L’autore, dopo aver insegnato per 21 anni Filosofia del diritto presso l’Università Cattolica di Milano, ne è stato allontanato nel 1998, per aver sostenuto tesi «non ortodosse», con un provvedimento del cardinale Pio Laghi: proprio quello che giocava a tennis con i militari argentini all’epoca dei desaparecidos.
Il testo raccoglie diversi scritti dell’ultimo decennio, sovente chiosati e commentati dallo stesso autore alla luce della sua recente «disavventura» e del conseguente mutato atteggiamento nei confronti del cattolicesimo. Gli scritti sono divisi in tre parti: la prima distruttiva, la seconda distruttiva-costruttiva, la terza costruttiva. Quest’ultima parte si compone in realtà di sole dieci pagine: è infatti intenzione espressa dell’autore ritornarci in futuro, volendo dedicare al tema «il suo restante avvenire di ricerca». Le prime due parti, tuttavia, bastano per fare di questo testo una stimolante lettura.
La prima parte, pars destruens, sottopone a durissima critica la religione cattolica. Essa viene analizzata innanzitutto sotto il profilo della giustizia: se e come la giustizia divina ed il magistero papale possano coniugarsi con una moderna concezione del diritto. La comparazione dei dogmi della Chiesa romana con i principali testi universalmente accettati (come la Dichiarazione dei diritti dell’uomo), ed i dubbi che ne sorgono, portano invariabilmente alla constatazione delle caratteristiche inique e prevaricanti dell’insegnamento cattolico.
L’inaccettabilità del magistero, specificatamente su questioni come l’infallibilità papale, la sessuofobia, la violenza istituzionale cristiana è l’argomento costante dei saggi che seguono. Lo scritto Aforismi, che chiude la prima parte, disseca meticolosamente alcuni dogmi quali la verginità di Maria e la risurrezione, sottolineandone il livello di astrusità a cui è arrivata l’ermeneutica cattolica: che raggiunge vertici emblematici nel rapporto Trinità-Sacra Famiglia, con Maria che arriva ad essere «figlia di suo figlio, figlia del suo cooperatore genetico, madre di uno dei suoi tre padri, nonna di suo marito, nonna di un altro Dio, quindi bisnonna di suo figlio». Alla domanda «quanti suoceri, per esempio, come sposa di Cristo, avrebbe la Chiesa?» l’autore, «per mancanza di potenza di calcolo, e di voglia», non si sente di dare una risposta.
Non stupisce, quindi, che la gerarchia ecclesiastica abbia valutato questi ragionamenti come pericolosi per i suoi studenti, portando al licenziamento di Lombardi Vallauri. Non resta che constatare come, ancora una volta, le migliori critiche al cristianesimo in generale, ed al cattolicesimo in particolare, vengano proprio da ex fedeli: forse è tempo che anche gli atei, nella loro battaglia culturale a favore del razionalismo, dedichino maggiore attenzione allo studio delle religioni.
La seconda parte, pars destruens-construens, è dedicata all’apofatismo. Lombardi Vallauri così definisce (pagina 234) «lo sperimentare un’oscurità intellettuale che non consente forse nemmeno più il distinguere affermazione e negazione», atteggiamento nel quale si identifica. Cercando di andare oltre al cattolicesimo, l’autore si spinge fino ad esaminare esperienze religiose a bassissimo, se non nullo, contenuto dogmatico-rituale (il buddismo Theravâda, lo yoga sperimentale), ritenute uno stadio più evoluto a livello etico.
Nella sua ricerca apofatica l’autore definisce infine il quadro in cui intende muovere la propria ricerca: «un orizzonte di luce con al centro un cerchio di tenebra: della luce non possiamo dubitare, la vediamo, la tocchiamo con mano: è la luce dell’essere… ma se cerchiamo di vedere la scaturigine della luce incontriamo la tenebra».
Un libro di alto livello speculativo, una lettura stimolante per credenti e non credenti.
Dicembre 2001