A quanti immaginano questa come una discussione altamente leziosa e salottiera tra due colti e abili oratori, dovremmo dire che sono completamente fuori strada. Non si tratta affatto, come maliziosamente si può pensare, di un dialogo tra un aspirante teologo e un aspirante filosofo. A dirla tutta, più che un dia-logos(che è tale quando uno abbandona il proprio di Logos) talvolta questa conversazione assume il tono di un vero e proprio duello ad armi pari, ma certo non ad armi bianche. Le armi, ossia gli argomenti, sono affilatissime ed incrociandosi producono non poche scintille.
“Il caso o la speranza?” è sorprendentemente un libro didascalico, per così dire. Una summadel miglior pensiero ateo e del miglior pensiero teologico. In mezzo, la necessità della Filosofia, mai tramontata, che, come ripetiamo spesso, non può più fare a meno delle acquisizioni della Scienza, laddove la Scienza è la declinazione migliore della Conoscenza nel e del nostro tempo. Chi scrive sarà abbastanza diplomatico da non dire chi tra i due duellanti avrà la meglio perché questa valutazione puzzerebbe di “partito preso”. Ma sarà abbastanza onesto nel riconoscere a Mancuso una grande capacità di amalgamare evoluzionismo, filosofia, etica e religione talvolta con personalissimo piglio creativo (da fa impallidire anche un Bergson) quando arriva ad immaginare il Saurus Sapiens, nel caso non fosse arrivato l’Homo Sapiens.
Pascal, Kant, Hegel, Monod, Heisenberg, Newton, Sartre, Dewey, Rorty, Gould, Venter, Collins, Dawkins, Ayala e tanti altri, i due conversanti non lesinano riferimenti ai grandi classici che hanno letto e sedimentato ma che hanno interpretato in modi assai divergenti. In fondo è proprio questa la materia del contendere, il senso da dare a concetti come Caso e Necessità, Contingenza e Libertà, Coscienza e Finalismo, non parliamo propriamente di noccioline. Mancuso e Flores D’Arcais in questo libro assurgono a paradigmi di due diverse sensibilità, probabilmente inconciliabili.
Entrambi, forse oltre le loro stesse intenzioni, pongono la necessità di un’Etica guidata dalla Ragione, come sillabario inevitabile della convivenza e, soprattutto della sopravvivenza, del Sapiens che siamo. Compito (storicamente) tragicamente naufragato per quanto attiene alla Religione ma che anche l’Ateismo, come corrente umanista del pensiero, ha finora disatteso, incapace di dare risposte univoche ed incontrovertibili.
Stefano Marullo
marzo 2013