Di cosa parliamo, quando parliamo di stato vegetativo permanente (in breve, SVP)? L’informazione e la discussione sui pazienti in questa condizione (la più nota è Eluana Englaro) raramente entrano nel merito. Una circostanza che certo non aiuta i non specialisti a comprendere appieno quali siano gli aspetti in gioco.
«Lo SVP è la condizione insorta a causa di un trauma cranico o di un’emorragia caratterizzata da totale assenza di risposte agli stimoli sensoriali, da alternanza degli stati di sonno e di veglia e, soprattutto, dalla perdita irreversibile della consapevolezza di sé, del mondo esterno, degli altri». Lo spiega Sergio Bartolommei in un libro collettivo, La vita prima della fine, composto da contributi attinenti a molteplici discipline e rappresentativi di diverse opinioni. Un’utile raccolta che passa in rassegna tutte le domande eticamente e giuridicamente ancora prive (se mai lo saranno) di una risposta condivisa: per dove passa il confine tra la vita e la morte? Cosa significa affermare che un certo fenomeno è «naturale»? Qual è lo status giuridico di una persona in SVP? Quanto può essere vincolante un testamento biologico redatto nel pieno delle proprie capacità psicofisiche? Quali e quanti sono i diritti del malato (di non soffrire, di essere curato, di non essere curato) e quali sono i doveri di assistenza dei familiari e della società intera?
In parlamento si sta discutendo una legge sul testamento biologico. Difficilmente potrà rivelarsi una buona legge, perché tra laici e clericali la contrapposizione si va facendo sempre più netta: da una parte i sostenitori della qualità della vita, dall’altra chi predilige la quantità; da una parte l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del paziente, dall’altra chi vorrebbe attribuire le decisioni di fine vita ai medici e/o ai familiari del paziente; da una parte chi sostiene che alimentazione e idratazione sono terapie, dall’altra chi, negandolo, di fatto depotenzia il concetto, pur fatto proprio dal magistero ecclesiastico, di «accanimento terapeutico».
Il contrasto si va facendo di giorno in giorno più profondo, e un rischio si fa strada: che le opinioni formulate sullo SVP dipendano sempre più da logiche di schieramento e siano sempre meno il frutto consapevole di una riflessione informata. La vita prima della fine è certamente un libro molto tecnico, ma rappresenta comunque un buon punto di partenza per documentarsi su una tematica estremamente scottante destinata, purtroppo, a entrare con sempre maggior frequenza nella nostre vite.
Raffaele Carcano,
circolo UAAR di Roma,
dicembre 2008