Benché datata, quest’opera rimane il documento che meglio descrive le discriminazioni subite dagli atei, dall’Unità d’Italia in poi. Come scrive Cardia nella prefazione, «qualcuno può stupirsi di fronte all’affermazione che in Italia non si è liberi (o lo si è molto scarsamente) di essere atei, eppure è una verità tra le meno difficili da dimostrare». Nonostante alcuni passi avanti, non si può dire che negli ultimi trent’anni la situazione sia poi molto cambiata.
L’autore, uno dei più noti esperti italiani di diritto ecclesiastico, ricostruisce nelle prime tre parti del testo il vasto repertorio delle disavventure giuridiche dei non credenti nel periodo liberale, in quello fascista e nel secondo dopoguerra. Nell’età postunitaria, pur in presenza di alcuni significativi provvedimenti (in particolare il matrimonio civile obbligatorio), fu caratterizzata dall’obbligatorietà della pratica religiosa inflitta ai detenuti e dal divieto di attaccare la religione cattolica. Con il fascismo l’ateismo divenne in pratica illecito: all’esposizione dei crocifissi, alla reintroduzione del reato di vilipendio alla religione di Stato, ai Patti Lateranensi si aggiunse una legislazione che rendeva inevitabile l’istruzione religiosa: a scuola o, se esentati, all’interno della famiglia. Il dopoguerra non fece cadere queste norme: la Costituzione non cita neppure il diritto a non professare alcuna fede. Una situazione pesantemente discriminatoria, solo parzialmente alleviata a partire dagli anni Settanta. Le schede presenti nella sezione dedicata alla laicità dello Stato su questo sito sono lì a dimostrarlo.
Completa il testo una densa appendice, nella quale Cardia mette a fuoco alcuni problemi: l’esigenza di una ricerca sistematica sull’ateismo, l’affidamento della prole, il giuramento, l’ordinamento carcerario, l’assistenza nelle Forze Armate, il confessionalismo scolastico, gli strumenti di comunicazione sociale. Alcuni di questi problemi sono stati risolti, altri no. Altri ancora sono “in sonno”: pronti a ridestarsi in ogni momento, se si abbassa la soglia di attenzione nei confronti delle ingerenze della Chiesa cattolica nella società italiana.
Marzo 2005