Conosco personalmente diverse persone che hanno affrontato il Cammino di Santiago. Sono tutti non credenti, e immaginarli sul percorso dedicato a colui che fu soprannominato Matamoros è in effetti un pochino dissonante. Certo, poiché conosco più non credenti che credenti, l’evidenza empirica lascia il tempo che trova, ma sapere che anche Piergiorgio Odifreddi si è incamminato sui sentieri spagnoli rafforza l’ipotesi che, più che un pellegrinaggio, il Cammino sia una sorta di esercizio della possibilità di effettuare un trekking di notevole interesse naturalistico e culturale “sfruttando” servizi turistici probabilmente senza eguali (chi ha girato un po’ per rifugi di montagna sa di cosa sto parlando). A meno che, ovviamente, non lo si affronti à la Étienne Liebig (cfr. Ultimissima del 10 ottobre 2008).
Non è stato certo questo lo spirito con cui Odifreddi ha sfidato il percorso insieme al giornalista e autore Sergio Valzania. Il resoconto del loro Cammino, inizialmente trasmesso su RadioTre e ora trasposto in pagina, ha semmai come punto di riferimento, esplicitato fin dal titolo, La via lattea di Luis Buñuel, e in particolare la scena della tenzone tra due spadaccini, un gesuita e un giansenista che discettano di libero arbitrio. Qui abbiamo un ateo e un cattolico, ma anch’essi recitano fino in fondo le parti previste.
Odifreddi fa il provocatore, anzi, «l’impertinente», come quando nota che l’attuale papa, in spagnolo, suona «Benito XVI»: ma è anche l’ateo prodigo di spiegazioni scientifiche che ricorda come non si possa spiegare tutto. Valzania è invece perfetto nel ruolo del cattolico granitico: porta con sé un libro di Ratzinger e sostiene che «il cristianesimo non è un sistema normativo», perché i suoi insegnamenti «si pongono attorno a quello centrale, e unico, dell’amore». Affermazioni che, probabilmente, susciteranno tenerezza nei lettori, in tempi in cui gli ukaze vaticani piovono con intensità monsonica.
Una scritta in copertina contrappone all’«ateo impenitente» un «cattolico dubbioso» che, in realtà, dubbioso non è mai. A riprova, il testo gioca molto di più su un’eventuale conversione di Odifreddi che sulla “sconversione” di Valzania, quasi a lasciar intendere che la sfacciata miscredenza del matematico sia un’anomalia in qualche modo da sanare. I due protagonisti (anzi, i tre, perché per alcune tappe Valzania è stato sostituito da Cardini) più che con la spada si affrontano con il fioretto, e di questi tempi è decisamente un bene.
L’aria che si respira è aria di montagna, che favorisce le divagazioni mentali: in particolar modo, guarda caso, sul Deus sive Natura. E ciò che ne scaturisce è, in fin dei conti, la condivisione del piacere empatico di una brillante conversazione tra amici con idee diverse.
Raffaele Carcano
Circolo UAAR di Roma,
dicembre 2008