Segrète, formazione clandestina composta da nazionalisti, integralisti cattolici, militari golpisti ed estremisti di destra protagonista di una serie di attentati in Francia ed Algeria nei primi anni Sessanta e attiva in Italia (si parla anche di un suo ruolo nell’omicidio del presidente dell’Eni Mattei) per non parlare dell’attività dell’Acción Cristiana Ecuménica, finanziata dalla falange spagnola e dal governo franchista (che aveva un rapporto privilegiato con il cardinale Ottaviani capo del Sant’Uffizio) con ramificazioni in tutta Europa e in Italia legato ad Ordine Nuovo e alla Giovine Europa fino alle estreme propaggini di Gladio, struttura presente in quasi tutti i Paesi Nato.

Il cemento ideologico che ha legato questi gruppi era soprattutto un viscerale anticomunismo e una condanna senza appello del liberalismo frutto avvelenato della rivoluzione francese e in Italia in particolare, una dura critica alle aperture della Democrazia Cristiana alla sinistra (in particolare al Partito Socialista) accusata di non sapere adeguatamente fare fronte all’avanzata sovietica (ma anche cinese) che si riteneva essere dietro alle rivolte di piazza e al movimentismo operaio nel Vecchio Continente. La sindrome dell’assedio che si respirava in questi ambienti si manifestava oltre che nel citato duro attacco all’unico partito rappresentativo dei cattolici, anche nella campagna denigratoria contro il pontificato giovanneo e le aperture del Concilio che non aveva voluto condannare esplicitamente il comunismo, quintessenza dell’ateismo totalitario e che anzi aveva guardato con favore alle lotte di decolonizzazione nel Terzo Mondo.

Fumo negli occhi per costoro era lo scenario che vedeva la repressione dei cristiani e delle chiese nel blocco orientale, il nazionalismo arabo e l’affermazione dell’Islam nel Nord-Africa. Riferimenti ideali in tal senso apparivano i Cristeros messicani, i guerriglieri contadini che negli anni ‘20 si erano ribellati alle misure laiciste del governo di Plutarco Elias Calles, supportati da Pio XI che li aveva benedetti e in una famosa enciclica aveva legittimato il ricorso alle armi per la difesa della fede. Naturalmente la battaglia di Lepanto del 1571 assurgeva a simbolo della salvaguardia della cristianità mentre si celebravano i caduti della RSI e i martiri della guerra civile spagnola. Notevole eco ebbero la commemorazione dei Patti Lateranensi organizzata l’11 febbraio 1960 nella cripta della chiesa di San Giuseppe sulla Nomentana a Roma, dal gruppo cattolico-fascista Milizia romana (con tanto di messaggio augurale del cardinale Giuseppe Pizzardo) e soprattutto le messe in suffragio di Benito Mussolini, celebrate ogni anno il 28 aprile, anniversario della sua morte.

Il libro si sofferma poi sulle suggestioni terzomondiste e rivoluzionarie di movimenti come Cristiani per il Socialismo e di tutto quel cattolicesimo di base vicino alla teologia della liberazione e alla teologia politica e della rivoluzione. Sono poi passate al setaccio figure singolari ed ambigue come quella di Corrado Corghi, passato da una ascendente carriera politica nella Democrazia Cristiana emiliana nella metà degli anni Sessanta a punto di riferimento del cattolicesimo del dissenso, da ambasciatore per conto della Santa Sede in Sudamerica a ispiratore della lotta armata brigatista. O quella di Silvano Girotto, meglio conosciuto come Frate Mitra, passato dalla criminalità organizzata alla conversione in carcere che lo portarono a prendere l’abito francescano per poi successivamente arruolarsi nel Mir boliviano, e infine tornare in Italia per entrare nelle Brigate Rosse come infiltrato dei carabinieri del Generale Dalla Chiesa.

Sullo sfondo squarci di storia italiana dall’immediato dopoguerra al Concilio Vaticano II, dalla contestazione sessantottina al terrorismo degli anni di piombo, fino al crollo del muro e il ricompattamento del mondo cattolico attorno al neo-centralismo vaticano.

Stefano Marullo

maggio 2014