Il 6-7 aprile 2001 scorso si è svolto il Convegno del CIME, Comitato italiano del Movimento europeo, un’associazione di cittadini che opera a favore dell’Europa. I partecipanti, una quarantina, rappresentavano organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo, delle università, delle donne, dei consumatori, etc. sia italiane che europee. Le relazioni hanno riguardato la Carta Europea dei Diritti Fondamentali approvata a Nizza lo scorso ottobre e altri aspetti della futura Europa unita. Nel dibattito si è insistito sui rapporti fra cittadini e istituzioni, sui diritti fondamentali che devono garantire la diversità e non certo limitarla e sull’esigenza che la futura Costituzione eviti ogni ambiguità, sui valori europei.
Intervento di Vera Pegna, vice segretaria dell’UAAR, rappresentante della Federazione umanista europea (FHE/EHF)
C’è una parola che non è stata pronunciata dai relatori di questo convegno: la parola laicità. Sarà perché siamo tutti d’accordo che le istituzioni europee devono essere laiche? Oppure, come è stato detto a proposito dell’immigrazione, esiste una ipocrisia anche per la laicità, nel senso che si è d’accordo con la parola ma non con il contenuto?
Pochi giorni fa, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha insistito sul carattere laico che devono avere le istituzioni europee e il Presidente della Commissione Romano Prodi ha definito «Parole sante!» quelle pronunciate dal Capo dello Stato.
Vorrei soffermarmi sul contenuto della parola laicità riferendomi all’intervento del prof. Velo, presidente dell’Associazione delle Università europee, che afferma: «dobbiamo essere aperti ai valori degli altri senza dimenticare i valori universali della religione cattolica che sono validi per il mondo intero». Mentre è lecito che ciascuno di noi consideri universalmente validi i propri valori, va ribadito che le istituzioni della nostra Europa devono essere assolutamente neutrali rispetto ai valori di tutte le concezioni del mondo, pena gravi rischi di derive. Pertanto, ogni riferimento alla tradizione religiosa (quale la frase introdotta e poi, per fortuna soppressa, nell’ultima bozza della Carta europea dei diritti fondamentali) è assolutamente da evitare poiché, contrariamente agli stati dell’Ancien Régime, il diritto e la legge non sono più dati agli uomini dall’alto di una potenza religiosa, ma adottati dai rappresentanti democraticamente eletti dai cittadini.
Non dimentichiamoci che le religioni sono state - e sono tutt’ora - un elemento di divisione delle popolazioni poiché portatrici di intolleranza in nome di una verità di cui ciascuna di esse pretende di essere la sola detentrice. È sufficiente leggere la recente Dichiarazione Dominus Jesus della Congregazione per la dottrina della fede del 6 agosto 2000 per averne la conferma. Purtroppo, non mancano in Europa e nel mondo i conflitti e le guerre fomentati da movimenti fondamentalisti religiosi, né vanno sottovalutati i gravi disagi dei cittadini che hanno concezioni del mondo diverse da quelle della religione di riferimento, se lo Stato non è rigorosamente laico.
La preoccupazione della FHE/EHF è dettata dal timore che possa ricomparire nella futura Costituzione europea un riferimento a un patrimonio religioso che consentirebbe:
- di continuare a rivendicare privilegi per gli aventi diritto, i rappresentanti delle Chiese;
- di continuare a esigere delle condanne per qualsiasi espressione che disturbi perché considerata “blasfema”;
- di continuare a opporsi, in particolare in campo etico e morale, a ogni provvedimento giudicato contrario alla dottrina;
- il tutto senza tenere conto del parere di coloro che non condividono tali dottrine.
Sono queste le ragioni che spingono la Federazione umanista europea ad affermare che è auspicabile evitare di indicare, e quindi di privilegiare, patrimoni che dividono, stabilendo semplicemente e chiaramente che «l’Unione europea è fondata sui principî indivisibili e universali della dignità degli uomini e delle donne, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà nonché della democrazia e dello stato di diritto». Pertanto, sarebbe sufficiente riaffermare, conformemente all’articolo 10 della Carta, «il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione», ricordando però esplicitamente che la libertà di religione significa il diritto di scegliere liberamente la propria religione, di cambiarla e di non averne alcuna; diritto che non fa certo parte della tradizione religiosa. Non dimentichiamolo: le religioni dividono, la laicità unisce ed è quindi la garanzia migliore di armonia sociale.
E, per concludere, permettetemi di cambiare cappello e di ricordarvi, come cittadina italiana, che gli atei in Italia sono più di 9 milioni, gli omosessuali circa 5 milioni. Quindi circa il 20% della popolazione italiana viene condannata dai “valori universali” della Chiesa cattolica. Auguriamoci che la futura Costituzione europea sia la Costituzione di tutti i cittadini europei.