Su Silvio Berlusconi ormai pare si sia detto tutto. Al centro della scena politica e mediatica da anni, nonostante tutto e nonostante tutti, fa parlare sempre e comunque di sé. Su un aspetto invece le indagini (giornalistiche e giudiziarie) che ne sezionano la vita non sembrano focalizzare molto l’attenzione: i suoi rapporti col Vaticano, col mondo cattolico in generale e con la finanza “bianca” in particolare. Questa approfondita e complessa inchiesta giornalistica, scritta a quattro mani da Ferruccio Pinotti e Udo Gümpel, aiuta a colmare questa lacuna: non solo cercando di fare chiarezza su un complesso intreccio dove politica e finanza si confondono e fornendo informazioni volutamente ignorate o inedite, ma riuscendo grazie ad esse ad inquadrare la storia economica e politica di Silvio Berlusconi in una prospettiva inedita. Come fanno notare gli autori, aver messo in secondo piano certi rapporti strutturali con l’universo cattolico e aver focalizzato troppo l’attenzione su altro – non ultimi, gli aspetti caratteriali espliciti e financo goderecci o libertini del personaggio – ha contribuito a diffondere «un’immagine ultra-laica di Berlusconi, a tratti persino laicista», di un personaggio che si ritiene a torto «fenomeno a sé stante, frutto di forze laiche, liberali, massoniche».
In realtà, Berlusconi è prima di tutto un «cattolico convinto, sia pure sui generis» (come d’altronde, verrebbe da dire, la maggior parte di coloro che si definiscono “cattolici”) e ha sempre ribadito questa sua affiliazione religiosa, ergendosi spesso e volentieri a paladino della morale e dei valori sostenuti dalla Chiesa e – particolare nient’affatto secondario – ha sistematicamente utilizzato l’armamentario simbolico e linguistico della tradizione religiosa, spesso accostandosi ad una vera e propria figura cristologica, che deve portare la sua “croce” per il bene del paese, che si considera un perseguitato e che insiste sulla divisione manichea tra bene e male anche in politica. Tale approccio non deriva unicamente e in maniera banale dall’utilizzo spregiudicato e recente della religione per consolidare il potere, ma è frutto di una storia che parte da lontano, dai rapporti decisivi intessuti tra Silvio Berlusconi e alcune importanti componenti culturali, politiche e finanziarie del cattolicesimo italiano e coi vertici della Chiesa, nel corso dei decenni. D’altronde, gli autori parlano di una vera e propria sinergia: «le gerarchie vaticane più aduse al potere si sono servite e si servono di Berlusconi per raggiungere i propri scopi» ma «è altrettanto vero che il Cavaliere ha fatto del Vaticano e di un certo mondo cattolico il suo instrumentum regni».
Berlusconi, cresciuto in una famiglia cattolica ed istruito dai Salesiani, coltiva fin dagli anni giovanili stretti rapporti con personaggi vicini all’Opus Dei (come Marcello Dell’Utri). Il padre scala la piccola e apparentemente sonnolenta Banca Rasini di Milano, istituto che ha invece rapporti stretti con la finanza cattolica più potente e controversa (tra gli altri, Michele Sindona, Roberto Calvi e l’ineffabile Herbert Batliner), col mondo politico (l’ala andreottiana della Democrazia Cristiana e quella craxiana del Partito Socialista). Banca che sosterrà le prime attività imprenditoriali di Silvio Berlusconi nel campo dell’edilizia negli anni Sessanta e nei Settanta «la complessa costruzione societaria delle holding che detenevano il controllo della Fininvest». Tale sostegno, che secondo gli autori vedeva Andreotti come regista e stratega (tanto da far parlare di Berlusconi come vera e propria “pedina andreottiana”), era funzionale alla conquista da parte della finanza cattolica di settori fino a quel momento controllati da quella “laica”, che aveva ad esempio come quotidiano di riferimento «Il Corriere della Sera». Non è un caso che, in tempi recenti, la scalata al quotidiano milanese abbia coinvolto personaggi legati a quella finanza “bianca”, come il banchiere Giampiero Fiorani e l’immobiliarista parvenu Stefano Ricucci e l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio.
Altro fattore che aiuta a comprendere l’ascesa imprenditoriale di Berlusconi è la sua capacità di inserirsi nell’«alleanza che esiste tra speculazione edilizia, sanità privata e potere economico» - settore progressivamente colonizzato da interessi cattolici «sin dai tempi in cui Sua Sanità, il cardinale Fiorenzo Angelini, e Giulio Andreotti decidevano le strategie di questo settore essenziale del welfare» – e di sfruttarla a proprio vantaggio, come dimostrano gli stretti rapporti tra l’imprenditore che costruì Milano 2 e don Luigi Verzé, gigante della sanità privata cattolica che edificò il suo primo ospedale, il San Raffaele, proprio in quelle aree. Indicativo poi che Berlusconi abbia sostenuto dalla fine degli anni Settanta il movimento Comunione e Liberazione, finanziando la rivista «Il Sabato». Proprio da CL usciranno poi fedelissimi di Berlusconi, come il futuro governatore della Lombardia Roberto Formigoni, che ha permesso a Comunione e Liberazione di egemonizzare le strutture pubbliche, in particolare quella sanitaria.
La discesa in campo di Berlusconi viene fin dall’inizio guardata con favore dai vertici della Chiesa, poiché il Cavaliere appare come una figura che può ricompattare il mondo politico cattolico dopo la dissoluzione della DC nel ciclone di Tangentopoli e impedire l’ascesa dei “comunisti”, nonostante i malumori di alcune realtà cattoliche di base. In questa fase il Vaticano arriva a difendere Berlusconi, che si trova invischiato nei processi, caldeggia l’alleanza tra settori ex-DC e Forza Italia e contesta al contempo la Lega, che all’inizio è molto critica verso i favori che lo stesso Berlusconi fa alla Chiesa, in termini di finanziamenti e privilegi. D’altronde la Lega, con annessa banca Credieuronord e giornale «La Padania» – particolare poco noto – verrà salvata dalla bancarotta proprio per intervento di Berlusconi e della finanza “bianca” di Fiorani, con conseguente silenzio della polemica leghista nei confronti del Cavaliere e con soddisfazione della Chiesa. Il clericalismo di Berlusconi si consolida negli anni: sia con una serie di provvedimenti tesi a dare sostegno e privilegi a istituzioni legate al mondo cattolico, anche di alto livello (dalle scuole private – penalizzando quelle pubbliche – alle università legate all’Opus Dei), cosa che ne consolida l’egemonia sul sistema pubblico; sia con la regolare propaganda per ingraziarsi la Chiesa (si veda, ad esempio, l’opuscolo inviato alle parrocchie per le elezioni 2006 e intitolato I frutti e l’albero, «audace captatio benevolentiae»); sia con l’arginamento sistematico dei tentativi di rendere più laica la legislazione italiana: emblematici in tal senso l’opposizione all’approvazione di norme che tutelino le coppie di fatto e l’attivismo aggressivo e accusatorio quando esplose il “caso Englaro”.
Si consideri d’altronde che il libro è stato dato alle stampe poco prima della sentenza della Corte di Strasburgo sull’imposizione dei crocifissi nelle scuole, questione che ha reso ancor più palese l’approccio clericale del governo Berlusconi e la sua sinergia con i vertici della Chiesa. Alla luce anche delle esagitate reazioni politiche a quella sentenza, la ricostruzione degli autori sui legami tra Berlusconi e la Chiesa trova un altro elemento – nel caso fosse necessario – di conferma.
Valentino Salvatore
marzo 2010