Becco Giallo 2009, pp. 160, € 14,00. ISBN 8885832504
Becco Giallo/Nessun Dogma 2013, pp. 128, € 14,00. ISBN 9788897555582
Un tabù si aggira per l’Italia.
“Beto, i campanili ci sono sempre stati”, così inizia Quasi quasi mi sbattezzo di Alessandro Lise e Alberto Talami e questa lapidaria affermazione ben riassume lo scontro, perchè di scontro si tratta, tra chi un bel giorno comincia a farsi domande su ciò che si è sempre dato per inconfutabile, inindagabile e ineffabile e chi continua a percepire anche il suono delle campane come un dogma. Ebbene sì, a qualcuno le dannate campane possono anche dare fastidio e, in ogni caso, sono oggettivamente invasive. O il vero problema è che proprio non si può dire? Non si può parlare male delle campane perchè ci sono sempre state, ma anche le mosche ci sono sempre state, l’esserci da sempre non è evidentemente garanzia di “buon prodotto”, e proprio di mosche parla il breve fumetto, opera dei medesimi autori apparso su Tolleranza zero, raccolta edita ancora da Becco Giallo. Non si può mettere in discussione ciò che viene inculcato nella testa della stragrande maggioranza dei bambini italiani fin dalla scuola dell’infanzia: l’esistenza di Dio, ma ancora di più il fatto che il papa e tutti gli altri maschi che indossano la gonna parlino in nome di questo fantomatico, dogmatico e poco simpatico (egli punisce, punisce e punisce) Dio.
La storia di Beto tratteggia prima di tutto il contesto in cui il nostro eroe è cresciuto: praticamente circondato da preti o aspiranti tali, Beto andava dalla nonna preannunciandole che da grande sarebbe diventato frate e avrebbe disegnato fumetti “E qui Gesù distrugge i robot diavoli con i raggi delle stigmate…”, serviva la messa in qualità di chierichetto e “andava a dottrina” una volta alla settimana. La scoperta delle ragazze l’ha dissuaso dal prendere i voti a 15 anni (donne tentatrici), il fatto che le ragazze non fossero ancora pronte per scoprire lui l’ha spinto verso la musica metal la quale gli ha fatto incontare un amico che ben presto assurge al rango di idolo e altrettanto presto muore. Ed è proprio ascoltando le parole agghiaccianti del prete al funerale dell’amico che Beto comincia a capire che c’è qualcosa che non va, smettendo di colpo di andare a messa. Il percorso di presa di coscienza (autocoscienza, ça va sans dire) prosegue con la cassa integrazione e il tempo libero che porta con sé. L’aberrante realtà italiana fa il resto: ben presto Beto capisce che far parte di una comunità come quella cattolica non è così indolore come vogliono far credere, ma soprattutto che non è affatto obbligatorio!
Il fumetto prosegue con il percorso di Beto verso lo sbattezzo, dall’incontro con il sito dell’UAAR in avanti, con intervalli colmati dalle pacifiche chiacchierate con il prete del paese che lo invita a vedere il buono della fede cristiana e dalle liti fuoriose con la mamma che proprio non concepisce l’idea dello sbattezzo. Ben presto Beto si trova con il vuoto intorno, per quanto abbia al proprio fianco Giordano Bruno, Galileo e gente della stessa levatura. Il padre si imbizzarrisce, la zia tenta di “farlo ragionare” ed è tutto calcolato, ovvio, facile da prevedere. Una famiglia di estrazione cattolica, di fronte ad un uomo che vuole sancire la propria distanza dal cattolicesimo, arrabbiandosi non fa che recitare la parte che sta scritta sul copione. “Noi che siamo i tuoi genitori ti abbiamo imposto il battesimo, ti abbiamo imposto l’insegnamento della dottrina cattolica e tu non puoi prenderne le distanze, puoi però fare come tutti e cioè fregartene però senza dare nell’occhio” è un po’ il pensiero comune, talmente banale da non essere espresso nel fumetto.
Quello che spaventa di più sono le reazioni degli amici e delle amiche, tratteggiate con poche parole, ma precise come tagli di bisturi. In questa galleria ci si trova di fronte ad un campionario di reazioni contrariate tale da lasciare perplessi e da far nascere il dubbio che ci sia stata un poco di immaginazione alla base. Posso portare la mia testimonianza di apostata che quelle reazioni sono tutte vere, nessuna esclusa. Non manca nella storia di Beto l’avvento del supereroe, lo Sbattezzatore, che va in giro a far proseliti come fosse un cristiano. Altra fase già attraversata da chi scrive e che nasce come reazione al tentativo degli interlocutori di sminuire e ridicolizzare lo sbattezzo come una sciocchezza da ragazzini invasati, altra reazione è quella di Stefano Disegni che ha ideato le “brigate razionaliste rompicoglioni” in un’illuminante e illuminista striscia. A quel punto all’apostata nasce in cuore l’esigenza di diffondere il verbo della vita senza il Verbo, un po’ per vendetta, un po’ perchè la convinzione è forte e, una volta squarciati i veli di Maya, viene una voglia matta di aprire un comodo varco anche per i conoscenti e gli amici. I due autori affiancano un disegno piuttosto semplice ad una sceneggiatura complessa dove Beto è il cardine che viene bersagliato di informazioni non richieste e scientemente ricercate. Così procedono Alessandro Lise e Alberto Talami nella loro “costruzione di una coscienza critica” che ripaga abbondantemente dal dolore per parafrasare Fossati e che nemmeno costruisce altari di sabbia, altari poi? No!, ma un pensiero indipendente.
Il racconto è inframmezzato dalla storia di Frolix che, appena nato, viene inoculato nel nome di Y, una storia italiana che mi auguro venga spedita di nuovo a tutte le famiglie di questo paesino che si sta atrofizzando all’ombra del Vaticano. Lo stile di Quasi quasi mi sbattezzo è lieve, decide di procedere per gradi, fermandosi ogni tanto a tratteggiare la storia di alcuni dei più importanti personaggi e momenti dell’ateismo. La scelta, per alcuni versi didascalica, è apprezzabile dal momento che quando si parla di sbattezzo di fatto si affronta un argomento che è tuttora un enorme tabù anche per chi non ha mai creduto nell’esistenza di Dio o per chi ci crede, ma critica fortemente l’operato del papato, riconoscendosi magari nelle parole di alcuni prelati particolarmente illuminati. Ottimo il momento del “perchè dello sbattezzo” che raduna attorno a sé un’accolita di gente tanto da sembrare la presentazione del nuovo fumetto di Gipi (cit.).
Questa pubblicata da Becco Giallo è un’opera fresca, agile e illuminante sui motivi che stanno dietro l’apostasia, (dove per apostasia si intende “l’abbandono formale della propria religione” ed è quindi il termine sbagliato perchè non avendola scelta non è mai stata la MIA religione), un vademecum necessario in Italia per chiunque si trovi completamente solo nelle condizioni di Beto, ma anche per chi ha già scelto di sbattezzarsi, dal momento che share is care. Mi permetto di aggiungere una postilla al libro di Lise e Talami e cioè “La sensazione migliore dell’apostata”: sentire parlare Ratzinger (e cito lui solo perchè è quello vivo) dei cattivi profilattici, dei cattivi ebrei, dei cattivi gay, della cattivissima eutanasia, della perfida oltre ogni misura fecondazione assistita, della diabolica ricerca sulle staminali e delle donne inutili e dannose allo stesso tempo mi fa arrabbiare moltissimo, ma posso dirmi: “Il pastore tedesco non parla a nome mio, io non sono nelle sue statistiche”.
Sara Troilo,
maggio 2009