Recensione alla prima edizione.
Questo libro, scritto con un forte senso dell’umorismo e con una continua e brillante ironia, mostra come la vera invenzione del marketing, ovvero dell’arte di vendere un prodotto e di imporlo sul mercato che ce ne sia o no un reale bisogno da parte dei consumatori, non si è verificata in quest’ultimo secolo, come credono i suoi guru, ma risale addirittura a duemila anni fa, ed è coincidente con la fondazione stessa della Chiesa. La retrocopertina riporta una citazione del monsignor Ernesto Vecchi, che recita: «La Chiesa ha preso lezioni di marketing? Scherziamo? La Chiesa può solo darne di lezioni. Le aziende mortificano gli uomini misurandone la produzione, noi invece sappiamo valorizzarli. Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa».
Al di là dell’arroganza che traspare dalle parole del prelato, l’autore è sostanzialmente d’accordo con lui, e non solo, ma ci dice che la Chiesa si è mostrata molto più abile, nei secoli, dei moderni esperti di marketing, applicandone le tecniche in modo molto più raffinato e smaliziato.
- Il marketing, come sostengono autori americani ancora in voga, è guerra. E per conseguire il successo, soprattutto in una guerra totale, occorre innanzitutto preparare accuratamente il terreno. Ad esempio creando disagio psicologico nel target. Per ottenere questo, non c’è niente di meglio del «senso di debito» e del senso di colpa ad esso correlato. Un virus talmente contagioso che l’estrema facilità con cui si diffonde è pari solo all’estrema riluttanza che hanno le autorità a debellarlo: esso infatti è strettamente funzionale alla coesione sociale attorno all’autorità. Ci sono gruppi, istituzioni, società, intere culture, agglomerati umani di varia identità e storia, tutti fondati sul senso di colpa […] (Il mercato della colpa, pag. 15)
- Diamo per scontato che il mito dell’Eden abbia potuto fornire nei secoli il terreno più fertile su cui motivare i consumatori all’acquisto. Tutti noi aspiriamo a una condizione di esistenza migliore e, secondo la religione antica, quella condizione ideale è già stata nostra. Così, nel periodo iniziale del business, il primo product manager della Multinazionale, tale Paolo di Tarso, non fece altro che articolare un dispositivo persuasorio in due passaggi fondamentali appropriandosi, nella prima fase, del potenziale colpevolizzante del mito. Noi avremmo perso l’Eden perché siamo i discendenti del primo peccatore, colui che proprio per questo venne scacciato dal Paradiso. Dunque, geneticamente, siamo peccatori anche noi (Rm 5,12). Ma nella seconda parte della sua geniale strategia di comunicazione Paolo legò indissolubilmente questo incidente al riscatto del peccato originale grazie al sacrificio di Gesù (Rm 5,19; 1 Cor 15,22). Fu questo il passaggio fondamentale che avrebbe fatto scattare il senso di colpa nel target (Il mercato della colpa, 17).
- La grande intuizione di Paolo fu quella di capire che marca e prodotto si compenetrano. L’unicità del prodotto deriva dall’unicità della marca. E in più è la marca a svolgere un ruolo fondamentale di mediazione di valori verso il pubblico. Paolo intuì che dare un’identità a un prodotto significa far valere un diritto di proprietà sul prodotto stesso, soprattutto in vista di una sua grande circolazione con la comparsa di un numero crescente di intermediari. Questa operazione risponde a un’esigenza iniziale di differenziazione cui seguirà subito dopo una qualificazione del prodotto. Quello che fece Paolo, dunque, fu mettere in relazione un prodotto apparentemente simile agli altri con la garanzia fornita dal suo primo testimonial, Gesù (Testimonial oculati, 23-24).
- L’identificazione della parola di Dio con Dio è la conseguenza logica del processo di valorizzazione della scrittura magistralmente messo in atto. «In principio era il Verbo».
- […] Nulla di più di un segno parlante si presta a essere divinizzato. Di fronte a questo le altre divinità perdono senso: «voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare verso gli idoli muti secondo l’impulso del momento». [1 Cor 12,2]
Gli «idoli muti» non avevano valore perché non erano dotati della parola, anzi comunicavano con l’umanità solo perché era l’umanità a trasferire senso in essi: parlavano quindi come l’umanità desiderava. Questa è la prova che si trattava di divinità fasulle. Sarebbe bastato contrapporre a esse una divinità che era Parola essa stessa (Il Verbo, parola di Dio, 30). - Ci sono dunque la Chiesa e i fedeli (1). La Chiesa custodisce la Parola, i fedeli possiedono la fede che può dare senso alla parola (2). Entrambe le parti comunicano e sono in grado di mettere a disposizione dell’altra il valore di cui dispongono (3). Entrambe agiscono in base al libero arbitrio (4). Per la Chiesa è di vitale importanza trattare con i fedeli e viceversa lo stesso vale per i fedeli (5). Questa formula si può estendere anche al non-profit marketing e, in virtù di ciò, si è erroneamente dedotto che la Chiesa sia una organizzazione non-profit.
- In realtà, se soltanto si considerano i capitali movimentati dalle banche di sua proprietà, la partecipazione a operazioni finanziarie internazionali, il controllo o la gestione di operazioni di raccolta fondi per popolazioni povere, il patrimonio di immobili e, recentemente, le campagne pubblicitarie commissionate dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), è evidente che ci troviamo di fronte a una potente azienda multinazionale marketing oriented.
Anzi, la più grande, capace di condizionare il mercato in qualunque paese del mondo (Prodotto e servizio, 37). - Ma allora, chi ha inventato le agenzie di pubblicità? Ci dispiace per il signor Ayer e il signor Thompson, ma la fondazione della prima agenzia risale al XVI secolo. Dispiace anche per i fratelli Saatchi, perché il concetto di network globale era già contemplato in essa: «Dal 1572 al 1585 il papa Gregorio XIII riunisce abbastanza spesso tre cardinali in una Congregazione de Propaganda Fide per studiare i mezzi d’azione e di organizzazione per combattere la Riforma; Clemente VIII stabilisce che questa Congregazione diventi un organismo permanente; infine con la bolla Inscrutabili del 22 giugno 1622 Gregorio XV la eresse definitivamente in Congregazione […] La sua attività comprende tutto ciò che riguarda, per così dire, una nuova strategia della Chiesa e la messa in opera di mezzi nuovi, idonei a caratterizzare una vera e propria opera di propaganda e contemporaneamente utili per la raccolta di tutte le informazioni possibili» [J. Ellul, Storia della propaganda] (La più grande copy strategy della storia, 128).
- Il Verbo si trasforma in libro e si vendica del sacrificio cannibalico di cui è stato fatto vittima fagocitando a sua volta il lettore. In altri termini si realizza un modello economico perfetto in cui produzione, comunicazione e consumo coincidono. È il sogno segreto di ogni prodotto di largo consumo: farsi mangiare da milioni di persone ma in realtà, nel momento stesso in cui viene mangiato, divorarli. E qui si realizza pienamente (La più grande copy strategy della storia, 129).
- Come spiegare questo succedersi ininterrotto di affermazioni apparentemente contraddittorie? È semplice. In pubblicità la «copertura» di un messaggio si pianifica secondo criterî che tengono conto esclusivamente della frequenza, della durata dell’esposizione al messaggio e del numero di persone appartenenti al target che vengono esposte a questo messaggio. La chiesa invece pianifica tenendo conto di almeno altri due parametri: i contenuti del messaggio e la tipologia delle persone a cui di volta in volta vanno diretti. In questo modo, è possibile mandare on air un determinato messaggio contemporaneamente ad un altro di contenuto praticamente opposto. Si ottengono due vantaggi: saturare la comunicazione impedendo che altri possano trasmettere messaggi e, soprattutto, raggiungere il gradimento del maggior numero possibile di persone. Ci sono voluti duemila anni prima che qualcuno scoprisse che «sul mercato moderno non competono dei prodotti, ma dei messaggi». (Dal media planning al message planning, 131).
- Quando l’obiettivo era quello di conquistare pressoché la totalità del pubblico, la Chiesa ha sempre saputo esprimere la sua posizione, ma al momento opportuno ha saputo anche evitare di esprimerla per non correre il rischio di dispiacere a qualcuno. Per fare un esempio, se dittatori e tiranni di ogni epoca non vennero mai scomunicati dalla Chiesa, probabilmente fu per il fatto che a loro modo avevano costituito un punto di riferimento per molti milioni di persone e sarebbe stato un peccato perdere tutta questa audience. Così come avviene tuttora per gli esponenti della mafia, i quali ottengono che nel caso della loro morte si continuino a celebrare messe in loro suffragio per portarli fuori dal Purgatorio e in Paradiso. Un luogo che, se è destinato ad accogliere soltanto coloro che hanno operato il bene o che sono stati comunque impossibilitati a compiere il male, appare già affollato di teologi, santi sessuofobi, beghine e altra gente noiosissima. Fortunatamente, per il papa, il Paradiso è soltanto una metafora. Perché se esistesse veramente avrebbe bisogno di una buona campagna pubblicitaria (Dal media planning al message planning, 132).
- In effetti, quando il cristianesimo divenne la religione ufficiale di Roma, l’idea di eliminare «fisicamente» la concorrenza prese corpo timidamente fino a quando, sotto Giustiniano, nel 532, si arrivò a trasformare in desaparecidos circa quarantamila pagani nello stadio ippico di Bisanzio. In crescendo, seguirono le spettacolari persecuzioni di Tiberio II verso ebrei, samaritani e perfino verso un’altra comunità cristiana rimasta ancora sul mercato: i montanisti. Dal XII al XVI secolo, poi, col sostegno di una lunga serie di ordinanze papali, la Santa Inquisizione tentò di concretizzare meglio l’idea, che purtroppo alla fine si rivelò difficile da attuare. Eppure quante marche oggi sognerebbero sotto sotto di poter eliminare i loro concorrenti? Chi, fra i manager della Knorr ad esempio, può negare di aver sognato almeno una volta di catturare i dirigenti della Maggi e di cuocerli nel loro stesso brodo? Probabilmente, costoro l’hanno soltanto sognato. Mentre la grandezza della Chiesa è proprio in questo: senza mezze misure, anche nella sperimentazione (La ricerca dell’eccellenza, 141-142).
- Mosè rappresenta indubbiamente la legge, ma in contrapposizione alla visione «punitiva» della religione antica si escogita la formidabile trovata del «credito di grazia». Il salvatore, per Paolo, è più che un buono, è un buono omaggio (Tecniche avanzate, 172).
L’AUTORE
Bruno Ballardini (Venezia), insegna Tecniche della comunicazione pubblicitaria all’università di Salerno.
Alberto Compagnone
Giugno 2001