Il francese Pierre Bayle (1647-1706) nacque in una famiglia ugonotta, si fece cattolico, ridivenne protestante e dovette fuggire in Olanda, dove trovò il modo di divergere dai suoi correligionari. Come se non bastasse, questo testo, pubblicato per la prima volta nel 1682, è artificiosamente scritto nello stile di un cattolico francese. Cosa pensasse veramente Bayle, quali fossero le sue convinzioni nell’intimità della sua coscienza non lo sapremo probabilmente mai. Quel che sappiamo è che di questo suo ponderoso libro, nato in seguito alle dispute sull’influenza delle comete sulla vita degli uomini, almeno un terzo delle pagine è dedicato alla moralità degli atei. Alcuni capitoli sono di una chiarezza inusitata per il XVII secolo: «L’ateismo non conduce necessariamente alla corruzione dei costumi» (n. 133); «Congetture sui costumi di una società senza religione» (n. 161); «Dove si dimostra con esempi che gli atei non si sono distinti per la corruzione dei loro costumi» (n. 174). Bayle fu il primo, dopo l’avvento del cristianesimo, a sostenere pubblicamente la liceità dell’ateismo. Sulla sua scia verranno gli illuministi, che ne riconosceranno il rango di precursore, facendo di questo volume un classico del pensiero libero.
Ottobre 2004