di Stefano Incani
Ce lo siamo detti tante volte in questi ultimi mesi, non senza sentire con orgoglio la consapevolezza, nonché la responsabilità, di un ruolo ormai stabile nella vita di questo Paese. Le donne e gli uomini che si impegnano, in ogni angolo d’Italia, nelle tante attività e iniziative segnate da questo strano simbolo giallo che è il nostro logo, sono i veri responsabili della crescente visibilità delle nostre battaglie. Quel logo oggi è molto più conosciuto che in passato; è riconoscibile, e associato alle speranze dei tanti che vorrebbero vivere in uno Stato più laico, più avanzato, più determinato nel riconoscere diritti che a noi sembrano ovvî.
Perché l’UAAR è, nella mia diretta esperienza di militante, molto prima che di segretario, anzitutto questo: non cedere di un passo sui principî che dovrebbero connotare una democrazia realmente egualitaria.
Perché l’UAAR non può non sentire il dovere di essere anzitutto un soggetto politico — ma, oltreché estraneo a qualsiasi connivenza partitica in linea di principio, anche consapevole che di fatto la politica istituzionale (di cui siamo interlocutori sempre più autorevoli) lascia spazio a ben poche speranze di autoriforma sul piano dell’indipendenza dalle ingerenze confessionali. Certo, alcune conquiste sono state ottenute anche in Italia (comunque paese tra gli ultimi in Europa: si pensi alle unioni civili, o al progressivo smantellamento dell’orrenda Legge 40), ma grazie a interventi di poteri esterni all’arco parlamentare, o al prezzo di lotte ultradecennali. Lotte a cui l’UAAR ha spesso dato un contributo, in termini di analisi e attivismo, non certo di pura testimonianza.
Questo trentennale cade in un periodo di importanti mutamenti, a cui i militanti, i coordinatori, i dirigenti hanno saputo rispondere (e stanno rispondendo) con la partecipazione che fa oggi dell’UAAR un soggetto associativo credibile, affidabile, trasparente. Tutto ciò non è avvenuto senza critiche e confronti talvolta accesi. Com’era facile prevedere, in un’associazione che fa dell’apertura e della laicità (anche nei confronti delle proprie idee) la sua cifra fondamentale, non sempre le soluzioni e le strategie adottate sono state condivise all’unanimità (e di questo, come segretario, sento il peso); tuttavia è emersa sempre la consapevolezza che ciascuno stia facendo del proprio meglio per far funzionare un meccanismo organizzativo sempre più complesso ed esigente, in ragione delle crescenti dimensioni e dell’ampiezza della nostra azione politica.
Spesso le sfide sono state imposte da fattori esterni, come il quadro legislativo cui siamo chiamati ad adeguarci, che è in costante evoluzione. La normativa sulle Associazioni di Promozione Sociale è assai articolata, e garantisce un riconoscimento formale di cui l’UAAR ha assoluto bisogno, ma per il cui ottenimento siamo obbligati a rispettare parametri piuttosto severi. Più in generale, la riforma del cosiddetto “terzo settore” recherà con sé obblighi ben precisi, rispetto ai quali abbiamo voluto fare talvolta più di quanto fosse strettamente indispensabile (soprattutto in termini di adempimenti contabili, di gestione del bilancio, di trasparenza finanziaria), ma guidati da un principio chiaro: che siamo chiamati a fronteggiare avversarî spesso ben più visibili mediaticamente ed economicamente più potenti di noi.
Dobbiamo essere aperti alle critiche interne (sempre in buona fede), ma inattaccabili a quelle che possono provenire dall’esterno (non di rado in malafede). Nessuno dei nostri dirigenti o coordinatori riceve un compenso per la propria militanza, ma questo non basta. Non possiamo in alcun modo permetterci di esporre le nostre battaglie e i nostri sforzi ai rischi del discredito presso l’opinione pubblica; specie oggi che la nostra associazione è (per fortuna) più “ricca” anche finanziariamente.
Circostanza, questa, che in questi ultimi anni ha però reso possibili due importanti traguardi, non solo simbolici. In primo luogo l’acquisto e la ristrutturazione della sede di Via Francesco Negri, a Roma: uno spazio in cui anche simpatizzanti e semplici cittadini possono incontrare i militanti, ed essere informati sulle nostre attività e sui modi per sostenerle e parteciparvi. Un luogo non solo “nostro”, ma aperto, secondo uno spirito che in trent’anni non è mutato: la disponibilità al dialogo e al confronto, all’iniziativa politica e alla partecipazione. In secondo luogo l’istituzione, presso la nostra sede, di una importante biblioteca laico-razionalista, che ha meritato d’essere inclusa nel Polo degli Istituti culturali di Roma, e il cui patrimonio è accessibile attraverso la relativa piattaforma OPAC. Un traguardo che, ben al di là del pur importante servizio pubblico che fornisce, costituisce in se stesso un indiscutibile motivo di prestigio e di orgoglio.
L’importante anniversario di quest’anno sarà celebrato come merita, e precisamente nell’unico modo a cui può ricorrere un’associazione che si dice razionalista: creare uno spazio, anzi più spazî di dibattito, mostrando all’esterno le ragioni del nostro impegno. La manifestazione che si terrà a ottobre a Senigallia avrà anzitutto l’obbiettivo di coinvolgere i visitatori in un percorso tematico articolato su numerosi argomenti che, come cittadini, prima ancora che come attivisti, siamo chiamati ad approfondire. La scansione per fasi vitali non avrà solamente lo scopo di attrarre “spettatori”, ma anche e soprattutto quello di sollecitare cittadine e cittadini a prendere posizione nei tanti dibattiti che attraversano il Paese, richiamando la necessità di una partecipazione diretta, dal basso, a definire temi e idee in cui, letteralmente, sono coinvolte le nostre vite. Festeggiare l’UAAR significherà, non solo per noi, richiamare la necessità di una dimensione civica delle decisioni politiche su diritti riproduttivi, fine vita, laicità delle istituzioni.
Più a lungo termine, poi, si lavorerà a portare avanti il programma e le idee che sono emerse al Congresso di Parma dell’anno scorso. La lista che ha espresso il Comitato di Coordinamento non ha mai pensato di fare a meno di qualcuno, ma anzi continuerà a cercare un dialogo con i Circoli, con quelle rappresentanze territoriali a cui, in quest’ultimo anno e mezzo, abbiamo potuto garantire un sostegno economico senza precedenti. Ma questo non basta. L’apporto dei singoli è indispensabile per avere una visione completa dei problemi che ci si trova a dover fronteggiare a livello locale. E non tutti sono risolvibili semplicemente impegnando maggiori risorse. La prospettiva del singolo, neo-iscritto o dirigente nazionale, è sempre parziale.
Ognuno è chiamato ad arricchire, col proprio punto di vista, quanti hanno l’onore di “governare” l’UAAR.
Tutto questo non sarebbe stato possibile — tanto meno a chi ricopre la carica di Segretario solo da marzo dell’anno scorso — senza il contributo, e direi anche l’esempio di chi ha rappresentato l’UAAR negli anni passati. Dai precedenti segretarî, con cui ho avuto la fortuna di collaborare in varie forme e circostanze, mi sono state trasmesse anzitutto determinazione e capacità di dialogo, non solo un bagaglio di nozioni “tecniche” o burocratiche su come far funzionare l’apparato della nostra associazione. Essa, ed io personalmente, dobbiamo tantissimo a loro, anche per quello che continuano a fare, pur in una veste diversa. Perché avere autorevolezza è ben più che ricoprire una carica, per quanto elevata.
L’augurio più grande che posso fare a me stesso è di costituire, per chi mi succederà, un esempio ed un modello come quelli di cui ho beneficiato io: Giorgio Villella e Raffaele Carcano.
A voi e a loro va il mio personale ringraziamento per i trent’anni passati, e un incoraggiamento per quelli (molti di più) ancora a venire.
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Stefano Incani è Segretario Uaar dal 2016.
Da L’ATEO 5/2017