L’Elogio dell’ateismo di Nando Tonon va ad aggiungersi a titoli quali La necessità dell’ateismo di Percy B. Shelley e L’apologia dell’ateismo di Giuseppe Rensi. A differenza di quelle illustri opere di filosofi, tuttavia, l’autore tenta qui di scrivere soprattutto un libro divulgativo sul tema dell’eventuale esistenza di un Dio «con il quale la stragrande maggioranza dei viventi dialoga quotidianamente». L’autore vi illustra le ragioni non di teologi e filosofi, ma quelle dei credenti e non credenti comuni, quelle che vengono alla luce sul posto di lavoro, in famiglia, o nella sala di aspetto di un medico.
Il contrasto tra atei e credenti non è questione da poco: se si considera che all’interno del cristianesimo vi sono divisioni originariamente motivate dall’uso di un ablativo o dalla mancata concessione di un divorzio, ci si rende conto di quanto grande, radicale e forse irriducibile sia ila distanza che li separa. Maggiore la distanza, inevitabilmente minore la possibilità che si possa arrivare a incontrarsi, almeno saltuariamente: «i due atteggiamenti di pensiero si fronteggiano, ma raramente riescono a scalfirsi reciprocamente».
Un esito che non stupisce, perché ogni controversia finisce regolarmente con lo spostamento del confronto, da parte dei credenti, a una dimensione sovrannaturale che non può ovviamente essere esperita. L’impossibilità di fornire particolari circostanziati è, peraltro, ben presente agli stessi apologeti dell’esistenza di Dio: di fronte all’estrema difficoltà di definire «intelligente» o «logico» un progetto sostenuto da evidenze incomprensibili, incoerenti o non universalmente considerate valide, «la risposta corrente è: Mistero. Devi aver fede. Devi credere».
Frequente è nel testo proprio l’uso della logica nell’esaminare le affermazioni delle comunità religiose (in primis, ovviamente, la Chiesa cattolica). Fenomeni come il culto dei santi, la rivendicazione di miracoli, l’uso delle preghiere, e soprattutto la credenza che possano risultare efficaci, ancor prima di essere smentibili nella sostanza sono inconsistenti dal punto di vista dialettico, perché richiedono per poter essere considerati efficaci l’abbandono dell’uso della logica. E «tra logica e fede - chiosa Tonon - l’ateo depone la fede, non la logica».
Arricchito da una prefazione di Margherita Hack, il libro si conclude con una riflessione sul senso della vita per un ateo, sostenendo che il «pacifico accoglimento di una indiscutibile e provvidenziale legge “universale”, quella che decreta per ogni “oggetto” del Tutto un inizio e una fine, consente di certo un’esistenza più aperta, più libera, in definitiva maggiormente matura, che impone di trasferire all’uomo l’intera responsabilità della convivenza civile».
Sarà andato a buon fine il «volenteroso tentativo di far riflettere la persona comune»? C’è da dubitarne, quantomeno direttamente: le possibilità che fedeli comuni acquistino questo libro sono realisticamente irrisorie. Ma che altri lo leggano, e ne facciano poi buon uso, è già statisticamente più probabile. Il cristianesimo non dimentica la sua propensione proselitista nemmeno davanti alle macchinette del caffè: ma anche l’ateo converrà che ogni luogo è buono per ribattere con le proprie argomentate ragioni.
Raffaele Carcano
Agosto 2009