Introduzione
Come spesso succede ai pensatori eterodossi, e Nietzsche lo era eccome, egli fu oggetto degli strali non solo dei credenti, ma anche di tutti quelli che credevano nell’esistenza di valori assoluti che spianino la via all’egualitarismo, come Nietzsche ben chiarì nella sua opera maestra “Sulla genealogia della morale”.
“L’Anticristo”
È uno dei suoi ultimi scritti (del 1888, lui morì nel 1900). Sebbene più volte abbia descritto in modo anche molto acido la religione cristiana ed i suoi seguaci nella maggior parte delle suo opere anteriori, in quest’ultima fa i conti una volta per tutte con il cristianesimo togliendosi per così dire “alcuni sassolini dalle scarpe”. Questo si capisce bene dalla prefazione quando afferma di scrivere un postumo di “Così parlò Zaratustra”.
Nei primi sette capitoli infatti chiarisce bene la contrapposizione tra l’Oltreuomo (Übermensch) e l’etica della compassione (Mitleidethik) del cristianesimo, quest’ultima per lui responsabile letteralmente della putrefazione della natura umana. Quante volte abbiamo sentito giustificare atti imperdonabili con “Ma poverino!” oppure “L’ha fatto per la famiglia!”?
Nei capitoli da otto a quattordici si cimenta con i teologi, fino al punto di dire che “i pastori protestanti sono i padri della filosofia tedesca” (da notare che il padre di Nietzsche era pastore). Ma ancor più interessante è la critica a al famoso imperativo categorico kantiano. Riprendendo quanto aveva detto in “Sulla genealogia della morale” Nietzsche dice che l’imperativo categorico è impersonale e frutto del cristianesimo, mentre il giudizio su un fatto od una situazione si dà caso per caso e quindi non è universale (con tanto dispiacere per coloro che blaterano contro il relativismo morale).
Di converso Nietzsche loda il metodo scientifico come ciò che si fa carico di comprendere gli esseri umani ed in generale la natura in modo analitico, senza la pretesa di avere un giudizio a priori.
Nei capitoli da quindici a diciannove Nietzsche taccia la religione cristiana di decadenza in quanto considera buoni i malati ed i poveri (si noti che in “Sulla genealogia della morale” Nietzsche disse che i potenti si considerano buoni e felici).
Nei capitoli da venti a ventitré confronta il cristianesimo con il buddismo. Considera entrambe le religioni decadenti, cionondimeno considera il buddismo più realista, in quanto non vede nel peccato la causa dell’umana sofferenza.
Nei capitoli ventotto fino a trentacinque Nietzsche analizza la figura di Gesù tacciandolo di “idiota” nel senso greco del termine, termine quest’ultimo che si potrebbe tradurre liberamente con “cane sciolto”. Tutta la vita pratica di Gesù è volta alla pace dell’anima.
Nei capitolo 36 fino a 38 parla dei suoi tempi (di Bismarck concretamente).
Nei capitoli 39 fino a 46 spiega tra le altre cose, che Paolo (l’apostolo) abusò degli insegnamenti di Gesù con il fine di esercitare il proprio potere sulle comunità cristiane di allora.
Molto interessanti i capitoli 47 fino a 49 dove il filosofo dice che non è l’ateismo a contrapporsi al cristianesimo, bensì le scienze perché ne smascherano le bugie.
Nei capitoli 56 e 57 Nietzsche sostiene che il cristianesimo spiana lo stato all’anarchia ed al socialismo, predicando la falsità dell’eguaglianza di tutti gli esseri umani (soprattutto di quelli più inetti). Non è forse vero che Peppone e Don Camillo lottavano per il potere sugli stessi seguaci, fingendo ciascuno di avere un’idea salvatrice migliore di quella dell’altro?
Nei capitoli 58 e 61 Nietzsche spiega come il cristianesimo include per poi distruggere i legati dell’antichità, dall’impero romano, alla cultura moresca in Spagna. Arriva poi a dire che il protestantesimo tedesco è ciò che ha dato il supporto morale alle guerre prussiane contro Napoleone.
Infine nel capitolo 62, (come in tutti gli spettacoli di fuochi d’artificio) Nietzsche vede nel cristianesimo il summum del marcio, della corruzione, in quanto ha fatto crescere il verme del peccato, fonte di molte corruzioni.
Luigi Riboldi
Agosto 2010