I re taumaturghi è uno di quei libri che, quando escono, passano inosservati, per poi crescere gradualmente col tempo fino a diventare testi fondamentali. L’opera di Bloch è datata 1924, ma conserva ancora quella capacità dirompente che le ha consentito di cambiare gli orizzonti della storiografia, inaugurando gli studi sulla mentalità tanto cari alla scuole delle Annales, di cui il grande storico è stato co-fondatore insieme a Lucien Febvre.
Questo libro parla di un miracolo, del miracolo della guarigione dalle scrofole (una malattia tendente a recedere spontaneamente) che veniva ripetuto a proprio piacimento dai re di Francia e Inghilterra durante il Medioevo e l’età moderna. Come ha giustamente scritto Jacques Le Goff nella prefazione al testo, Marc Bloch «ha dimostrato che il miracolo esiste a partire dal momento in cui si può crederci e tramonta e poi sparisce da quando non ci si più credere». E così è regolarmente avvenuto non solo per il miracolo delle scrofole, ma anche per la seconda prerogativa dei sovrani inglesi (gli anelli miracoli), per il culto di san Marcolfo (che si pensava guarisse anch’egli le scrofole) e per le capacità soprannaturali attribuite al settimo di una serie di figli maschi. Come possono improvvisamente sparire dei miracoli? Per citare ancora Le Goff, «ciò che ha ucciso il miracolo del re è lo “spirito razionalista” che dal secolo XVII ha tentato di trovarne una spiegazione razionale fino a quando i Lumi, nel secolo XVIII, rinunciano alla ricerca e dichiarano molto semplicemente che il miracolo non esiste».
La spiegazione che l’autore dà della credenza nel miracolo è quanto mai esemplare in tempi di madonnine pervicacemente piangenti: «La fede nel miracolo fu creata dall’idea che doveva esservi un miracolo. Ciò che le permise di vivere fu ancora quella stessa idea, e anche, via via che i secoli passavano, la testimonianza accumulata delle generazioni, che avevano creduto, e di cui non si mettevano in dubbio le affermazioni, fondate, sembra, sull’esperienza. Quanto ai casi, probabilmente numerosi, in cui il male resisteva al tocco di quelle auguste dita, li si dimenticava presto: così fatto è il felice ottimismo delle anime credenti. Pertanto, è difficile vedere nella fede nel miracolo reale qualcosa di diverso dal risultato di un errore collettivo».
Febbraio 2005