Se Il Matematico impertinente aveva venduto bene, Perché non possiamo dirci cristiani ha venduto, probabilmente, ancora di più. Delitto di lesa maestà in un Paese che qualcuno pretende indiscutibilmente «cattolico», per di più accompagnato dall’ulteriore accusa di considerare «cretini» tutti i cristiani. Risultato: da un anno a questa parte, Piergiorgio Odifreddi viene messo giornalmente sulla graticola non solo dalle gerarchie ecclesiastiche e dal sempre più declinante mondo culturale cattolico: anche certi ambienti laici, o sedicenti tali, non intendono risparmiargli nulla. Peraltro ricambiati della stessa moneta.
Ebbene, il colpevole è tornato sul luogo del delitto. Anzi, nel suo nuovo libro ci torna più volte, come a effettuare delle periodiche scorrerie per esaminare i progressi nelle indagini degli investigatori (o inquisitori, se vogliamo dirla all’antica): e se il professore riesce a piazzare un’irriverente battuta contro la religione quasi su ogni argomento (e non manca chi lo accusi di soffrire di una vera e propria ossessione), forse significa che la Chiesa cattolica è veramente così pervasiva da poter essere presente in ogni ambito…
La verve è quella consueta, e trova espressione in frasi icastiche come «lo Spirito santo è solo un upgrade ipostatico del vento e dello spirito», o in constatazioni apparentemente banali come «è sciocco domandarsi “cosa crede chi non crede” [NdR: è il titolo di un libro di Umberto Eco e Carlo Maria Martini] e aspettarsi una risposta diversa da “niente” (la stessa cosa, tra parentesi, vale per l’analoga domanda su “cosa mangia chi non mangia”»). E al filosofo cattolico Ceruti, testa pensante del PD, secondo cui per Odifreddi «laicità è sinonimo di diniego assoluto della religione. Ma il suo è un retaggio del passato», il professore replica che «se un diniego è retaggio del passato, a maggior ragione dovrebbe esserlo ciò che viene negato, che per forza di cose deve precedere la propria negazione». Logicamente ineccepibile.
Il matematico non si è dunque affatto pentito e, anzi, rivendica con tanto orgoglio la sua pertinacia da autodefinirsi “impenitente” fin dal titolo. Tuttavia, Il matematico impenitente non è un nuovo libro contro il cattolicesimo, pur dedicando la consueta attenzione a tematiche ben note ai navigatori di questo sito e pur replicando, qui e là, alle forzature a cui la sua opinione sul cristianesimo è andata (inevitabilmente?) incontro. Il matematico impenitente non è nemmeno un nuovo libro sulla scienza o sulla matematica: è, se vogliamo, tutte queste cose insieme. Ci troviamo infatti di fronte a una collezione di brevi interventi e di riflessioni articolate sugli argomenti più disparati, una specie di Zibaldone, se non una versione riveduta e aggiornata del Dizionario filosofico di quel Voltaire di cui, a detta di Cacciari, sarebbe un «comico nipotino».
Perché anche di questo si parla nel libro: di filosofia, e quindi anche di Cacciari, e Severino, e di tutto quel mondo intellettuale tendenzialmente ascientifico, nel metodo, ma soprattutto nel pensiero, che l’autore mette impietosamente a confronto con gli amati Spinoza, Diderot, Einstein, Russell, Lucrezio. Ma si parla anche di 11 settembre, di brogli elettorali, di fumetti: rappresenta una Summa (per nulla teologica) dell’Odifreddi-pensiero.
Il matematico impenitente è dunque un libro di divulgazione, di quelli particolarmente indigesti a chi preferirebbe che di certe cose non si parlasse. Ma anche è un libro di divulgazione che – come gli altri dell’autore – è stato scritto con una capacità di scrittura non comune a chi, in Italia, proviene da ambiti accademici. Ciò non significa che il libro sia accessibile a chiunque: sia perché la vastità dei temi affrontati può intimorire molti lettori, sia perché l’arretratezza culturale del nostro Paese è un dato talmente conclamato anche a livello mondiale da rendere purtroppo ostica la lettura di un testo di questo tipo anche a chi è in possesso di un diploma superiore. Problema gravissimo, posto in evidenza dal Matematico impenitente quasi in ogni pagina, con una passione per le sorti del Paese che facilmente resterà lettera morta presso una classe dirigente che, probabilmente, nemmeno penserà di leggerlo.
Raffaele Carcano,
Circolo UAAR di Roma,
maggio 2008