È da salutare con favore l’aumento del numero di pubblicazioni che, fin dal titolo, si pongono al di fuori dell’ambito cattolico. Giorgio Galli, noto politologo e saggista, precisa di non essere né ateo né cristiano, ma solo «un anziano neo-illuminista del XXI secolo» che «ritiene suo dovere opporsi alla pretesa di chi, in nome di un sistema di credenze senza basi logiche, vorrebbe imporre alla comunità tutta comportamenti, modi di vita, scelte politiche e sociali che non sono validi più di altri per il solo fatto di avere radici in antiche mitologie». È un’aspirazione ampiamente condivisibile.
Oggetto dell’analisi di Galli è l’insegnamento della Chiesa cattolica alla luce del suo Catechismo e, soprattutto, del Compendio che ne è stato tratto. Testi basati su pretese indimostrabili, o sull’autorità di personaggi, come Mosè e Abramo, mai esistiti. La loro estrema fragilità d’impianto è impietosamente smontata da Galli, che può facilmente citare le ricorrenti occasioni in cui il Catechismo, in mancanza di argomenti plausibili, è costretto a ricorrere a formule nebulose, o che richiamano l’insondabilità della sfera divina: «Ciò che è visibile nella vita terrena di Gesù conduce al suo Mistero invisibile, soprattutto al Mistero della sua filiazione divina […] La vita intera di Cristo è mistero di salvezza»; «L’intimità del suo Essere come Trinità Santa costituisce un mistero inaccessibile alla sola ragione umana […] Tale mistero è stato rivelato da Gesù Cristo, ed è la sorgente di tutti gli altri misteri».
Galli denuncia i circoli viziosi dell’insegnamento cattolico: «si comincia chiedendosi “perché” dio abbia creato il mondo, e si conclude che è partendo dalla creazione che si conosce il mondo». Un atteggiamento tipico di un’organizzazione che rivendica la propria autorità basandosi su un testo la cui autorevolezza essa stessa ha proclamato: tirando le somme, dunque, «quello che importa al Catechismo è stabilire subito che di tutto decide “l’autorità del Magistero della Chiesa”». Con queste premesse, quale spazio può esservi non solo per un dialogo con i non cattolici, ma all’interno della stessa Chiesa tra fedeli e gerarchia? Ponendo l’ubbidienza come principio fondamentale, è inevitabile che il Vaticano si trovi in gravi ambasce nel confrontarsi con una società moderna profondamente venata di individualismo.
La morale cattolica è essa stessa avvolta da queste contraddizioni: «poiché la morale» – scrive Galli – «si basa sulla distinzione tra bene e male, se non c’è la distinzione (per mancanza di definizione del male), come si può fondare una morale?». Una circostanza che non preoccupa la Chiesa, poiché, a detta dell’autore, «in nome non già di una morale, che non è riuscita a fondare, ma di abitudini e costumi ancora più relativi di quello che definisce relativismo, pretende di decidere per noi sulla vita e sulla morte», nonché su tematiche quali la politica, la bioetica, la famiglia, il comportamento sessuale. In fin dei conti, è «il prodotto di una stratificazione storica nell’area mediorientale ed europea nell’arco di circa un millennio tra il settimo secolo a.C. e il quarto secolo d.C., [ciò] che il “Compendio” propone (e vorrebbe imporre) all’umanità del terzo millennio».
A parte i troppo frequenti rimandi a precedenti opere dell’autore, Non credo si rivela un utile strumento per fronteggiare adeguatamente le ingerenze cattoliche nella sfera morale.
Raffaele Carcano
Novembre 2006