Ben oltre l’alba del terzo millennio, arriva finalmente nelle librerie italiane una seria ricerca sociologica sui «grandi cambiamenti in corso nel cattolicesimo nostrano». Ateo dichiarato, Marco Marzano è spesso empatico nei confronti dei preti che cercano di tenere in piedi la baracca. Entrambi gli aspetti passano però in secondo piano, rispetto al rigore scientifico dell’inchiesta.
Il volume è diviso in tre parti e quella che ci interessa è soprattutto la prima, Mito e realtà della secolarizzazione italiana. La risposta è che il mito è scarso mentre la realtà, quella che tanti altri sociologi non vogliono mettere in pagina sui quotidiani a cui collaborano, è invece concretissima. Marzano unisce dati empirici alla ricerca sul campo, giungendo per esempio alla conclusione che ben pochi connazionali vanno ancora a messa: non più del 12-15%, forse anche meno alla prova dei fatti. Molto ma molto meno di quanto si è solito apprendere dai mass media, ma in linea con le inchieste realizzate dagli stessi vescovi. Che, chissà perché, in questo caso (e solo in questo) non sono presi in considerazione dagli organi di stampa.
Il 12-15% è una percentuale inferiore a quella di chi si dichiara apertamente senza una religione, ed è più o meno la stessa di chi si identifica esplicitamente come ateo o agnostico. Il panorama religioso del paese è già cambiato. Certo, non sono nemmeno pochi quelli che si rivolgono a un dio personale: ma altre inchieste mostrano come in genere si tratti soltanto di un passaggio in vista dell’approdo, nella generazione successiva, a forme più convinte di incredulità.
Se la presenza cattolica va ingrigendosi, il futuro appare addirittura nero. Resta tuttavia «la macchina dei sacramenti», inevitabile corollario di decenni di comunicazione ecclesiastica quasi esclusivamente orientata sulle «radici», acriticamente fatta propria dalla classe dirigente. La partecipazione ai sacramenti è in calo ma è ancora massiccia, specialmente quando si tratta di scegliere per i propri figli: il timore dell’esclusione dovuta al perdurante condizionamento ambientale porta ancora tanti genitori non credenti a prendere decisioni incoerenti con le loro convinzioni.
“Incoerenti” anche perché le ultime generazioni sono rappresentate da «giovani che rinunciano volentieri a giudicarsi a vicenda», e che «invocano piuttosto la tolleranza ed esigono il rispetto delle proprie idee e di quelle altrui, che fanno fatica ad assegnare a qualunque sistema di norme un primato definitivo sugli altri». Concezioni che inevitabilmente pongono l’incredulità e un approccio laico-razionalista alla vita in prima fila. Dio è ancora presente nel panorama, ma viene visto quasi come un politico, «una sorta di amico, sponsor o parente potentissimo ma certamente non un legislatore al quale obbedire». Destino inevitabile, nel paese degli aiutini e delle raccomandazioni?
Si tratta in ogni caso di un dio «residuale», quasi una versione aggiornata del vecchio dio tappabuchi. La sua azione continua infatti a coincidere «con quello che sfugge al controllo individuale», ma ora ci troviamo in uno scenario diverso, un mondo in cui tutto ciò che di buono una persona riesce a combinare è “suo”, mentre ciò che non riesce a fare «non può che essere effetto dell’azione di Dio». In sintesi, «il buono viene dal soggetto, il male da Dio». Un rovesciamento impressionante: Dio ha in pratica preso il posto del Diavolo.
Ne consegue che, quando queste torme di sedicenti cattolici si avvicinano, assai raramente, alle parrocchie, l’effetto è tragicomico: non sanno come comportarsi ai riti, e ai corsi prematrimoniali si dividono tra coloro che criticano l’istituzione ecclesiastica e quelli che se ne restano silenti sperando che il noioso impegno si concluda in fretta. Tutti o quasi sono ormai alieni dalla dottrina, tanto che il significato dell’eucarestia viene ormai bandito dall’insegnamento: meglio glissare sugli argomenti troppo imbarazzanti.
Pare insomma evidente che, combattuti tra l’auspicio di una Chiesa migliore e la presa d’atto della crescente inconciliabilità delle dottrine religiose con l’esistenza di un Dio onnipotente, onnisciente e benevolente al massimo grado, gli italiani stiano progressivamente risolvendo la propria dissonanza cognitiva in quest’ultima direzione. Come commenta l’autore, è «fuor di dubbio che si tratta solo di una questione di grado, di intensità e di rapidità nei mutamenti sociali, di differenti velocità assunte dal processo di secolarizzazione», ma l’Italia sta ormai seguendo lo stesso percorso di nazioni europee largamente scristianizzate come la Francia, il Regno Unito, la Germania.
La seconda parte del libro è dedicata alle parrocchie, Le trincee della fede. E si vede bene che i cerotti riprodotti nell’immagine di copertina non bastano più. Ci sarebbe ormai bisogno di operare. La maggior parte delle comunità cattoliche vivacchia, mentre prosegue l’invecchiamento del clero e il ricambio manca. Le vocazioni sono declinanti, non particolarmente pregiate e, in larga parte, rappresentano il frutto di ambienti familiari bigotti o dei nuovi movimenti ecclesiali. Circostanza che sta portando alla «settarizzazione delle parrocchie», come emerge con chiarezza nella terza parte del volume, Una Chiesa “in Cammino”, dedicata ai neocatecumenali. Che Marzano definisce senza eufemismi come «una setta religiosa», perché ne hanno tutte le caratteristiche.
I neocatecumenali non sono gli unici. Giovanni Paolo II ha sdoganato i movimenti contando di ripetere il successo che la Chiesa riscosse molti secoli fa con i ‘nuovi’ ordini medievali. I tempi sono tuttavia cambiati, e l’autonomia acquisita in breve tempo dai movimenti è già enorme, tanto che di cattolico non sembra restare che qualche convenzionale manifestazione di obbedienza al pontefice. Il risultato è che i tanti movimenti cominciano a beccarsi tra loro. Alla faccia della Chiesa «una e santa».
Al dunque: tutti coloro che intendono aprire bocca sulla religione con cognizione di causa dovrebbero leggersi questo libro, e leggerselo attentamente. Rimane il sospetto che non ci sia niente di particolarmente nuovo né per le gerarchie ecclesiastiche (che la situazione la conoscono molto bene, anche se si stanno rivelando impotenti ad affrontarla), né per i laici militanti: che queste cose le hanno già comprese da tempo, anche se per la prima volta le troveranno scritte nero su bianco. Andrebbe invece fatto leggere ai politici e ai giornalisti, che si ostinano a rappresentare un’Italia che non esiste più da tempo. Più che ignoranza o testardaggine, la loro è forse soltanto una forma di mero interesse personale. Comunque detestabile. L’Italia ha solo da guadagnare ad avere cittadini che vivono liberamente e senza condizionamenti (anche) le proprie convinzioni in materia religiosa.
Raffaele Carcano
Luglio 2012