di Raffaele Carcano
I risultati dei sondaggi sulla religione si susseguono oramai con una certa frequenza. La loro presentazione sulla stampa ingenera spesso confusione nei lettori, in quanto i dati sembrano divergere notevolmente da una rilevazione all’altra. “Scavare” nell’intimità delle persone è certo difficile: e lo è ancor di più su una materia che si presta a continue diatribe terminologiche. Non è infatti la stessa cosa definire una persona “atea” oppure “non appartenente ad alcuna religione”: si può senz’altro affermare che coloro che si identificano nella seconda definizione sono almeno il triplo di coloro che si identificano nella prima.
La formulazione della domanda, quindi, è fondamentale per ottenere risposte con una parvenza di coerenza. Non solo: la semplice domanda sull’appartenenza non rende appieno la complessità “filosofica” della persona che risponde. Abbiamo così “atei” che affermano di pregare, oppure “cattolici” che non solo non pregano e non vanno a messa, ma nemmeno credono in Dio e in una vita oltre la morte.
Ho ritenuto opportuno, conseguentemente, riferirmi alle più importanti inchieste sulla religiosità degli italiani, e scegliere tra le centinaia di domande poste le cinque a mio giudizio più significative. Una sesta sezione, che si spera di ampliare ulteriormente in futuro, riporta i risultati di alcune inchieste condotte su specifiche fasce sociali.
La presentazione dei dati, di cui spesso è disponibile una segmentazione analitica, offre a tutti i lettori, per la prima volta in Italia, una “mappa” per tentare di capire chi sono e quanti sono i non credenti.
Buona consultazione.
- Inchieste sulla credenza in Dio.
- Inchieste sull’appartenenza religiosa.
- Inchieste sulla pratica religiosa.
- Inchieste sulla preghiera.
- Inchieste sulla credenza in una vita oltre la morte.
- Inchieste su alcune fasce sociali.