Il 13 febbraio 2006, in occasione del Darwin Day UAAR di Roma, si è tenuta nella libreria Feltrinelli di via Vittorio E. Orlando una conferenza avente per oggetto la discussione sulla teoria darwiniana, sulla sua validità e sul valore della ricerca scientifica.
I relatori sono stati Luciano Terrenato (docente di Genetica dell’Università di Roma “Tor Vergata”), Mauro Capocci (ricercatore, ci tiene a far sapere, “precario”, di Storia della Medicina dell’Università di Roma “La Sapienza”) e gli autori del libro in oggetto, Il codice Darwin, Gianfranco Biondi (docente di Antropologia dell’Università dell’Aquila) e Olga Rickards (docente di Antropologia Molecolare dell’Università di Roma “Tor Vergata”). Gli interventi sono stati moderati dal coordinatore del Circolo di Roma Francesco Paoletti.
«Non poteva esserci un’occasione più appropriata del Darwin Day per presentare un nuovo libro che ripercorre appunto la storia evolutiva della nostra specie». Così il prof. Luciano Terrenato ha presentato il lavoro scientifico dei suoi due colleghi, esperti di divulgazione ad alto livello, che sono riusciti a mettere ordine nella molteplicità di acquisizioni avvenute tramite la ricca collezione di fossili che riguardano i progenitori dell’uomo.
Gli autori sostengono - anche se con consenso non unanime - che il genere Homo, al quale apparteniamo, comprende ormai 12 specie, i cui resti fossili sono databili nell’arco degli ultimi 2,5 milioni di anni. Parlano di “cespuglio”, visto che in molti casi le varie specie erano presenti contemporaneamente e che quindi non è possibile ricostruire una sola linea di discendenza che le comprenda tutte. Sulla base delle loro conoscenze specifiche gli autori hanno dimostrato che lo studio molecolare del DNA, accanto a quello morfologico, ha permesso di dirimere molte controversie incontrate nella costruzione del percorso evolutivo umano. Primo punto chiarito: l’unica origine della nostra specie è quella africana. Secondo: la dimostrazione della separazione tra noi e i Neanderthal. Terzo: la possibilità di poter affermare che forse, i nostri parenti più prossimi, gli scimpanzè e i gorilla, appartengono al nostro stesso genere Homo.
Con questo libro Biondi e Rickards si sono posti lo scopo di entrare, in modo chiaro e inequivocabile, nella discussione su questi temi per spiegare che la teoria darwiniana è un fatto, affermando, altresì, che non v’è alcuna traccia verificabile di un atto creativo.
Concludono, ravvisando agganci inerenti ai temi della bioetica, affermando che «La natura non ci ha assegnato affatto l’usufrutto del mondo, ci ha solo dotati di intelligenza e l’uso migliore che ne possiamo fare è assicurare l’equilibrio sulla Terra. Però, non quell’equilibrio preteso da chi sostiene l’immutabilità della natura, o che ritiene che ogni cambiamento sia solo una violenza su di essa, ma quello in cui tutti gli interventi che saremo in grado di elaborare siano compatibili: unico divieto distruggere e distruggerci - stiamo parlando degli individui, ovviamente, e non certo di individui in potenza, che individui ancora non sono».
La lettura di questo libro è consigliata a chi desidera avere una conoscenza completa ed equilibrata di ciò che si è riusciti a sapere fin ora sulle nostre origini, senza per questo addentrarsi nei meandri della mastodontica letteratura scientifica a riguardo. Lettura indicata soprattutto per chi nutre ancora dubbi sulla bontà scientifica della teoria darwiniana (attendibile come le teorie della relatività e gravitazionale) e per chi vorrebbe eliminare il suo studio nelle scuole italiane.
Rosalba Sgroia
febbraio 2006