In libreria dallo stesso autore: E Gesù diventò Dio. L’esaltazione di un predicatore ebreo della Galilea
Bart D. Ehrman è il più noto autore contemporaneo di libri sulle origini del cristianesimo, e una delle più importante autorità in materia. Come scrive lui stesso, è “un agnostico tendente all’ateismo”. I suoi precedenti libri hanno titoli eloquenti, e vale la pena ricordarne alcuni: I cristianesimi perduti. Apocrifi, sette ed eretici nella battaglia per le sacre scritture; Pietro, Paolo e Maria Maddalena. Storia e leggenda dei primi seguaci di Gesù; Sotto falso nome. Verità e menzogna nella letteratura cristiana antica; Gesù non l’ha mai detto. Millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei Vangeli. Sono testi che hanno fatto imbufalire i cristiani conservatori Usa: tutti gli altri hanno invece dovuto fare i conti con il successo nelle vendite. Un vasto pubblico è infatti venuto a conoscenza di quali sono le opinioni accademiche correnti su Gesù e il suo movimento. Ora ha scritto un libro dal titolo Gesù è davvero esistito? Domanda a cui dà, fin dalla prima pagina, una risposta risolutamente affermativa. Mentre le rimanenti sono dedicate a spiegare le ragioni per cui, tra gli studiosi, nessuno mette in dubbio che Gesù sia realmente vissuto.
Perché l’ha scritto? La maggioranza degli studiosi, ricorda Ehrman, concorda ormai sul fatto che “non possediamo i testi evangelici originali, e certe porzioni delle copie a noi pervenute non ci fanno capire che cosa realmente scrissero gli autori; i vangeli non sono stati redatti dalle persone nominate nei titoli (Matteo, Marco, Luca e Giovanni), bensì da individui che non furono seguaci di Gesù e che vissero dai quaranta ai sessanta anni più tardi in parti diverse del mondo; i vangeli sono pieni di discrepanze e contraddizioni, e riferiscono eventi storici che, prove alla mano, non sono mai avvenuti”. Ma a qualcuno non basta ancora. Se questo libro è stato pubblicato, è perché c’è un gruppo di persone che si ostina a ritenere che Gesù sia un mito.
I miticisti sono tutti non credenti. E, circostanza grave, quasi tutti privi di credenziali. Comprendiamo il problema: anche l’Uaar riceve, con una certa frequenza, proposte editoriali che si spacciano per “la verità definitiva su Gesù”. Sono generalmente basate sulla rimasticatura di vecchi testi superati e sulla consultazione di una traduzione italiana della Bibbia (quasi sempre, per quanto incredibile possa sembrare, nella versione curata dalla Cei). Nessuno degli autori sembra conoscere Ehrman, e nemmeno altri autorevoli esperti contemporanei quali per esempio Sanders, Vermes, Crossan, Theissen: e da un certo punto di vista è anche un vantaggio, perché rende più facile identificare la pochezza del testo e respingerlo al mittente.
Questo libro di Ehrman è dedicato soprattutto a loro. Il livello dei miticisti statunitensi è più elevato di quello degli epigoni italiani, anzi, qualche rara volta è persino ragguardevole: tuttavia, di fronte alla possibilità concreta che Gesù sia realmente esistito, i miticisti sembrano mettere da parte il metodo scientifico iniziano a costruire edifici improbabili. Ehrman demolisce le loro argomentazioni, esponendo le evidenze che sostengono “sembra ombra di dubbio” la tesi dell’esistenza, in base alle fonti disponibili e alle implicazioni coerenti che se ne possono trarre. I metodi usati — non solo da lui, ovviamente — per ricostruirne la figura, sono la credibilità contestuale, soprattutto alla luce di quelle che erano le concezioni diffuse nella Palestina del tempo, le attestazioni multiple e il criterio della dissomiglianza (ovvero, ciò che stona con le idee e con gli scopi e le idee delle prime comunità cristiane deve ritenersi una testimonianza più plausibile del Gesù storico).
Si deve dunque costatare che, per esempio, i primi cristiani non traevano alcun vantaggio nell’andare a dire in giro che il loro Signore era stato crocifisso: era un’affermazione che scandalizzava i romani (perché lo identificava come un criminale) e che non era accettabile nemmeno dagli ebrei (perché la Bibbia non aveva profetizzato che il messia sarebbe stato crocifisso). Dunque, anche perché gode di tante e concordi attestazioni, è praticamente certo che Gesù fu realmente crocifisso. Per contro, avendo i cristiani un fortissimo interesse a sostenere che Gesù era nato a Betlemme (perché lì, secondo gli ebrei, doveva nascere il messia, in quanto discendente di Davide), l’affermazione è da ritenersi inattendibile, anche perché i due resoconti evangelici “si contraddicono irreparabilmente”.
Scorrendo pagine e pagine di argomentazioni si forma pian piano un quadro complessivo verosimile. Ehrman ribadisce che, “dal punto di vista storico, è esistito un uomo di nome Gesù, un maestro ebreo vissuto in Palestina nel I secolo, che fu crocifisso dal governatore romano Ponzio Pilato”. Un uomo nato nel poverissimo villaggio di Nazareth, di basso livello sociale, quasi sicuramente incapace di scrivere e probabilmente anche di leggere. Se quello che si cerca sono spunti polemici, lo studio scientifico non manca dunque di fornirne a iosa. Prescindendo dallo studio scientifico, ci si comporta invece come fondamentalisti. Promuovendo lo studio scientifico su tutto ma rifiutandone i risultati proprio su questo argomento, si cade addirittura nel dogmatismo irrazionale. Il che non significa impedire che anche tesi consolidate siano sottoposte a critiche, ma che occorre farlo con cognizione di causa. Ed è difficile avere tale cognizione, quando non si conosce nemmeno il greco (figuriamoci l’ebraico o l’aramaico).
Chi era dunque Gesù, secondo Ehrman e la maggioranza degli studiosi? Un profeta apocalittico. “I primi cristiani non gli attribuirono una natura divina”, ricorda l’autore. Gli fu attribuita pian piano, come evidenzia facilmente anche il semplice confronto tra il Vangelo secondo Marco e quello, posteriore, secondo Giovanni. Il processo di divinizzazione della figura di Gesù andò di pari passo con la sordina posta alle sue profezie apocalittiche. “La venuta del Regno di Dio è imminente”, annunciava Gesù. Ma non si realizzò, e i cristiani cominciarono a sottacere tale aspetto. “Gesù si sbagliava”, commenta Ehrman: “si sbagliò su molte cose. La gente non vuole sentirselo dire, ma è vero”. Ciò non implica però che sia stato un personaggio mitico: quello che è senz’altro un mito è semmai “il Gesù dell’immaginazione popolare”.
Ehrman chiude il libro ricordando di aver ricevuto l’onorificenza del Religious Liberty Award conferita dall’American Humanist Association, un’associazione simile all’Uaar. Quando si è recato alla loro assemblea, si è reso conto di “concordare pienamente” con gli ideali dell’associazione. Ma si è sorpreso, da storico della religione, che si parlasse così tanto della religione, e che così tanti militanti fossero miticisti. Ed è per questo che ha espresso la convinzione che “agnostici, atei, miticisti, e chiunque altro non sia sostenitore della fede in Gesù, trarrebbero più giovamento dall’evidenziare che il Gesù della storia non è quello contrabbandato dal cristianesimo contemporaneo , anziché continuare a sostenere — a torto e in modo controproducente — che non è mai esistito”. Una lezione semplice, di cui occorre cominciare a prendere atto. Dedicando magari il proprio tempo a questioni laiche più urgenti. Ce ne sono così tante, tra cui scegliere…
Raffaele Carcano
Novembre 2013