Profilo scientifico e umano del mio maestro
di Stefano Parmigiani
Seduto in prima fila in un’aula dell’Università di Parma nell’autunno del 1971 stavo seguendo la stimolante lezione sulla selezione sessuale del corso di etologia tenuto dal Prof. Danilo Mainardi. Questo docente era stato per me come una “scintilla” che, facendo leva sul mio interesse per le scienze della natura, in particolare per la zoologia, aveva “acceso” la mia passione per lo studio del comportamento animale (uomo incluso).
Così, oltre al libro del professore “La scelta sessuale nell’evoluzione della specie” (1968), avevo letto libri di etologia allora disponibili in lingua italiana tra i quali “Il cosiddetto male” di Konrad Lorenz (1966) sul significato adattativo dell’aggressività intraspecifica (argomento che in seguito sarebbe diventato una delle nostre linee di ricerca), “Amore e odio” (analisi comparata del comportamento sociale animale e umano) di Irenäus Eibl-Eibesfeldt (1970) e “Gli animali questi peccatori” (1969) (un brillante saggio sul comportamento sessuale scritto da Wolfgang Wickler in risposta all’enciclica “Humanae Vitae” di Paolo VI sulla sessualità umana in cui, attraverso l’analisi etologica, si dimostra che ciò che il papa definisce “funzione naturale” del sesso è in palese contraddizione con le funzioni naturali messe in evidenza dalla scienza).
Sul banco, vicino al quaderno degli appunti, avevo il libro “La selezione sessuale umana” (pubblicato nei primi anni del ‘900) dello psicologo e sessuologo inglese Havelock Ellis. Avevo comprato il libro spinto dall’idea, elaborata seguendo le lezioni, che la teoria dell’evoluzione fosse cruciale per la comprensione dell’origine della natura umana non solo per quanto riguarda il “corpo” ma anche per la “mente”. Il professor Mainardi si avvicinò guardò il libro poi, fissandomi dritto negli occhi, mi disse «mi venga a trovare».
Questo fu l’inizio della mia attività come studente interno dell’allora Istituto di Zoologia e in seguito di quella di ricercatore e poi docente universitario. A quel tempo Mainardi era già un etologo di fama internazionale; fama che si era guadagnato negli anni ‘60 con gli studi sull’imprinting sessuale di natura olfattiva nei topi. Egli aveva dimostrato che i topi (specialmente le femmine) che erano stati allattati ed allevati da genitori il cui odore era stato alterato artificialmente tramite il profumo “violetta di Parma” preferivano accoppiarsi con partner che “puzzavano” di “violetta di Parma” piuttosto che con partner che più “prosaicamente” puzzavano di topo. Negli ambienti accademici l’esperimento venivano ricordato come “i topi alla violetta di Parma”. Il Mainardi mise anche in evidenza il ruolo attivo svolto dalla femmina nella selezione sessuale. Questi esperimenti mettevano chiaramente in luce l’interazione tra la componente programmata geneticamente (“innata”) della scelta sessuale e l’apprendimento precoce (imprinting) in un periodo critico dello sviluppo nel determinare il futuro comportamento sessuale.
Con l’approccio evoluzionistico e comparativo Mainardi studiò la selezione sessuale anche nella Drosophila, una piccola mosca che è stata un modello animale fondamentale per gli studi di genetica. Anche in un insetto, con un cervello molto meno complesso rispetto a quello di un mammifero, il Mainardi tra il 1965 e il 1966, insieme a Marisa Berti Mainardi, mise in evidenza come le esperienze precoci e il ruolo della femmina in risposta al corteggiamento dei maschi fossero importanti nel determinare la scelta sessuale. Per queste sue ricerche Danilo divenne uno scienziato conosciuto ed apprezzato a livello internazionale, e fu eletto presidente del XIV International Ethological Conference. Il congresso si svolse tra il 27 agosto e il 3 settembre 1975 a Parma e vide la partecipazione di Konrad Lorenz (avevo 25 anni e facevo parte del comitato organizzatore per cui ho avuto la grandissima emozione di incontrare e stringere la mano a Konrad Lorenz di cui conservo gelosamente l’autografo su due dei suoi libri).
Il premio Nobel per la Medicina assegnato nel 1973 ai tre etologi considerati i padri dell’etologia (K. Lorenz, N. Tinbergen e K. von Frish) e il ruolo del Prof. Mainardi nell’ambito del congresso mondiale di etologia a Parma segnarono un momento importantissimo per Danilo, per l’etologia italiana (Mainardi è stato uno dei padri fondatori della Società Italiana di Etologia) e per il gruppo di ricerca di Parma. Infatti il Prof. Antonino Zichichi, presidente della Ettore Majorana Foundation and Centre for Scientific Culture (Fondazione Ettore Majorana e Centro di Cultura Scientifica) di Erice, chiese al professor Mainardi di fondare e dirigere la International School of Ethology (Scuola Internazionale di Etologia). Il primo workshop della scuola, “The foundations of ethology” (I fondamenti dell’etologia) diretto dal Prof. Alberto Oliverio si tenne tra il 7 e il 14 settembre 1975.
L’etologia è stata definita dallo stesso Lorenz anche come Biologia del comportamento o Analisi comparata del comportamento. Credo che una delle ragioni del successo di Danilo Mainardi come etologo e del gruppo di Parma da lui fondato sia dovuto al suo approccio darwiniano evoluzionistico, comparato (caratterizzato dallo studio di più specie e/o più linee di ricerca) e multidisciplinare. Questa sua “forma mentis”, come lui stesso mi ha spesso ricordato nei momenti in cui parlavamo di progetti scientifici e altro, era dovuta all’incontro con i suoi maestri: il Prof. Bruno Schreiber da cui aveva appreso la zoologia e l’anatomia comparata e Luigi Luca Cavalli Sforza da cui aveva appreso la genetica (scienza fondamentale per comprendere l’evoluzione) e il rapporto tra evoluzione biologica ed evoluzione culturale (l’evoluzione culturale è stata un altro dei grandi temi di ricerca del Mainardi). Già entro la fine degli anni ’70 Mainardi aveva “reclutato” allievi che si occupavano di vari aspetti dell’etologia su specie diverse (dagli insetti sociali, ai pesci, agli uccelli e ai mammiferi) e che oggi includono anche la nostra specie (etologia umana). Il Danilo è stato per me un maestro, un mentore e un amico con cui ho condiviso idee e progetti di ricerca. Egli sosteneva che i buoni maestri sono coloro che, cogliendo le qualità dell’allievo, ne sanno stimolare la libertà e la creatività mentre il buon allievo è colui che non segue pedissequamente le idee del maestro, ma le rielabora e ne esprime delle nuove. Molti scelgono allievi sottomessi (come etologo ciò non mi sorprende in quanto rispecchia la naturale tendenza della nostra specie alla dominanza, allo stato sociale ed al controllo delle risorse) mentre per il Danilo l’allievo doveva sviluppare ed esprimere il suo pensiero personale. Questa acquisizione coscienziale, tipicamente umana, alla fine rappresenta il successo “culturale” del maestro che passando attraverso l’allievo permette l’avanzamento del pensiero scientifico. Condivido visceralmente questa filosofia di vita in cui la scelta degli allievi e il rispetto della libertà nel rapporto maestro-allievo sono fondamentali per la trasmissione culturale.
Respirando quest’aria di libertà e, stimolato già da quando frequentavo le lezioni di etologia, espressi il mio desiderio di studiare le cause, sia prossime (etologiche, fisiologiche, genetiche, esperienziali) sia remote (cioè il significato adattativo) dell’aggressività intraspecifica nel topo (ricerca che ha dato numerosi frutti nel campo dell’etologia applicata fornendo validi modelli animali etologici nell’ambito di ricerche biomediche). Il Danilo non ostacolò questo mio interesse (che non coincideva con la linea di studi, incentrata sull’instaurarsi delle preferenze alimentari, su cui ero stato indirizzato dopo aver vinto una borsa di ricerca), ma lo favorì e mi inviò in Inghilterra presso l’Università di Swansea per approfondire questa tematica. Insieme pubblicammo diversi lavori sul comportamento sociale e il ruolo dell’aggressività competitiva, sull’aggressività materna e l’infanticidio e il loro significato adattativo nel topo. I nostri lavori furono riconosciuti internazionalmente e, nel 1985, organizzammo a Parma il congresso europeo della ISRA (International Society for Research on Aggression – Società Internazionale per lo Studio dell’Aggressività). Dal 1987 in poi organizzammo diversi workshop (nell’ambito della Scuola Internazionale di Etologia ad Erice) tra i quali mi piace ricordare “The house mouse aggression” (1987), “Fear and Defence” (1988), “Protection and abuse of young in animals and man” (1990).
Un evento che ha influenzato profondamente le ricerche di “etologia applicata” del gruppo di Parma e la mia carriera scientifico-didattica fu l’assegnazione al Prof. Mainardi della Cattedra di Biologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma. Il Danilo, con l’acume che lo caratterizzava, scrisse un lavoro intitolato “Why Ethology for Psychiatry”(Perché l’etologia per la psichiatria) nel quale metteva in evidenza l’importanza dell’etologia e dei modelli animali di laboratorio per la comprensione delle basi biologiche del comportamento umano e dei disturbi del comportamento. Nel 1992 il Prof. Mainardi fu chiamato all’Università di Venezia dove ha insegnato l’ecologia comportamentale e le applicazioni dell’etologia ai problemi del benessere animale, umano e di sostenibilità ambientale. Questa svolta si è evidenziata anche nell’organizzazione di workshop nell’ambito della Scuola Internazionale di Etologia tra cui ricordo “Ethology and Biomedical reserach” (1998) (“Etologia e ricerca biomedica” organizzato con lo psichiatra evoluzionista R. Nesse) e due workshop “Impact of Endocrine Disrupting Chemicals (EDC) on brain development and Behavior” (Effetti dell’esposizione prenatale ad inquinanti che interferiscono col sistema neuroendocrino sullo sviluppo neuro-comportamentale) organizzati uno tra il 1995 e il 2002 con Theo Colburn e Frederick vom Saal).
Nel 2011 Danilo ha voluto che lo affiancassi come co-direttore nella direzione della Scuola Internazionale di Etologia di Erice. Questo per me fu un momento di grande gioia e riconoscimento da parte del maestro. Ricordo con commozione le sue parole: «Ora la scuola è anche la tua scuola e la lascio in buone mani». Spinto dall’interesse che condividevo con Danilo ho iniziato ad organizzare workshop che hanno a che fare con le tematiche a lui molto care e che sono state trattate in due suoi bei libri divulgativi quali “L’animale culturale” e “L’animale irrazionale”. Nel 2012, infatti, insieme all’etologo e primatologo Frans de Waal e al filosofo della scienza Telmo Pievani ho organizzato il workshop “The evolution of morality: the biology and philosophy of human conscience” (L’evoluzione della moralità: biologia e filosofia della coscienza umana). Nel 2014 Insieme all’antropologo Ian Tattersall e a Telmo Pievani il workshop “What made us humans? Biological and cultural evolution of Homo sapiens” (Che cosa ci ha reso umani? Evoluzione biologica e culturale di Homo sapiens). Nel 2016 “The symbolic animal: evolution and neuroethology of aesthetics” (L’animale simbolico: evoluzione e neuroetologia dell’estetica).
In programmazione per il prossimo anno “Human ethology of rituals and belief: evolution and origin of religious brain” (Etologia umana del rituale e delle credenze: origine ed evoluzione del cervello religioso) con Ara Norenzayan (autore del libro “Grandi dei”). Il Mainardi ha sempre sostenuto l’importanza e la necessità di studiare il fenomeno umano e soprattutto la religione (caratteristica unicamente umana) attraverso un approccio naturalistico per comprenderne l’origine e le possibili funzioni adattative. Ecco le sue parole al proposito:
L’uomo è, tra gli animali, il più razionale. Eppure anche in quest’epoca dominata dalla scienza, o almeno dove la scienza ha prodotto straordinari avanzamenti conoscitivi, l’uomo continua a credere in una varietà di fenomeni, esseri o entità di non provata esistenza … Uno spazio di irrazionalità nella nostra mente e nel nostro comportamento può favorire la nostra sopravvivenza. Ma non solo, può aiutarci a vivere, soprattutto a morire, meglio.
Danilo Mainardi, L’animale irrazionale, 2001
Credo che l’insegnamento più importante del Danilo sia quello dell’arte dell’osservazione del comportamento, l’amore per la ricerca scientifica e la libertà di pensiero che da essa deriva. Spero con tutto il cuore di aver trasmesso, con le mie caratteristiche individuali e personali, lo “spirito” di quegli insegnamenti ai miei allievi (che rappresentano anche la quarta generazione di ricercatori della scuola da lui creata). A questo proposito desidero esprimergli la gratitudine e l’affetto utilizzando la dedica che mi è stata fatta da uno dei miei allievi: «Al mio maestro che mi ha lasciato piena libertà di pensiero e di esplorare le mie vie. Con affetto… ». Mi piace ricordare, infine, che diversi allievi della scuola di etologia di Parma lavorano oggi presso università straniere tra cui Florida, Oklahoma e Minnesota (per quanto riguarda gli USA), Canada, Germania e Francia ed essi rappresentano l’eredità culturale di Danilo Mainardi nel mondo.
Grazie Danilo per quello che hai lasciato alla cultura scientifica.
Stefano Parmigiani, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Biologia del Comportamento, Università di Parma, è docente di Biologia Applicata (Biologia e Genetica Generale) per i corsi di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia, e di Etologia e Psicobiologia per il corso di laurea specialistica in Psicobiologia e Neuroscienze cognitive. Autore di molteplici pubblicazioni, è stato Membro del Consiglio direttivo dell’ISRA (International Society for Research on Aggression), è Membro della World Federation of Scientists e del Pollution Permanent Monitoring Panel (monitoraggio degli inquinanti ambientali che agiscono sul sistema neuroendocrino) nell’ambito dei seminari internazionali sulle Emergenze Planetarie del Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice (Sicilia). Dal 2011 è co-direttore della International School of Ethology del Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice (Sicilia).
Da L’ATEO 3/2017