Questa piccola grande storia comincia con un’epifania, una rivelazione/apparizione, in cui un’armata di simulacri di madonne e sansebastiani di scarsa fattura, di candele votive e di altarini oggetti di devozione anche, e perché no, in ore di uffi cio, bellamente sovrasta e calpesta con impudicizia i principi supremi del nostro ordinamento.
Il colpito, folgorato quasi, ma vittima via via più consapevole, è un serioso tutore dell’ordine, addirittura un ispettore di Polizia Municipale. Forse proprio perché sinceramente e non per
opportunismo dotato di senso del dovere, tenendo bene a mente i vessilli della libertà e dell’uguaglianza, è il primo e unico a vedere con chiarezza come la stessa Costituzione venga quotidianamente e ostentatamente violata sotto i suoi occhi, nella stessa sede del Comune. Il tutto, ovviamente, con la connivenza se non direttamente con il tronfi o compiacimento dei pubblici funzionari. Si avvia una vicenda sì umana e personale, con tutto il suo troppo spesso triste carico di discriminazione che con puntualità colpisce e isola chi conduce battaglie di civiltà simili, ma anche e soprattutto una vicenda globale, della collettività intera. Perché oltre a puntare il dito sulla “mancanza di” libertà costituzionali e laicità nel nostro paese, scopre uno dei lati oscuri nella gestione della cosa pubblica, un inquinamento radicato nel rapporto fra cittadini e amministrazioni, in cui i diritti si hanno solo a seconda di quanti si è (o da chi si viene mandati). La storia del vigile di Paternò, insomma, lede e colpisce nel suo svolgersi come, nel suo triste epilogo, tutti i cittadini che ancora si riconoscono e sostengono i principi di uguaglianza e di libertà individuale, che ancora ritengono che lo Stato davvero equo civile e democratico sia e possa essere solo lo Stato compiutamente laico…
Dalla prefazione di Adele Orioli
ottobre 2013