L’opera di Adriano Prosperi, docente di storia moderna presso l’Università di Pisa, si colloca ai vertici della più recente produzione storiografica italiana. Il suo libro ha un obbiettivo ambizioso: ricostruire le cause per cui, dopo l’avvento della Riforma, la Chiesa cattolica divenne centrale nel sistema politico italiano. La tesi di Prosperi è che il Sant’Uffizio fu «per almeno due secoli… l’unico potere centrale operante nella penisola italiana», tanto da portare al soglio pontificio ben tre inquisitori: Gian Pietro Carafa (Paolo IV, 1555-1559); Michele Ghislieri (san Pio V, 1566-1572); Felice Peretti (Sisto V, 1585-1590). Detto per inciso: benché il libro sia del 1996, e nonostante narri vicende di diversi secoli or sono, gli ultimissimi avvenimenti (elezione di Ratzinger, sconfitta referendaria) lo rendono sinistramente attuale.
Prosperi non è un anticlericale aprioristico alla Deschner: il suo lavoro si basa sull’attenta analisi di una strabiliante quantità di documenti. Ciononostante, il quadro che ne trae, se da un lato supera la “leggenda nera” dell’Inquisizione (in alcuni casi più “tenera” degli stessi vescovi), dall’altro riafferma limpidamente la struttura “poliziesca” e la configurazione repressiva del Sant’Uffizio. Il controllo delle coscienze fu particolarmente soffocante nella seconda metà del Cinquecento: in seguito, debellata la minaccia ereticale, l’attenzione si sarebbe concentrata sulla morale. Solo con difficoltà si sarebbe fatta strada, anche attraverso un cambiamento nell’utilizzo dello strumento della confessione, una strategìa persuasiva volta a ottenere una fede meno formale: è l’argomento trattato nella terza parte del libro, dove vengono alla luce diversi aspetti di quella che è stata la conquista cattolica delle campagne. Queste ultime, ancora intrise di paganesimo in piena età moderna, divennero rapidamente il miglior sostegno alla Chiesa.
Il testo offre tantissimi spunti, trattando di eresie, censure, stregonerie, riti di passaggio, molestie nel confessionale, esecuzioni pubbliche ecc. Benché di mole cospicua, non va considerato solo un ricco repertorio: è invece un’opera da leggere dall’inizio alla fine per comprendere come le strategie religiose di intervento sulla società non siano mai casuali. Portate all’estremo, queste strategie sono riuscite anche a creare delle realtà totalitarie ante litteram, come potevano essere la Roma di san Pio V o la Milano di san Carlo Borromeo. Saperlo, e poi ricordarlo, sono passaggi fondamentali affinché queste realtà restino confinate nel passato.
Giugno 2005