di Sam Harris (traduzione a cura di Marco Bortolato)
Bene o male, sono in parte responsabile di aver fatto diventare il termine “ateismo” un argomento di conversazione. In un certo senso è ironico, visto che è un termine che non amo e non uso. Nel mio libro La fine della fede, per esempio, non mi sono mai definito ateo, e tuttavia questo libro è il mio contributo più sostanziale al dibattito sull’ateismo.
Come ho rimarcato nel mio successivo libro Lettera a una nazione cristiana, non abbiamo un termine per definire chi rifiuta l’astrologia, né ne abbiamo bisogno. Se legioni di astrologi cercassero di modellare la vita pubblica secondo la loro pseudo-scienza, non avremmo certo bisogno di definirci “non-astrologi” per rimetterli in riga. Basterebbero infatti parole come “ragione”, “evidenza” e “buon senso”. Le stesse considerazioni dovrebbero valere per la religione. Tuttavia, visto che ci sono cose ben più importanti per credenti e non, non è opportuno cavillare eccessivamente sulle definizioni. Nonostante le mie perplessità a riconoscermi nella definizione di ateo, considero assolutamente ingiustificato lo stigma che a tale termine s’accompagna. Esso è, senza dubbio, il risultato di una serie di vuote e untuose asserzioni spacciate ai fedeli per argomenti. Basta limitarsi ad alcune delle risposte alle domande di questa settimana per averne strabilianti riscontri.
Alla domanda se gli atei e i credenti possano avere “una conversazione produttiva”, sono abbastanza sicuro che la risposta sia “sì”. Tuttavia, non sono altrettanto sicuro che tale conversazione potrebbe rivelarsi produttiva in tempi abbastanza brevi da impedire l’insorgere nella nostra società di orrori da troglodita. Anche la diffusione della nostra capacità di autodistruzione procede a ritmi di efficienza tipici del XXI secolo, eppure le convinzioni su come vivere la nostra vita di tutti i giorni si basano ancora sui testi antichi. Questo connubio tra tecnologia moderna e superstizione primordiale è nocivo, per ragioni che ormai non dovrei nemmen più specificare né, tantomeno, rimarcare. Tuttavia, difendere tali ragioni è stata la mia principale occupazione fin dall’11 settembre 2001, quando 19 uomini pii hanno mostrato alla nostra pia nazione proprio i beneficî delle certezze religiose.
Avendo speso gli ultimi anni a criticare pubblicamente la religione, sono ormai uso ai modi con cui i fedeli reagiscono a difesa di Dio. Da quanto ho visto, non vi sono poi moltissimi modi; mi sembra anzi che ce ne siano appena tre: affermare la verità di una determinata religione; affermarne l’utilità; più semplicemente, accusare l’ateismo di intolleranza, élitarietà, irrazionalismo o additarlo comunque a disprezzo. Ogni conversazione tra atei e credenti va a finire prima o poi su uno di tali binari o, alla meglio, altalena tra l’uno o l’altro di essi:
- La religione è vera. Affermare che una qualsiasi delle religioni del mondo sia vera implica due problemi: il primo è che – come Bertrand Russell affermava un secolo fa – le principali religioni fanno affermazioni inconciliabili sia su Dio sia su cosa gli esseri umani dovrebbero credere per sfuggire alle fiamme dell’inferno. Data l’ovvia diversità di queste affermazioni, ogni credente dovrebbe aspettarsi la dannazione su basi puramente probabilistiche; il secondo problema insito in ogni asserzione a favore della verità della religione è che le prove a favore delle più comuni dottrine religiose sono scarse quando non addirittura nulle. Ciò include tutte le affermazioni sull’esistenza di un Dio personale, sull’origine divina di certi libri, sulla nascita immacolata di certi individui, sulla veridicità degli antichi miracoli, etc. Per migliaia di anni, la religione è stata un ricettacolo di dogmatismo e false certezze, e tale rimane al giorno d’oggi. Non v’è singola persona sulla Terra che abbia sufficienti motivi per esser certa che Gesù sia resuscitato o che Maometto abbia parlato all’angelo Gabriele nella sua caverna. Nonostante ciò, miliardi di persone professano tali certezze. Questa condotta è non solo imbarazzante, ma persino pericolosa, e dovremmo smetterla di accampare scuse per giustificarla.
- La religione è utile. L’argomentazione che la religione sia utile non è a sua volta esente da problemi, e molti di essi sono visibili quotidianamente, con le esplosioni di bombe. Qualcuno può seriamente affermare che il fatto che al giorno d’oggi milioni di musulmani credano nella metafisica del martirio sia un bene? È davvero così utile che molti ebrei immaginino che il Creatore dell’Universo abbia dato loro uno spiazzo di deserto di fronte al Mediterraneo? Quant’è stata psicologicamente benefica l’ansia del cristianesimo sul sesso, nel corso di queste ultime settanta generazioni? Il problema più grave che sorge dal sostenere dell’utilità delle religioni, comunque, è che essa non ha nulla a che fare con la questione di fondo: il fatto che una credenza possa essere utile non implica in nessun modo che sia anche vera. Tra i tanti modi di illustrare questo punto, ecco come l’ho presentato in un recente dibattito online:
- L’ateismo è cattivo. Piuttosto che argomentare a favore della verità delle loro credenze religiose, o produrre prove sull’utilità della religione, gli apologeti di Dio spesso attaccano l’ateismo alla stregua di un’altra religione, accusandolo di essere dogmatico, intollerante, irrazionale etc. Quest’omelia ha il pregio di essere facile da ricordare e ripetere, e difatti riecheggia quotidianamente, e incessantemente, nell’ambito della discussione religiosa americana. Essa si basa, peraltro, su molte false concezioni sull’ateismo stesso. Questa vigilia di Natale ho pubblicato un saggio sul Los Angeles Times, intitolato «Dieci miti e dieci verità sull’ateismo», in cui ho tentato di mettere alcuni punti in chiaro. Non è mia intenzione ripetere tali punti in questa sede. Coloro che fossero interessati possono comunque trovare l’articolo sul mio sito Internet.
Il fatto che certe credenze religiose possano essere utili non implica in alcun modo la loro legittimità. Posso garantire, per esempio, che la seguente religione, inventata da me negli ultimi dieci secondi, sarebbe di straordinaria utilità. È chiamata “Scientismo”. Ecco il suo credo: sii gentile con gli altri, non mentire, rubare o uccidere, e obbliga i tuoi bambini a padroneggiare nel miglior modo possibile la matematica e le scienze, o dopo la morte diciassette demoni ti tortureranno con pinze roventi per l’eternità. Se potessi diffondere questa fede a miliardi di persone, avrei pochi dubbi che vivremmo in un mondo migliore di quello attuale. Ma ciò implicherebbe forse che i diciassette demoni dello Scientismo esistano? Le illusioni utili non equivalgono in nessun modo alle credenze vere.