Contro il relativismo

Giovanni Jervis
Laterza
2005
ISBN: 
9788842076407

Non vi preoccupate. Lo so che dopo l’ormai celeberrima omelia di Joseph Ratzinger contro la “dittatura del relativismo”, chiunque mostri intenzioni polemiche verso quella corrente culturale è automaticamente sospetto di voler adulare il pontefice romano. Ma lo psicologo Giovanni Jervis non si sogna neppure di prostrarsi ai piedi di Benedetto XVI. Al contrario, dimostra come la battaglia contro il relativismo, se intesa in modo corretto, sia schiettamente laica e antidogmatica.

Infatti il vero bersaglio degli autori messi sotto accusa da Jervis, secondo i quali «le conoscenze sono opinioni, e tutte le opinioni si equivalgono”, è senza dubbio “la razionalità occidentale». Cioè la convinzione, affermatasi con l’Illuminismo, che esista «attraverso popoli e culture, una struttura universale della ragione umana» e che la scienza sperimentale sia una forma di conoscenza oggettiva, capace di fornirci dei dati attendibili sulla realtà.

Spieghiamoci con un esempio: un tipico caso di relativismo è la tesi, sostenuta negli Stati Uniti dai fondamentalisti evangelici e ripresa in Italia da qualche sanfedista nostrano, che il racconto biblico della creazione dell’uomo (la storia di Adamo ed Eva) e la teoria scientifica dell’evoluzione elaborata a partire dalle ricerche di Charles Darwin siano ipotesi dotate dello stesso valore conoscitivo e debbano dunque essere insegnate nelle scuole pubbliche con pari dignità. Un altro caso simile sono i reiterati tentativi di accreditare l’autenticità della Sindone, malgrado la prova scientifica del carbonio 14, disposta e organizzata dalla diocesi di Torino, abbia dimostrato che si tratta di un manufatto risalente al Medioevo.

Succede così che un convinto antirelativista come Jervis attacchi le religioni che «si battono affinché la mente dei bambini venga plasmata da particolari credenze teologiche fin dall’inizio della scuola materna, e denigrano i non credenti riuscendo a far credere che si tratta di persone poco morali» (Benedetto XVI non gradirà). E per giunta se la prenda con il presidente Bush e il suo piglio guerresco da cristiano born again (anche Marcello Pera è servito).

Insomma, conclude Jervis, i relativisti e cultori del politically correct non sono affatto avversari del potere clericale. Al contrario, finiscono per «incoraggiare quei dogmatici che oggi si oppongono al relativismo non già nel nome della realtà tangibile, ma nel nome di soggettive convinzioni di fede».

Epicuro
ottobre 2005